sabato 29 ottobre 2022

#Racconti: La vocazione dei becchini

In un piccolo angolo di un villaggio rurale, è situata una bottega insolita, specializzata in legni e marmi. Ma la bottega non vanta né la manodopera di falegnami e né tantomeno quella di carpentieri e scultori. Bensì due sole persone, marito e moglie, portano avanti quest'attività con dedizione e cura, senza particolari abilità se non l’amore per le sepolture.

Da qualche tempo però, i progressi della medicina hanno ridotto drasticamente i decessi, e i due coniugi, Giustino e Guendalina, faticano a guadagnare il necessario per mantenersi.

Oggi, come ogni giorno, Giustino si reca alla bottega informando Guendalina degli ultimi eventi.

Giustino: Avete udito del terremoto abbattutosi sulla sommità della valle?

Guendalina: Che gioviale novella! Quanti defunti si son contati?

Giustino: Ahimè, disgraziatamente niuno.

Guendalina: Oh qual castigo divino incombe su noi! Non si spira più in codeste lande!

Giustino: Inoltre, oramai il cerusico dispensa cure per le genti debellando trionfante ogni morbo… anche i più attempati son capaci di trovar guarigione…

Guendalina: Questi stolti gabellano l’immortalità come concretezza esistenziale! Ma la signora con il mantello nero non può essere bandita da questo mondo! Prima o poi abbatterà la propria ira contro cotanta alterigia. E salderà la nostra placida attesa.

Giustino: Cotanta attesa non potrà mai esser liquidata… E così, in tempi prossimi, sopraggiungeranno aspre condizioni… saremo vincolati a lavorar la terra… sapete, per coltivar ortaggi…

Guendalina: Giammai! Noi lavoriamo la terra solo per tramutarla in dimora per l’eternità, affinché possa ospitare ciò che resta dei mortali. E niuno si lamentò mai di tale sistemazione.

Improvvisamente, dalla porta del negozio, entra un giovane emaciato e pallido, egli ha un aspetto cadaverico, i suoi occhi scuri contrastano la pelle chiara a tal punto da dar fastidio e inquietudine alla vista.

Il giovane: Sapete signora, non me ne vogliate, ma su codesta asserzione ho da ridire.

Guendalina: E voi chi sareste?

Il giovane: Son solo un viandante, e come ciascun viandante, riposo ovunque io possa trovare sistemazione. Lo vedete quel luccicante feretro di legno pregiato? Quello situato proprio dietro voi. Ebbene, io vi dico che è un sublime giaciglio, ottimo per un sonno imperturbabile. Ma ciò non corrisponde sempre al vero, non per chi come me soffre di claustrofobia. Perché mai, poi, apporci un coperchio e nascondere il tutto più vicino possibile agli abissi? Al risveglio, sarò indotto non solo a fare venir meno l’integrità di tale dimora, ma dovrò instradarmi con le nude mani attraverso la nuda terra.

Giustino: Recate un aspetto familiare, ora che mi sovviene in mente… mi ricordo di voi.

Il giovane: Il cuore smette di suonar per qualche stagione, ma voi, già dopo un dì, non avete esitato a trovar una nuova dimora per il nuovo viandante dei mondi. Suvvia, il tempo mondano, se esperito nella sua continuità, è usurante. Per cui, ho dimandato una cessazione non permanente. Perché defungere è villeggiatura, e prima o poi si deve compiere il pellegrinaggio al contrario. Indietro verso la terra solcata, indietro verso la luce degli astri. Perché quegli astri sembrino lontani e maldisposti nella nostra dimensione difettiva e mendace. E perché io possa a voi narrarlo.

Giustino e Guendalina si rivolgono uno sguardo pietrificato, poi continuano a fissare il giovane con un leggero timore. 

Il giovane: Ma i cimiteri? Son concepiti per i vivi e non per i morti. Voi mirate le lapidi per nutrire con fede fasulla la speme di non abitar mai la terra. Ma quando, per una volta, siamo noi a rimirare tale luogo? Ah! Il freddo marmo! Dopo lungo tempo, che gioia al tatto e che eleganza alla veduta! 

Giustino e Guendalina, come se si fossero letti nel pensiero, si armano entrambi di pale, avvicinandosi al giovane con timore e ribrezzo.

Il giovane: Capisco. Non siete ancora predisposti a mirare il reale oltre la caverna platonica. E così bramate vessarmi, come se fosse in vostra facoltà elidere ciò che ho favellato o che possa favellare.

Giustino e Guendalina, muti, si avvicinano ancora, picchiando il giovane con possenti colpi di pala. Il giovane tuttavia non sembra né scomporsi e né provare dolore, e mentre subisce i colpi dei coniugi, egli continua a parlare.

Il giovane: Credete d'aver la vostra vocazione? Ciò costituisce menzogna per voi stessi e per il vostro ruolo fittizio. Ambi siete i più gretti materialisti, accecati dalla brama per il denaro. Volete solo trafugare la ricchezza dei trapassati e dei loro congiunti; più s'ingrossano le file di coloro che dipartono e più agiatezza voi arraffate.

I due coniugi, stoici e senza chiudere occhio, continuano ad abbattere con violenza le pale sul giovane.

Il giovane: Inutile che io discorra con chi non vuol udire, mi avete già procurato più che sufficiente incomodo. Ora solamente vi reclamo un ultimo diritto: non adoperate nuovamente la lignea copertura per il mio giaciglio. Possa la morte, principessa cinerea, nuovamente inmiarsi. È tempo di villeggiatura.


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