giovedì 27 ottobre 2022

#RoFF17: Rapiniamo il Duce - Recensione

Netflix, anche a Roma, continua a confermarsi presenza produttiva importante nei festival. Alla Festa del Cinema di Roma, in pompa magna, è stato presentato “Rapiniamo il Duce”, una pellicola che arriverà in piattaforma il 26 ottobre. Noi l’abbiamo vista in anteprima, con il cast e il suo “tuttofare”: Maccio Capatonda.

Il progetto diretto da Renato De Maria, noto anche per "Lo Spietato" (altro film presente nel catalogo della piattaforma) aveva tutto il potenziale per poter essere qualcosa di pienamente riuscito. Un film di genere che riesce a giocare con i canoni degli heist movie, unendolo a quelli in costume di ricostruzione storica.

Siamo nel 1945, Milano. Una banda di spossati ha l’assurda idea di rapinare il Duce. Tante, infatti, sono le leggende che riguardano il tesoro di Mussolini, loro vorrebbero appropriarsene per poter riuscire a scampare per sempre dalla miseria e dalle lotte di potere. Pietro Castellitto veste i panni di Isola, il capobanda, che idea il colpo. È un ladro di professione innamorato di una cantante di night (Matilda De Angelis), con la quale vorrebbe scappare. Lei è l’amante per convenienza di Borsalino (Filippo Timi). Tommaso Ragno è il braccio destro di Isola, lo ha praticamente cresciuto per amicizia e devozione nei riguardi del padre di lui. Maccio Capatonda è il pilota d’automobili eroe della patria al Nurburgring, assoldato per guidare le auto della rapina. Isabella Ferrari, diva del cinema decaduta con desiderio di riscatto, moglie tradita e disillusa, di Borsalino. Personaggi che, sulla carta, hanno tutto quello che serve per poter metter su una struttura narrativa niente male, ma che in realtà non funzionano del tutto.

Renato De Maria
ha voluto osare, ma non lo ha fatto fino in fondo. Poteva riuscire a costruire un film in grado di giocare maggiormente col contesto fumettistico, ma in realtà è come se mancasse un reale mordente alla storia. Gli eventi sono un fin troppo spiegati allo spettatore, elemento che in una rapina impigrisce la narrazione esattamente come fa con lo spettatore stesso. Sarebbe stato di gran lunga più interessante lasciare lo spazio alle immagini tagliando qualche dialogo e qualche meccanismo un po’ troppo dilungato. Non si riesce a entrare davvero in contatto con i personaggi e si finisce con avere alcuni di essi un po’ più sopra tono degli altri. I principali interpreti, infatti, risultano smorzati, nonostante il loro talento recitativo. Parliamo di Castellitto, De Angelis e tanti altri che nel panorama odierno sono davvero delle ottime leve. I personaggi, così come sono stati scritti, finiscono per essere schiacciati su se stessi soprattutto se messi a confronto con le interpretazioni di Tini o di Capotonda. I due, in quest’ottica, sembrano quasi fuori contesto.

Sui personaggi femminili, ancora una volta, ci troviamo davanti a delle Femme Fatal che crescono solo in un numero ridotto di azioni e di portata. La moglie di Borsalino riesce a concludere il suo arco narrativo con apertura folle alle Crudelia Demon, dove è lei che vuol cercare di prender tutto. Yvonne (la cantante) serve solo come mera distrazione e quasi come ostacolo -il più delle volte- alle avventure della nostra banda. Il suo svenimento, la sua presenza, infatti sono più che altro pretesti per poter far in modo che certi meccanismi si mettano in moto. La donna desiderata e contesta è oggetto dell’azione, mai effettiva protagonista.

In sostanza, avere una buona macchina solo sulla carta non è sufficiente. C’è stato un tentativo che non è stato portato a buon fine non venendo esaurito in tutto e per tutto. Una prova, sì, ma che ti fa ricordare il: è intelligente, ma non si applica.

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