martedì 12 settembre 2023

#Pensieri: Ammettere di sbagliare

Come molte persone della mia età, sono cresciuta con “Dawson’s Creek”, teen drama dalle profonde venature filosofiche allinterno della sua trama. Ancora oggi piango fiumi di lacrime se mi metto a guardare il discorso finale di Jen Lindley alla figlia Amy, tanto per fare un esempio.
Sono d’accordo con ogni parola, ma c’è un passaggio che mi ha sempre fatto pensare:

Cerca di fare degli errori, fa molti errori, perché non c’è modo migliore per imparare e crescere.


Da persona con un enorme Ego contenente superbia e orgoglio, è stato davvero difficile accettare di poter sbagliare, eppure quando l’ho fatto mi sono sentita libera e sono tornata subito al quella frase: “Perché non c’è modo migliore per imparare e crescere.

Vivendo – mio malgrado – il mondo dei social mi ritrovo in persone che non hanno ben compreso tutto ciò e mi chiedo: Cosa spinge le persone a rimanere ferme sul loro punto di vista, anche quando notano che è sbagliato?

Illustrazione di Patrik Svensson
Avete presente in “One Tree Hill” quando (e quanto) Peyton ci ammorba con la frase: “Tutti vanno via”? Ecco, noto una società che incolpa sempre gli altri per ciò che non va. “Tutti gli altri non capiscono”, “Gli altri sono così”, “Gli altri fanno colà”, ma la verità è che tutti amano puntare il dito per non vedersi dentro.


Si ha una paura folle, insensata, illogica di vedere i propri errori, come se questi ci definissero nei peggiori dei modi. “Ho sbagliato, quindi è giusto che io soffra” è un pensiero tossico insito in noi per secoli di educazione volta a fare degli errori un motivo di vergogna. Ecco allora che si devono cancellare, nascondere, rintanare nella brutta copia di quello che poi alla fine consegniamo.

Non ho sbagliato io, sei tu che hai fatto quello”, è una frase che impariamo all’asilo, quando: “Non è colpa mia se ho morso X, è X che per primo ha fatto questo” e che continuiamo a ripetere nei comportamenti che proponiamo anche nell’età adulta. “Non è mica colpa mia se ti tratto così, sei tu che mi hai trattato colà.” Quanto è umiliante, per noi stessi in primis, questo ragionamento?

Fonte:
https://www.pinterest.it/pin/856669160351693833/
Arriva un momento in cui ci distacchiamo da ciò che pensiamo di essere e ci vediamo con gli occhi dell’Oltre. Siamo tutti rimasti ai due anni, alla fase dei bambini capricciosi e comprendiamo che la vera maturità non appartiene assolutamente a nessuno di noi. Viviamo di apparenze, vogliamo dimostrare la perfezione, non parliamo di quello che non va, pretendendo che le cose si mettano apposto da sole se le ignoriamo.


È un eterno spazzare la polvere sotto il tappeto, e quando questa si accumula mostrandosi nonostante la copertura del tessuto… beh, è colpa del tessuto che non regge più, e allora via a comprare un tappeto più grande.

Poi, però, i nodi vengono al pettine, il tempo di pagare arriva per tutti e cosa andremo a dire davanti al Giudice imparziale della nostra coscienza? Quando vedremo che abbiamo sempre avuto mille possibilità di reazione e abbiamo sempre scelto la stessa,  perseverando così nella diabolica via, continueremo a sostenere la nostra tesi che era davvero colpa degli altri? E quando arriverà questo momento – perché arriverà – avremo l’enorme ricchezza di disporre del tempo necessario per mettere a posto le cose, o sarà ormai troppo tardi?

Figlio mio ricorda bene che la vita che avrai non sarà mai distante dall’amore che dai.
 
- Ermal Meta, Vietato Morire

Nessun commento:

Posta un commento