martedì 22 febbraio 2022

#Cinema&SerieTv: Inventing Anna

Ammettiamolo: la televisione classica sta cedendo sempre di più il passo a quella in streaming. Ormai non siamo più costretti guardare programmi decisi da altri, con un palinsesto che può essere noioso o semplicemente lontano dai nostri gusti. Il segreto delle piattaforme in streaming sta proprio nel consigliarci ciò che è più vicino a noi, quello che potrebbe sul serio piacerci. Se avete letto il nostro articolo sul truffatore di Tinder, potete capire che l’argomento fiducia per il prossimo anima un po’ tutte le nostre serate, e forse anche le trasmissioni su Radio Sapienza.

Sicuramente Netflix lo sa, ecco perché ci ha proposto Inventing Anna, serie che prende ispirazione dalla vera storia di Anna Sorokin, una truffatrice che dal 2013 al 2017 ha ingannato l’élite di New York. Netflix e la casa di produzione Shondaland hanno comprato i diritti dell’articolo: “How Anna Delvey Tricked New York’s Party People”, (Come Anna Delvey ha ingannato la gente di New York) scritto da Jessica Pressler, del New York magazine per una miniserie da nove episodi, ciascuno dei quali dura un’ora, o anche poco più.

La serie tv, scritta e prodotta da Shonda Rhimes, è su Netflix dall’11 febbraio 2022, e vi assicuriamo che è da non perdere!

“Quando in un’intervista alla BBC mi hanno chiesto se il crimine paga ho risposto di sì. Non potevo dire di no. Io sono stata pagata da Netflix.”

-Anna Sorokin

Anna Delvey (Julia Garner) è una ragazza di venticinque anni molto conosciuta nella cerchia dei veri VIP newyorkesi. Si presenta a tutti come una ricca ereditiera tedesca, che ha problemi con la figura genitoriale maschile. Il padre le blocca spesso i fondi, per poi riattivarli ogni primo del mese. Anna fa amicizia facilmente, sia con i membri dell’alta società, sia con le persone più comuni, come Neff (Alexis Floyd) che lavora alla reception di un albergo di lusso frequentato per mesi da Anna. È la stessa Neff, che con amicizie particolari - sappiate che è chi lavora negli alberghi di lusso a tessere realmente le reti di contatti tra le persone che contano - riesce a far andare Anna in ogni party esclusivo, e Anna sembra saperlo, tanto che chiede all’amica di accompagnarla.

La vita nell’alta società è divertente, glamour, così chiusa da essere riservata a un gruppo ristretto di persone, ma più si sta in alto, più lavoro sporco c’è da fare. Anna non vuole passare per una semplice ereditiera, una socialite (persona che è famosa per partecipare assiduamente a eventi mondani), o scalatrice sociale, lei vuole costruire un impero, qualcosa di unico: sogna di avere un palazzo per sé, dal nome Anna Delvey Foundation, semplicemente abbreviato in ADF. Un club riservato solo agli artisti, dove lei può circondarsi di vera arte, divenendo una mecenate. Un sogno prettamente europeo, che Anna vuole realizzare negli Stati Uniti, famosi per essere terra ricca di opportunità, ma scarsa di storia e arte.

Dalle prime puntate, però, scopriamo che Delvey non è il vero cognome di Anna, che è Sorokin. Lei sostiene di aver scelto il primo perché della madre, per prendere sempre di più le distanze con la sua famiglia paterna di origine russa. Peccato che basti una ricerca su Google per vedere che la sua famiglia non appartiene di certo al ceto alto. Ma questo per l’élite di New York non conta, ciò che interessa davvero è l’aspetto, e Anna sa come fare. Chi la vede non ha dubbi: è senz’altro ricca. Non le manca nulla, e si comporta come se fosse sul serio così.

Tutti le aprono le porte, persino le banche e gli uffici più importanti di Wall Street.
Come mai? Questa domanda tormenta la giornalista Vivian Kent (Anna Chlumsky) del tutto intenzionata a raccontare la vera storia di Anna. Intervistando gli amici e i nemici di Anna, intervistando l’accusata stessa, Vivian si scontra con una versione sempre differente della ragazza, tanto che la risposta del: “Chi è veramente Anna Delvey?” cambia puntata dopo puntata. È la carnefice? È la vittima? È una malata di mente che crede davvero alle sue bugie? O sta giocando con l’unico obiettivo di diventare famosa?

Vivian si allea con l’avvocato difensore di Anna, Todd Spodek (Arian Moayed) e episodio dopo episodio, notiamo come anche loro, che dovrebbero mantenere un atteggiamento il più distaccato possibile, cadano nella trappola di Anna. E proprio mentre comprendiamo ciò, realizziamo che noi stesse ci siamo cadute, tanto da aver visto l’intera serie in soli tre giorni!

Anna è una manipolatrice nata, e come tale ammalia chiunque le ruoti intorno. È difficilissimo accusarla, perché i suoi comportamenti sono arroganti, sì, ma del tutto passivi. Lei non costringe nessuno a pagarle viaggi, alberghi o vestiti... Non obbliga le persone a fare ciò che lei vuole. Si ha come l’impressione che tutti siano liberi, che tutti si dicano: “Sei una mia amica, certo che ti aiuto a pagarti questo, se tuo padre ti ha bloccato la carta, tanto sono sicura me li ridai.”

Prima di giudicare fermiamoci un attimo a riflettere: quanti di noi alzano tranquillamente i soldi a quell’amico che una sera non può uscire? Quanti lo fanno senza preoccuparsi di riavere indietro il denaro speso? Certo, dieci euro sono differenti da trentamila, ma anche i nostri conti sono differenti da quelli dell’alta società. Tanto che i veri ricchi truffati ritirano le accuse, perché si vergognano troppo per la loro ingenuità, e perché… beh, perché non hanno poi perso molto.

Chi non si tira indietro sono le banche, e la sua vecchia amica Rachel Williams (Katie Lowes) e se le prime sono sostenute dalla giuria popolare, per la povera Rachel il verdetto è spietato: Anna non ha commesso nessun reato. Essendo amiche, era normale che la prima pagasse se la seconda non poteva, e visto che Rachel ha venduto la storia per centinaia di migliaia di dollari, i sessantaduemila di debiti, non sembrano poi così gravi. Uno schiaffo alla vittima che vuole denunciare, con una sfumatura diversa del: Se lè cercata”. 

Vi consigliamo di guardare tutta la serie prima di poter sul serio giudicare la stessa Anna, che sì, è colpevole ed è giusto che abbia pagato, ma prima di puntare il dito con tanta cattiveria o cinismo, chiediamoci: quante sono le volte in cui io mento per apparire migliore? Un selfie con filtro, il trucco al primo appuntamento che risalta pregi e nasconde i difetti; non essere in un modo per non far apparire i propri lati oscuri… Anna voleva arrivare al vertice, e per farlo si è comportata esattamente come chi vive al vertice.

Da donne, non potevamo fare una grande menzione a come il personaggio di Vivian Kent viva la gravidanza: lavora fino al momento in cui le si rompono le acque, e dopo due settimane dal parto, vola in Germania per intervistare i genitori di Anna. Quasi non ci ricordiamo che aspetta un bambino, se non quando i dolori si fanno sentire. Attenzione da qui, perché queste parole potrebbero sembrare forti, o irrispettose – così non è - Vivian insegna che la gravidanza non rende una donna speciale, perché milioni di donne hanno partorito e partoriranno. C’è chi si accovaccia per strada per poterlo fare, lei non si definisce come donna-moglie-madre, bensì come donna e giornalista. Per Vivian ogni persona può essere genitore – biologico o adottivo – e una donna non è tale solo se sceglie di essere madre. Vivian è una scrittrice e giornalista, ed è la sua carriera a non essere da tutti, è il ruolo che ricopre in ufficio a essere speciale. La carriera, soprattutto per le donne, è un vero e proprio lusso, e merita la sua priorità, senza vergogne.

Vivian e Anna sono due donne che insegnano il vero potere agli uomini: la prima persino durante il parto urla quanto non sia speciale partorire, e rinuncia al congedo maternità per la voglia di proseguire con il lavoro. La seconda insegna che una donna può ottenere tutto ciò che vuole, con i mezzi che più desidera. Non a caso sono due donne che pur non essendo amiche, si ammirano e aiutano, divenendo lo specchio l’una dell’altra. A un certo punto solo Vivian saprà quando i testimoni stanno parlando della vera Anna e quando no. In questa serie abbandoniamo il ruolo di donne viste come creature dolci e indifese, quali non siamo neanche nella realtà.

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