mercoledì 9 febbraio 2022

#Arte: La Nascita di Venere

Molti artisti, nel corso dei secoli, sono rimasti affascinati dalla nascita della dea della bellezza, da Venere stessa, nata dalla spuma del mare. Oggi non parliamo del quadro di Botticelli, ma puntiamo l’attenzione su un’altra opera meravigliosa di un artista che abbiamo già citato in passato, ovvero Alexandre Cabanel.

Questo olio su tela è stato realizzato nel 1862 e oggi appartiene alla collezione del Musèe d’Orsay di Parigi. Come avevamo detto nell’articolo su Fedra, “La nascita di Venere” (La naissance de Vénus) rappresenta il momento più alto della produzione artistica di Cabanel. L’opera venne esposta al Salone l’anno dopo la sua produzione, nel 1863 e subito fu un successo.

Secondo la mitologia classica, come riportato da Omero, la dea nacque dal dio Giove e dalla ninfa degli oceani Dione, uscendo da una conchiglia e portata a riva dalle onde del mare. Secondo Esiodo, invece, nacque dal sangue e dal seme di Urano, che insieme formarono una spuma da cui emerse la più bella tra le dee, vicino all’isola di Cipro.

“La nascita di Venere” venne acquistata da Napoleone III che la inserì nella sua collezione personale. Nonostante l’apprezzamento di pubblico e critica, questo non bastò a sedare precedenti rancori: non sfuggì alle osservazioni piccate di Emile Zola, che ancora una volta non limitò a non apprezzare l’opera, ma addirittura la descrisse così: “La dea, annegata in un fiume di latte, ha l’aria di una deliziosa cortigiana, nemmeno in carne e ossa - sarebbe indecente - ma in una sorta di pasta di mandorle bianca e rosa”.

Per lo scrittore, insomma, la divinità della bellezza era in realtà una mera rappresentazione lasciva e indecente di una donna nell’atto di mercificare il proprio corpo. Eppure il soggetto classico rappresentato riscosse molti consensi, diversamente a quello che accadde con un altro pittore, Edouard Manet, che nello stesso periodo presentò un altro nudo, ovvero la sua “Olympia”. Venere e Olimpia erano state rappresentate entrambe nude, ma mentre la prima aveva gli occhi socchiusi e coperti dalle braccia, la seconda aveva lo sguardo lascivo rivolto verso l’osservatore. L’assenza di pudore e il fatto che venisse rappresentata una popolana fecero la differenza.

“La nascita di Venere” rappresenta la dea della bellezza trasportata dalle onde del mare mentre cinque angioletti, cinque putti, le svolazzano intorno, annunciandone la venuta al mondo. Il suo corpo è rivolto solo a metà verso lo spettatore, come se fosse nell’atto di svegliarsi da un lungo sonno, come confermato dagli occhi semichiusi. Il braccio sinistro, appoggiato sulla fronte, sembrano far riferimento a un tentativo della dea di proteggersi dai raggi del sole, mentre l’altro si allunga sull’onda delicatamente, a segnare il suo “stiracchiarsi”. I capelli, biondo fragola, ricordano molto quelli di Fedra. I colori del mare, così delicati, servono a mettere in risalto il corpo bianco come il latte di Venere, mentre il cielo, che fa da sfondo, sembra inglobare in sé anche i putti, che non si staccano per nulla dal resto.

Il punto centrale è la dea, rappresentata come raffinata e delicata, in contrapposizione al mare che la trasporta. Le forme sono morbide e arrotondate, in grado di esprimere sensualità ma senza scendere nell’indecoroso, dato che Cabanel, come detto prima, si “difende” dalle critiche attraverso la rappresentazione di un personaggio appartenente alla mitologia classica.

E voi conoscete e amate altre opere di Alexandre Cabanel?

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