martedì 28 novembre 2023

#Venezia80: Ferrari - Recensione

Aspramente criticato quando è approdato al Lido di Venezia, “Ferrari” arriva finalmente in sala per farsi guardare dal grande pubblico italiano. Sarà in sala dal 14 dicembre, ma per noi è giunto il momento di parlarne perché in alcuni cinema godrà di un arrivo un po’ anticipato.

La pellicola diretta da Micheal Mann ci porta all’interno dei retroscena che hanno caratterizzato alcuni dei passaggi della vita di Enzo Ferrari, un uomo ambizioso che ha posto le basi del successo della casa automobilistica che tutti noi oggi conosciamo. Siamo nell’estate del 1957 e l’ex pilota automobilistico Enzo Ferrari è in crisi: la sua attività e il suo matrimonio sono sull’orlo del tracollo e occorre trovare una soluzione per poter risollevare almeno uno dei due aspetti della propria vita. Dopo dieci anni di attività, la bancarotta è vicina e la prematura perdita del figlio Dino non aiuta in nessuna delle due dinamiche. Ci si muove, in questo modo, tra l’ambizione dell’imprenditore e l’umanità delle mura domestiche.

La soluzione? Cercare di riportare in auge il nome Ferrari percorrendo l’ambiziosa corsa delle Mille Miglia. Una gara estenuante che passa per il nord e centro Italia: da Brescia a Roma e ritorno. La scuderia iscrive alla gara quattro vetture Sport, guidate dai piloti Piero Taruffi (Patrick Dempsey), Wolfgang von Trips (Wyatt Carnel), Peter Collins (Jack O’Connell) e Alfonso de Portago (Gabriel Leone).

Durante l’adrenalinica corsa, Taruffi e von Trips raggiungono Brescia appropriandosi del primo e del secondo posto; mentre a pochi chilometri dall’arrivo de Portago e il suo navigatore sono vittime di un terribile incidente a Guidizzolo. Restano coinvolti nove spettatori, di cui cinque bambini, una tragedia che ha per sempre vietato lo svolgimento di questa gara. Adesso della Mille Miglia non resta altro che un ricordo e una commemorazione in cui le passate vetture sfilano ripercorrendo il percorso durante il periodo di maggio.

Se quel che si sperava era il successo, quello che si ottenne fu un processo in cui Enzo Ferrari venne accusato come uno dei diretti responsabili dell’accaduto. Venne successivamente assolto nel 1961.

Michel Mann riesce perfettamente a riprendere le corse automobilistiche, tanto da riuscire a trasmettere la passione che egli stesso ha per questo mondo. Allo stesso tempo, però, vengono palesati diversi problemi nella realizzazione della pellicola. Per quanto, infatti, possano essere adrenaliniche le corse e per quanto sembri di poter essere all’interno delle vetture, allo stesso modo si ha la sensazione di esser passivi osservatori del disfacimento familiare. È vero, il film sembra volersi concentrare sull’entità del passaggio di testimone, sul cercare di voler lasciare il segno, allo stesso tempo però risente di questo ritmo altalenante.

Qui, inoltre, abbiamo lo stesso peccato commesso con “House of Gucci”, ovvero è stata compiuta la scelta di far parlare attori americani con accento immotivatamente italiano. Nella versione originale, quindi, si interrompe in maniera incredibilmente forzata quel processo in cui si può credere a ciò che si sta vedendo. Elemento che viene ancor di più accentuato dal momento in cui alcuni dei personaggi parlano effettivamente in italiano, cosa che probabilmente col doppiaggio verrà resa dialettale. In questo caso, infatti, ci sarà un grande sforzo da parte dell’adattamento nel riuscire a render bene questo aspetto.
La recitazione di Penelope Cruz, moglie devota a Enzo, viene sconquassata dal suo accento. Le interazioni perdono di mordente e per quanto il dolore riesca ad arrivare al pubblico, allo stesso modo è come se ci si beccasse uno schiaffo in faccia.

“Ferrari” è un film che risente molto dei contrasti degli eventi che cerca di narrare e a pagarne lo scotto è il ritmo. L’umanità e gli sbagli si riflettono nell’ambizione e nel desiderio di voler sempre qualcosa di più. Il testimone, in questo modo, viene sì lasciato nella storia, ma allo stesso tempo è perduto tra le pieghe dei diversi dialoghi. Nello spettatore ciò lascia un po’ l’amaro in bocca, ma anche un grande spunto di riflessione dato da grandi sentimenti e grandi passioni.

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