lunedì 21 dicembre 2020

#Costume&Società: Cosa hanno fatto i Beatles per la società?

Noi di 4Muses sappiamo molto bene che l’arte cambia il mondo. Qualsiasi movimento artistico ci mostra lati di una realtà che prima ignoravamo. La letteratura, la pittura, il teatro, il cinema, la musica… ogni forma d’arte ha uno scopo ben preciso. A volte gli artisti non vengono capiti dal periodo storico in cui vivono, altre volte non vengono compresi a distanza di anni dalla loro morte. Ma a volte riescono a cambiare il corso della storia, e tra i più grandi esempi troviamo certamente i quattro ragazzi di Liverpool: i Beatles.

You say you want a revolution/Well, you know/we all want to change the world” 

Il “The Oxford Companion to Popular Music” definisce i Beatles in questo modo: "Gruppo della scena rock britannica. Ogni storia o indagine sociologica della Gran Bretagna degli anni Sessanta dovrebbe includere una sezione dedicata al fenomeno Beatles. Sono chiaramente il più importante gruppo della storia della musica pop, la loro influenza è incalcolabile.” Non a caso David Chapman, assassino di John Lennon, dichiarò: «Odiavo i Beatles, perché hanno cambiato il mondo.»

Insomma, non ammettere l’enorme cambiamento apportato da John, Paul, George e Ringo al mondo della musica e non solo, vorrebbe dire non aver studiato un capitolo di storia dalla fine della seconda guerra mondiale in poi.

Molti potrebbero dissentire, sostenendo: “Ma senza gli anni Sessanta, non ci sarebbero stati i Beatles”. Beh, noi rispondiamo: “O non ci sarebbero stati gli anni Sessanta senza i Beatles?”

“Because the wind is high, it blows my mind/because the wind is high/Love i sold, love is new/Love is all, love is you”

Gli anni Sessanta vedono un’adolescenza un po’ ribelle. I bambini nati durante il periodo bellico hanno bisogno di freschezza, di qualcosa di nuovo. Sanno che il modo di pensare dei genitori è ormai antiquato. Quei ragionamenti, non così distanti da quelli dei loro nonni, hanno portato a un’altra guerra mondiale. C’è voglia di riscatto e lo si nota anche dalla moda. Le gonne si accorciano, il trucco si fa più marcato. I ragazzi escono sempre di più e durante l’adolescenza, al contrario dei loro genitori, si pensa solo a studiare e divertirsi.

Forse questo cambio di mentalità è stato più facile da acquisire negli Stati Uniti o in Gran Bretagna, ma anche l’Italia, indietro anni luce rispetto a questi paesi, vede nascere una generazione che non pensa a mettere su famiglia a diciotto anni.

C’è il primo risveglio coscienziale, il mondo è fatto anche di altro e se fino a qualche decennio prima stava in conflitto con se stesso, adesso i continenti sembrano avvicinarsi. I giovani europei e americani amano i viaggi on the road. Girano il più possibile, assaporano ogni cultura. Amano l’amore e se anche vengono criticati per questo, non si interessano dei giudizi della gente.

“There’s nothing you can do that can’t be done/Nothing you can sing that can’t be sung/nothing you can say, but you can learn how to play the game/it’s easy.”

Gli anni Settanta non sarebbero mai stati poi così innovativi se i Beatles non avessero spronato i giovani degli anni Sessanta al salto di qualità, alla presa di coraggio nel cambiare la società intera. Nell’abbattere i muri, prima mentali, poi fisici, a fine anni Ottanta.

I Beatles incarnavano la libertà. Dicevano quello che volevano, senza filtri. Un temerario John riusciva a dire con assoluta tranquillità: “Il cristianesimo scomparirà. Si consumerà e poi svanirà. Siamo più popolari di Gesù. Non so cosa scomparirà prima: il rock ‘n’ roll o il cristianesimo”.

Queste parole non suscitarono nessun tipo di scalpore in Europa, anzi, passarono abbastanza inosservate. Ma in America fu scandalo. La gente cominciò a bruciare i dischi dei Beatles, furono minacciati di boicottaggio, insomma, John fu obbligato a scusarsi. Con parole che secondo noi sono geniali:

“Non sono contro Dio, contro Cristo o contro la religione. Non avevo alcuna intenzione di criticarla. Non ho affatto detto che noi eravamo migliori o più famosi… e non ho paragonato noi a Gesù Cristo come persona o a Dio come entità o qualsiasi altra cosa esso sia. Ho detto che avevamo più influenza sui ragazzi di qualsiasi altra cosa, compreso Gesù. Se avessi detto che la televisione era più popolare di Gesù, probabilmente l’avrei passata liscia.”

Insomma, l’esempio che portano è quello di innovamento e di non piegarsi di fronte ai sensi di colpa inutili, dettati da una società ormai retrograda, colpevole di due guerre mondiali. I giovani hanno così quasi l’obbligo morale di cambiare, senza doversene scusare.

Con la stessa audacia, Paul McCartney è riuscito a rispondere così a un giornalista che lo criticava per aver detto pubblicamente di aver fatto uso di LSD:

“Dipendesse da me, non l’avrei detto a nessuno. Perché sto cercando di non diffondere tutto ciò. Ma colui che scrive per il giornale è colui che fa parte dei mass media. Io la terrei come una cosa personale. […] Lui ha deciso di mandarla in giro, quindi la responsabilità è sua per aver diffuso tutto ciò, non mia.”

E quando il giornalista ha provato a far leva su eventuali rimorsi di Paul, facendogli notare quanto questo esempio sia dannoso per i giovani, la risposta è stata:

“Non penso che i miei fan prenderanno droghe solo perché io l’ho fatto. […] L’intera questione riguardo a come andrà a finire e quante persone si possano sentire incoraggiate a farlo, dipende dai giornali, da voi in televisione. Voglio dire, tu stai diffondendo tutto ciò, ora, in questo momento; e questa sta per finire in tutte le case del Regno Unito. E preferirei che ciò non accadesse, sai. Quando tu mi fai delle domande, mi chiedi di essere onesto. E io sono onesto.”

Oltre alla mancanza di peli sulla lingua, i Beatles esprimono un’energia che nessuno prima di loro aveva mai comunicato: stanno dalla parte dei fans. Loro si sentono esattamente come i ragazzi che li seguono ovunque.
Non hanno mai dato l’immagine dei divi, anzi. Sono sempre stati come degli amici, dei fratelli. Se con Elvis la musica era fatta di idoli irraggiungibili, con i Beatles la musica interagisce con i fan in tutto e per tutto.

La Beatlemania è la madre dei nostri fandom. I Beatles regalavano dischi con auguri di Natale ai membri del loro fan club e si facevano vedere mentre erano intenti a leggere le lettere dei fans. Con loro nascono il merchandising e i concerti evento. 
 
“Spread the word and you’ll be free/Spread the word and be like me/Spread the word I’m thinking of/Have you heard the word is love?”

Dal punto di vista politico hanno minacciando gli organizzatori dei concerti americani di non suonare più, se bianchi e neri non fossero stati seduti vicini. Hanno cantato che bisogna condividere l’amore in piena guerra del Vietnam, il che li porterà a far uscire “Revolution” nel 1968.

La generazione più giovane dell’Unione Sovietica comincia a svegliarsi negli anni Settanta, quando i Beatles entrano clandestinamente in territorio comunista. Loro che erano obbligati ad ascoltare solo musica russa, ascoltano per la prima volta i suoni moderni dei quattro inglesi. Traducono i loro testi e respirano una libertà che li avvicina sempre più all’occidente e che, in età adulta, porterà l’intera generazione ad abbattere un Muro durante una fredda notte tedesca di novembre.

E in ambito letterario, cosa ne sarebbe stato di Paulo Coelho senza i Beatles?

E non importa se ancora in pochi capiscono il reale senso di "Strawberry Fields Forever", "Across the Universe" o "Dear Prudence". I Beatles hanno dato e nella loro immortalità danno ancora oggi, una forte spinta alla libertà di ogni individuo umano, senza mai doversi scusarsi per questo.

Nessun commento:

Posta un commento