lunedì 11 settembre 2023

#Venezia80: Dogman - Recensione

Luc Besson arriva all’ottantesima Mostra del Cinema di Venezia con il suo “Dogman”, film che sarà disponibile nelle sale italiane il prossimo 5 ottobre. Grande l’attesa per questa interessante storia stroncata dalla critica, immensa la disperazione dei fan che sul Red Carpet chiamavano il suo protagonista Caleb Landry Jones e lo stesso Besson.

La storia ci porta all’interno della vita di quello che potremmo definire un “eroe minimo”, ovvero un emarginato dalla società che ha vissuto tutta la sua infanzia in condizioni disumane. Douglas ha vissuto con un padre e un fratello violenti, vittima degli abusi fisici che lo hanno persino privato dell’uso delle gambe. Tutti gli eventi che hanno contrassegnato la sua vita, però, vengono raccontati dallo stesso protagonista alla psicologa che lo visita successivamente al suo arresto. La narrazione, dunque, si suddivide su due tempi diversi: il presente in cui vediamo la vita del protagonista e quella della psicologa e il passato attraverso cui scopriamo gli eventi che lo hanno portato all’arresto.

Besson ci porta al cinema delle sue origini, non possiamo negare che ci ha ricordato il suo modo di raccontare il disagio sociale presente tanto in “Leon” quando in “Denny The Dog” (di cui ha curato la sceneggiatura). Un uomo che, per tutta la sua crescita, è stato considerato “spazzatura” e che ha trovato conforto solo attraverso il rapporto col “migliore amico dell’uomo”: un numero considerevoli di cani. L’unico lavoro che, infatti, lui riesce a ottenere è quello di sorvegliante di un canile. Quando, però, il canile viene chiuso occorre trovare una soluzione e una volta liberati i cani dalla gabbia serve una nuova dimora. Lentamente Douglas si rende conto che i suoi fedeli amici lo comprendono così bene da essere le gambe che non può più muovere, gli prendono gli oggetti distanti e lo seguono in ogni suo movimento. In questo modo, sono gli animali stessi a suggerirgli un modo per poter sopravvivere: svaligiare le case di ricchi per “ridistribuire” il denaro.

Oltre, però, ai furti Douglas trova un’altra fonte di reddito e di liberazione: l’esibizione in Drag del venerdì sera. Attraverso il travestimento il ragazzo, per una sera, riesce a nascondere la propria vita indossando letteralmente i panni di qualcun altro. Questa diviene un modo per poter riuscire a portare alla luce, sotto l’occhio del grande pubblico, una rappresentazione ben diversa del mondo drag. Una libertà che deriva dall’esposizione sotto il riflettore, ma celandosi letteralmente dietro le ciglia finte. Cosa da non sottovalutare è l’aspetto della sessualità di Douglas che, relegata a questo mondo, diviene un dettaglio non trascurabile. La recitazione, fin dalla più tenera età, era la sua unica valvola di sfogo: un modo per poter incanalare il suo dolore e nasconderlo per qualche battuta a se stesso. L’insegnante che lo accompagna durante l’adolescenza è il suo unico punto fermo, l’unica persona che è stata in grado di mostrargli cosa sia l’affetto. Sentimento che da parte del giovane Douglas viene frainteso e che si trasforma in qualcosa di più intenso e non ricambiato.

Il dolore, oltre che i cani, è l’unico compagno di vita del ragazzo. L’apertura e la confessione sulla propria vita viene consegnata alla psicologa perché lui si rende conto di quanto i due abbiano in comune. Non è un caso, infatti, se il film si apre con la frase: “Ovunque ci sia qualcuno che soffra, Dio manda un cane”. Dogman diviene un simbolo e un eroe nonostante i suoi atti, nonostante le sue sofferenze. È un sopravvissuto e in quanto tale merita il suo riscatto.

Luc Besson firma una pellicola toccante, in grado di far commuovere il pubblico e di spaccare la critica. Un film che è stato ridotto, dai presenti a Venezia, a “Joker, ma con i cani”; un paragone riduttivo che quasi palesa la pigrizia dello spettatore. Ogni singolo elemento è stato inserito per poter raccontare una specifica emotiva del personaggio, costruendo così una narrazione coerente ed efficace. L’animale diviene simbolo di riscatto e di umanità perché i cani si sono comportati meglio degli umani nella vita di questo ragazzo.

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