venerdì 21 ottobre 2022

#Venezia79: Nuclear - Recensione

La parola “Sostenibilità” è il vocabolo più abusato nell’ultimo paio di anni. Tra aziende che hanno come missione il voler comunicare ciò che loro stanno facendo per l’ambiente e, a seguire, le accuse di green washing; non c’è nessuno che a oggi possa definirsi realmente sostenibile. Questo termine indica una volontà: quella di pensare al futuro del nostro pianeta, dopo secoli nel quale è stato consumato fino al suo nucleo. Adesso, politica e società si muovono su una diatriba che stuzzica la sensibilità collettiva, alla ricerca della migliore fonte di energia rinnovabile. Anche perché ci sono paesi che stanno raggiungendo la soglia dello sviluppo solamente in tempi recenti e, di certo, non si può negar loro l’uso di combustibili carbonici. Tutto lo sviluppo è passato dal carburante fossile, adesso sta a noi cercare qualcosa che possa completamente sostituirlo. Che si parli di fissione o di fusione, a oggi l’energia nucleare è l’unica fonte in grado di sostituire del tutto i combustibili fossili.

No, questa non è una campagna a favore del nucleare; stiamo solo avvalendo la tesi che ha espresso Oliver Stone nel suo ultimo documentario: Nuclear. Presentato Fuori Concorso a Venezia79, questo film svolge il didascalico compito informativo. “Con dati alla mano” cerca di comunicare un evidente bisogno che, ancora oggi, viene tenuto da parte per delle paure recondite.

Molte delle principali nazioni mondiali stanno investendo su questa fonte di energia ecologica al 100%. Le strutture, rispetto a ciò che accadde a Chernobyl, sono profondamente mutate. Basti pensare che una centrale nucleare produce per dieci volte di più corrente elettrica rispetto a ettari e ettari di terreno occupati da pale eoliche, occupando un decimo del loro spazio. Immaginare nuove Hiroshima e Nagasaki è pressoché inevitabile, basti pensare quando ancora anche nel nostro paese si parli di questa energia sotto il punto di vista del pericolo. La provocazione di Stone è proprio quella di abbandonare questa paura. Non bisogna farsi governare da essa, ma usando le stesse parole di Marie Curie: si deve cercare di conoscere ciò di cui si ha paura. Il terrore annebbia il cervello, lo ribadisce Stone.

Nella sua ode al nucleare è quasi impossibile non assumere un punto di vista concorde con quello del regista. Un punto di vista viziato che, però, viene immediatamente dichiarato e condannato dallo stesso regista. È Stone che, specialmente, con le sue ultime parole non solo fustiga chi è ancora contrario, ma anche il suo stesso entusiasmo per l’argomento. Denuncia, in un certo senso, l’ipocrisia che governa nel suo paese d’origine e si posiziona favorevole allo sviluppo tecnologico. Una tecnologia che, visto il suo avanzamento, è molto più sicura e pulita di quanto non siano le altre.

I dati riportati e la facilità di fruizione ideata da Stone permettono al pubblico di riuscire a digerire facilmente gli argomenti trattati. Non bisogna essere degli esperti in ingegneria per poter capire di cosa si stia parlando e soprattutto in che termini lo si stia facendo. Come dicevamo, comunque, è pressoché impossibile uscire dalla sala convinti che il nucleare sia il male minore.

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