sabato 26 dicembre 2020

#Natale: Questo era Natale

Ci sono ricordi che solleticano il cuore. Ognuno vive il Natale secondo le proprie tradizioni, tramandate negli anni, intoccabili come comandamenti incisi su pietra. Per noi la vigilia era l'ultimo ostacolo a dividerci dal mattino più atteso dell'anno. Consisteva in una comune cena seguita possibilmente da uno speciale canoro ad hoc del cantante di turno, e poi tutti a letto dopo aver lanciato un'occhiata smaniosa ai piedi sgombri dell'albero, rigorosamente vero, addobbato ogni volta di una miscela diversa di colori e ornamenti.

Allora entravo in scena io, silenziosa, rapida, a posizionare i pacchetti di tutta la famiglia sul pavimento cosparso di aghi di abete, per poi coricarmi trovando il sonno solo più tardi, troppo emozionata per abbandonarmi subito nel suo abbraccio.

Arrivavano le prime luci del mattino e con loro una familiare melodia natalizia che si insinuava a interrompere i miei sogni. Dapprima un'eco lontano di “Jingle bells” e “We wish you a merry Christmas” di sole note in una cascata di campanellini, che poi esordivano in un crescendo quasi assordante a suggerirmi che era ora di alzarsi. Era mamma che, con una casetta in simil pietra che riproduceva il negozio di giocattoli di un vecchio artigiano corredato di musichette, veniva a svegliarci.

"Buon Natale bimbi". Non importa se avevamo 10 o 20 anni, eravamo sempre i suoi bimbi, ed era sempre quello l'inizio del nostro 25 dicembre.

Poi in fila, giù per le scale. Io e mio fratello capitreno di quella bizzarra locomotiva a quattro vagoni, trepidanti nei nostri pigiami di  cotone, fino al salone dove, illuminato da una catena di lucine di un bianco caldo, troneggiava l'albero circondato da una miriade di pacchetti colorati.

Una prima rapida perlustrazione mi suggeriva quali erano i miei, quelli che non avevo posizionato io la sera prima. Poi tutti a sedere per terra, su coperte di lana stese a ripararci dal freddo pavimento, con babbo che puntualmente "no, io per terra non mi siedo, resto in piedi!". Il rumore delle carte strappate, il cane che si infilava fra di noi a calpestarle tra le nostre risate e i tentativi di salvare i regali dalla presa delle sue zampe, i "Tieni questo è tuo" e i "Che bello, grazie!".

E dopo una cioccolata calda, spavaldo preludio a un pranzo a più portate, seguito da una cena altrettanto audace. Bei momenti, ma ormai solo contorno, perché accessori di una magia già  assaporata, felicemente consumata.

 Questo era Natale. Questo sarà sempre per me Natale.

Questo è quello che tramanderò a mia figlia. La sveglia con i campanellini, lo scalpiccio sugli scalini, il manto di coperte. La gioia.

 Ci sono ricordi che solleticano il cuore. E ci sono famiglie che riempiono l'anima. 

 Ringraziamo Camilla per il racconto!

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