giovedì 9 novembre 2023

#StorieRomane: Papa Silvestro I e il drago

Se pensiamo ai draghi ci vengono in mente leggende antiche, per lo più provenienti dal mondo anglosassone. C’è da dire, però, che anche Roma è piena di storie che hanno come antagonisti queste creature mitologiche.


Il drago figura nello stemma della famiglia Borghese, tanto che l’ingresso di Villa Borghese su via Pinciana prende il nome di “Portale del Drago”. Una delle fontane presenti nei giardini del Quirinale è interamente dedicata al drago e infine il temibile mostro è il custode del giardino Nicola Calipari, a Piazza Vittorio, dove è presente la Porta Alchemica.

Oggi, però, vogliamo parlarvi di una delle leggende più importanti della città e che probabilmente sta sparendo: quella del drago del rione Campitelli.  
 
Ci troviamo nella zona che comprende i due colli Palatino e Campidoglio. Essendo il drago uno dei simboli più rappresentativi del paganesimo, è bene dire che nell’epoca della Roma antica qui sorgeva il tempio più importante di tutti perché dedicato alla Triade Capitolina, ovvero ai tre dèi: Giove, Giunone e Minerva.

È su queste basi che la nostra leggenda ha origine.

Nel IV secolo dopo Cristo il rione Campitelli era succube di un grosso drago che viveva al sicuro nelle profondità di una caverna sul Palatino. Anche se rimaneva per lo più confinato nel buio, nessuno osava passeggiare da quelle parti perché bastava una leggera brezza del suo alito velenoso a uccidere il malcapitato.

I cittadini, per continuare a tenerlo tranquillo, erano obbligati a sacrificare almeno una volta l’anno due ragazzi – di sesso maschile e femminile – innocenti. Questa soluzione, anche se garantiva la pace a Roma, era un sacrificio troppo alto per le tutte le anime coinvolte.

Quando nel 314 venne eletto Papa Silvestro I, i romani avevano finalmente un’altra speranza: il nuovo Vescovo, infatti, era già noto per avere ucciso un drago a Poggio Catino, così gli venne chiesto di pensare anche a quello romano.

Silvestro I si armò di coraggio e di un crocifisso, entrò nella grotta del temibile mostro e invocò la Vergine Maria affinché lo aiutasse nel suo compito. A quel punto il drago divenne mansueto, tanto che Silvestro riuscì a legarlo alla sua veste e lo portò in giro per la città proprio come fosse un cane al guinzaglio.
Lieto di ciò, il Papa lo affidò ai cittadini che, forse meno fiduciosi, lo uccisero e lo seppellirono al Foro Romano, sotto all’antico tempio di Castore e Polluce. Altri cittadini, ancora legati alle tradizioni pagane, vedendo tale miracolo, si convertirono definitivamente al cristianesimo, tra questi pare ebbe una nuova conferma per la propria fede anche l’imperatore Costantino.

Ovviamente è più logico pensare che in anni dove il cristianesimo stava prendendo il sopravvento sul paganesimo, si siano inventate leggende di questo calibro anche con Roma come protagonista. Comunque, leggenda a parte, vediamo cosa ha lasciato di tangibile questa storia.

Dopo la morte del drago, Silvestro I fa erigere, proprio sul punto dove vi era la sua grotta, la chiesa di Santa Maria Antiqua, luogo più antico del mondo cattolico dedicato alla Madonna e difatti la prima chiesa ad avere l’immagine della Madonna in trono.

Nel corso degli anni viene più volte restaurata e impreziosita con affreschi, ma il terribile terremoto dell’847, che le fa crollare addosso tutti i palazzi adiacenti, la rende impraticabile e per questo è presto definitivamente abbandonata.

Papa Leone IV dà i suoi titoli alla chiesa vicina di Santa Maria nova, adesso basilica di Santa Francesca Romana.
Il tempo fa dimenticare tutto e così accade anche alla leggenda del drago e alla sua chiesa dedicata. Giorno dopo giorno, passo dopo passo, granello di polvere dopo granello di polvere, la vecchia struttura è del tutto sprofondata sotto la superficie, tanto che nel 1617 l’architetto Onorio Longhi costruisce la chiesa di Santa Maria Liberatrice sopra di lei, probabilmente inconsapevole di ciò che vi è sotto.

Ma come il tempo fa dimenticare, così fa riaffiorare. Sulla fine dell’Ottocento iniziano gli scavi archeologici sui via dei Fori Imperiali, sotto la guida di Giacomo Boni. Improvvisamente la squadra rimane meravigliata perché lentamente torna alla luce la prima Santa Maria Antiqua, con tutte le sue opere di pittura medievale greca e affreschi bizantini originali, con datazioni dal VI al IX secolo.

Come accennato prima, la prima immagine di Maria al trono è un affresco del 540 circa, dal titolo “Maria madre di Dio fra gli angeli”.

Nel 1909 alcuni stucchi, marmi e raffigurazioni andarono alla nuova chiesa omonima, costruita nel neonato Testaccio, per potersi dedicare completamente al restauro della prima, avvenuto grazie al contributo delle fondazioni di New York e Oslo.

Nel 2004 la chiesa è aperta al pubblico, ma per breve tempo; è solo dal 2012 che è diventata del tutto visitabile. È aperta tutti i giorni, ed è facilmente raggiungibile dal Parco del Colosseo.

Che la leggenda ai tempi fosse molto nota, lo testimoniano gli affreschi raffiguranti la vittoria del Papa sul drago nell’oratorio di San Silvestro nella chiesa dei Santi Quattro Coronati, al Celio.

Altre scene della leggenda sono raffigurate anche nelle chiese di San Silvestro a Tivoli e Alatri.

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