mercoledì 13 settembre 2023

#Venezia80: Comandante - Recensione

L’ottantesima edizione della mostra internazionale del cinema di Venezia è stata aperta da Pierfrancesco Favino col suo “Comandante”.
La pellicola ci porta all’interno del sottomarino Cappellini, luogo in cui durante gli inizi della Seconda Guerra Mondiale la ciurma si è trovata davanti a un bivio etico: salvare o meno il nemico finito in mare, dopo aver tentato di abbatterli.

Quella diretta da Edoardo De Angelis è una storia dalle molteplici letture. Durante il corso della narrazione, infatti, le battute dei personaggi hanno il preciso compito di poter punzecchiare lo spettatore sull’importanza del soccorso in mare. Allo stesso tempo, però, possiamo parlare di un film diviso in due parti. In un primo momento abbiamo una ricostruzione sentimentale di quelle vite che verranno sprecate in acqua, il film ci tiene a ricordare che delle 112 missioni subacquee solo in 19 sono rientrate sane e salve. “Quanto spreco di vita in quella bara” è una delle principali frasi che risuonano per le prime scene: istanti in cui gli uomini devono dire addio a ciò che finora hanno conosciuto e amato: la terra che stanno lasciando per il fondo del Mediterraneo.
Nella seconda parte, quando “l’avventura” prende davvero il via, tutto si incentra su una guerra silente e sottile. Uno scontro che in acqua viene vissuto in modo decisamente diverso rispetto a quanto avviene in terra o in cielo. È quasi come se si rispondesse a una legge differente.

L’orgoglio italiano viene più e più volte ribadito, tanto quello di esser un uomo di mare. Ciò viene sottolineato dalla presa di posizione che il nostro Comandante attua nel momento in cui salva il nemico. Portata a bordo ciò che resta dell’equipaggio belga, per questioni di spazio, sono costretti a navigare emersi ed esposti a eventuali attacchi. Ma quegli uomini vanno portati al sicuro in una zona franca, costi quel che costi e nel corso della storia anche le altre parti nemiche comprendono l’entità di tale valore.

In questi giorni la pellicola è stata sottoposta al microscopio tanto che in molti gli hanno consegnato l’epiteto di “film fascista”. Ciò che però emerge, in realtà, è semplicemente l’ importanza che si vuol dare alla vita umana. Edoardo De Angelis, come stavamo dicendo, costruisce intorno a questa storia vera la sua narrazione per poter fare la morale alle sempre più frequenti spalle voltate a tutti i naufragi che avvengono nel nostro mare. “Noi siamo italiani e gli uomini li abbiamo sempre salvati”, “Noi agiamo in maniera differente” è ciò che si può estrarre dai dialoghi, ma non di certo altre ideologie estreme che a oggi hanno connotato la parola fascismo. Senza considerare che a ciò si sono aggiunte anche le dichiarazioni dello stesso attore protagonista, travisate ed estrapolate dal contesto. Un conto è parlare di appropriazione culturale, cosa che dovrebbe valere sotto tutti i punti di vista e non solo verso i riguardi dei singoli particolari; un’altra invece resta l’ideologia neo-fascista sulla quale l’opinione pubblica sembra puntare.

Comandante non è un film perfetto, al contrario risente molto di tutta la sua prima parte. Si prende gioco dell’italianità, tanto quanto ne esalta le caratteristiche. Diviene elemento comico la cucina, in quanto i belga propongono come loro ricetta nazionale le patatine fritte. Un modo di cuocere il tubero che ancora non era evidentemente frequente: “Perché non ci abbiamo pensato noi napoletani che friggiamo tutto?”. Bella la fotografia, così come i costumi. Una storia che merita la memoria del grande schermo, ma che forse poteva essere concepita in modo più “snello”.

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