sabato 18 luglio 2020

#Musica: Per dirti ciao

Quando pensiamo a Tiziano Ferro, le prime canzoni che vengono alla mente sono quelle che l’hanno reso famoso in tutto il mondo. In cima alla lista ci sono sempre “Ti Scatterò una foto”, “Perdono”, “Rosso Relativo” e tutte le altre scritte quando aveva vent’anni. Spesso si crede erroneamente che un artista abbia dato il meglio di sé con i suoi primi pezzi, quando lo conoscevano in pochi. Personalmente non la penso così, anzi, mano a mano che l’artista matura, matura anche il pubblico e un testo come “Perdono” oggi non avrebbe lo stesso impatto che aveva avuto allora, nel lontano 2001.
Oggi voglio parlare di una canzone più recente, seppur di otto anni fa: Per dirti ciao.
Questa canzone è un singolo estratto dal quindo album di Tiziano Ferro, “L’amore è una cosa semplice”. Un testo dolce, ma anche dal retrogusto amaro perché parla di lutto. Una fan, infatti, rimasta da giovanissima vedova, aveva scritto all’artista una lettera in cui raccontava di come le sue canzoni l’avessero sostenuta nel momento peggiore. Questo brano, di neanche tre minuti e mezzo, parla di morte, abbandono, ma con una speranza di sottofondo. Malgrado nasca dalla morte di un marito, la canzone si plasma bene su ogni perdita di una persona. Non si fa mai riferimento all’amore tra due amanti, ma all’amore come sentimento puro e genuino, elemento chiave nell’album da cui il brano è tratto. Che si tratti di un compagno, di un famigliare o di un amico non importa, “Per dirti ciao” non applica distinzioni.
C’è stato un periodo della mia vita in cui non riuscivo a sentire questa canzone, perché ogni frase era un colpo al cuore. Riportava alla mente una ferita che non si è mai del tutto rimarginata.

Soffierà nel vento una lacrima che tornerà da te per dirti ciao… ciao! Mio piccolo ricordo in cui nascosi anni di felicità… ciao! E guardami affrontare questa vita come fossi ancora qui

Nell’elaborazione del lutto, chi ci è accanto e vuole darci forza tende a ripetere “Cosa direbbe quella persona se ti vedesse così?”. Lì per lì sono parole vuote, l’unico pensiero è “E pure se fosse? Non può più vedermi, né così, né meglio.” Non è una domanda che aiuta la persona a stare meglio, come può se l’unico pensiero fisso è l’assenza? Però quando riusciamo a scendere a patti con il nostro dolore, sono quelle le parole che ci ripetiamo, che mandiamo alla persona che ci manca. Guardami affrontare questa vita con grinta, come se fossi ancora qui accanto a me.

E guarda con orgoglio chi sostiene anche le guerre che non può.

Qui Tiziano Ferro non parla, secondo me, delle guerre dei potenti, ma delle nostre guerre quotidiane. Compiamo le nostre piccole lotte per tirare avanti. Ci battiamo, perdiamo, vinciamo, ma per lo meno ci abbiamo provato. Per questo speriamo che chi non c’è più ci guardi con orgoglio, perché per lo meno ci abbiamo messo l’impegno. Abbiamo stretto i denti, ci siamo ributtati nella vita.

E senza pace dentro al petto so che non posso fare tutto ma se tornassi farei tutto e basta… E guardo fisso quella porta perché se entrassi un’altra volta vorrebbe dire che anche io son morto già' e tornerei da te per dirti ciao…

Questo, più di tutto il resto del testo, era il punto che non riuscivo a sentire. Nel dolore, rimpiangiamo il cosiddetto “tempo perso”. Avremmo potuto fare di più, dimostrare maggiormente amore, ma ce ne rendiamo conto solo nell’assenza. Abbiamo la consapevolezza che di più non potevamo fare, ma la persona ci manca talmente tanto che se avessimo la possibilità di tornare indietro, proveremmo lo stesso a fare il massimo. Non ci resta quindi che il ricordo di quella persona, la speranza che, riaperta una porta, quella persona sia ancora lì, con il sorriso sulle labbra. Poi sopraggiunge la coscienza a interrompere questo turbinio di pensieri: se fossimo davvero davanti alla persona che ci manca, vorrebbe dire che l’abbiamo raggiunta, per chi ci crede. In quel momento potrebbero davvero riabbracciarla, dirle anche un semplice “ciao”. Non ci rendiamo conto dell’importanza di queste semplici lettere.

La vita come tu te la ricordi un giorno se ne andò con te…

 L’elaborazione del lutto si compone di fasi: negazione, rabbia, contrattazione, depressione, accettazione. Sono cinque stadi che di solito affrontiamo senza neanche accorgercene. Arrivati alla fase dell’accettazione, possiamo dire di essere finalmente venuti a patti con il nostro dolore e, anche se la ferita è ancora aperta, possiamo comunque continuare a vivere perché, sì, la vita continua. Accettazione è anche capire che, nonostante tutto, la vita non sarà più come quando c’era quella persona, ma comunque lottiamo e andiamo avanti. Il mondo non si ferma di fronte al nostro dolore, non si ferma davanti al dolore di nessuno. Accettiamo e andiamo avanti, ma portando con noi quanto quella persona ci ha dato, quello che ci ha insegnato e, andando avanti, saremo pronti ad aiutare anche gli altri e noi stessi nello scorrere delle nostre vite.
Vi lascio il link per sentire la canzone --> link

Nessun commento:

Posta un commento