martedì 1 febbraio 2022

#Musica: L'equazione

Il 25 Gennaio sarebbe stato l'ottantatreesimo compleanno di Giorgio Gaber, scomparso nel 2003.
Siamo consapevoli del ritardo di questi auguri, ma non ce ne voglia Gaber se ci abbiamo messo un po' a decidere come omaggiarlo.
Avremmo potuto parlare della sua vita così come di tante altre cose, ma alla fine abbiamo deciso di farlo semplicemente a modo nostro, senza snaturare quello che è il nostro modo di comunicare, ricolmo di emozioni, sensazioni ed esperienze personali.

Premessa: questo articolo potrebbe tranquillamente essere una sorta di sequel - o parte due - del "Pensieri" uscito stamattina sul blog (in quanto ci siamo già focalizzate su una parte della canzone), che vi consigliamo di leggere anche per avere un punto di vista prettamente personale.

"L'equazione", testo in prosa inserito nell'album "E pensare che c'era il pensiero" del 1996 è la prima canzone/poesia che abbiamo conosciuto di Gaber, e dal primo momento in cui l'abbiamo ascoltata, è rimasta impressa nel nostro cuore in modo indelebile.
"Dunque: il lavoro, beh il lavoro non manca. Voglio dire, c'è anche chi ce l'ha, ma in genere non gode. L'impegno sociale morale civile, mi viene da ridere.
La salute finché uno ce l'ha non ci pensa.
Non resta che l'amore, la sfera degli affetti dei sentimenti. Che forse dentro, é la cosa che conta di più. E poi quella almeno, ce la scegliamo da noi... un disastro!
Ma se si fallisce sempre, ci sarà una ragione. Dov’è che si sbaglia? Eh? Colpa mia, colpa tua... no, io a quelle cose lì non ci credo.
L’errore dev'essere prima. Non una cosa recente. Probabilmente da bambino, un errore che ha influenzato tutta la nostra vita affettiva. Chi lo sa? Forse, il famoso Edipo. Forse, mamma ce n'è una sola, anche troppa. Oppure nonni, zii fratelli, insomma figure, fotografie dell'infanzia che rimangono dentro di noi per tutta la vita. Sì, un errore innocente impercettibile, che poi col tempo si è ripetuto moltiplicato ingigantito, fino a diventare gravissimo, irreparabile.
Già, ma perché l’errore si ingigantisce? Dev'essere un po' come quando a scuola, facevamo le equazioni algebriche. Cioè, tu fai uno sbaglietto una svista, un più o un meno, chi lo sa... è che poi te lo porti dietro, e nella riga sotto cominci già a vedere degli strani numeri. E dici, vabbè, tanto poi si semplifica. E poi numeri sempre più brutti più grossi, sgraziati anche. Addirittura enormi, incontenibili, schifosi.
E alla fine: X = 472.827.324 / √87.225.035 + C
E ora prova un po' a semplificare."

Possono poche righe essere riassuntive di tutte le relazioni del mondo? Sì, noi siamo convinte di sì, e vi diciamo anche di più: dietro a questo monologo c'è anche la soluzione a tutto il casino che queste si portano dietro.
 
Potete non vederlo - così come non lo vedevamo noi all'inizio -, ma è tutto in queste diciotto righe.
Già vi vediamo alzare gli occhi al cielo esasperati e già possiamo sentirvi dire "daje mpo, su, mo non iniziamo co ste cose" (l'abbiamo pensata in romano per ovvi motivi), ma tanto si torna sempre lì: com'è il rapporto con vostra madre? E con vostro padre? Tutt'apposto? Nessun trauma, nessuna paranoia o insicurezza inculcata nel corso degli anni? Esatto, come immaginavamo.
 
Come dice Gaber, l'errore deve essere prima; ci sarà stata una parola, una frase ripetuta, un atteggiamento o una reazione che ha completamente spezzato l'idea di rapporto che avevate e che ha generato quella che avete adesso. Ci mettiamo la mano sul fuoco.
 
Qualsiasi cosa, non deve essere per forza un trauma evidente, ma anche un ricatto semplice e banale come "se prendi meno di otto a scuola non ti faccio il regalo" o un complimento ripetuto troppe volte possono essere distruttivi, e purtroppo tendiamo a pensare che questo non abbia ripercussioni, ma la verità è che prima o poi tutti dovremo svegliarci, guardare in faccia la realtà e accettare che le millemila relazioni distrutte che abbiamo deciso di abbandonare per la strada non sono nient'altro che il frutto della distruzione che abbiamo dentro. Il nostro primo istinto è ovviamente quello di puntare il dito e accusare chi veste i panni del carnefice, è normale, perché come diciamo sempre noi di 4Muses quando siamo tra di noi: siamo tutti animali feriti, e ovviamente a un animale ferito quando tocchi il punto dolorante, attacca senza pensarci due volte, è la natura.
 
E allora qui uno potrebbe adagiarsi sugli allori, ma noi ora vogliamo provare ad aggiungere anche un piccolo tassello a questo puzzle: lo sapevate che siamo animali evoluti? E lo sapevate che evoluto significa proprio "che ha raggiunto un alto grado di maturità civile e sociale, quindi progredito"? Sulla base di ciò, vogliamo provare a mostrarvi un altro punto di vista e dirvi una cosa di cui probabilmente non vi siete resi conto: lo sapete che anche i vostri genitori sono degli esseri umani che a loro volta sono stati traumatizzati dai loro genitori?
 
"Ma questo non gli da il diritto di comportarsi così con me" vero, ma allora se non volete dargli questo diritto e capire che hanno sofferto e continuano a soffrire tanto quanto voi, nemmeno a voi da il diritto di comportarvi come vi comportate.

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