sabato 9 luglio 2022

#Pensieri: La chiamo ansia

Stringe la bocca dello stomaco.

Il più delle volte.

Ma in realtà questa è una sensazione nuova, perché fino a poco tempo fa non faceva altro che inglobare e inglobare tutto quello che riuscivo a trovare nel frigo o nella dispensa. Specialmente se al fresco ci stava qualche salume, quale pacco di wurstel, qualcosa da consumare rapidamente e magari silenziosamente.

La chiamo ansia, perché altri volti non sono mai stata in grado di dargliene. È una sensazione, come mille altre, ma è improvvisa e più subdola. Arriva quando meno te l’aspetti, perché sta lì e… in un certo senso è come se aspettasse e sapessi quando emergere.

Muta nel corso del tempo. Cambia pelle esattamente come lo fai tu. Forse, addirittura, cresce insieme a te. E non per dimensioni, cresce e basta perché ti accompagna e ti tiene la mano. Ti osserva, ti sorride, ti guarda negli occhi più spesso di quanto tu riesca a fare con il tuo stesso riflesso. Eppure è lì. Lo sai. La vedi.

Ansia.

Non ho altri nomi per poter cercare di chiamare e di individuare quell’emozione che ti dice che tutto andrà male, che niente sarà come lo avevi pianificato.

Ansia.

Quell’assurda idea del controllo. Un controllo che ci raccontiamo d’avere, ma che in realtà non fa altro che spingerci a mentire a noi stessi.

Ansia.

Metter su carta, seppur digitale, questi miei pensieri mi permette di fermarli e di fissarli. Come se prendessero concretezza solo adesso che li sto osservando. E sì, lo sappiamo tutti quanti qui che niente è reale, niente è come sembra. Eppure ci ostiniamo a chiamare tutti quanti una sensazione diversa per tutti con lo stesso identico nome: ansia.

Mi hanno sempre divertito le definizioni del termine, perché è come se fosse vera da una parte, ma non vera per me:

1.      1. Affannosa agitazione interiore provocata da bramosia o da incertezza

2.      2. In psichiatria, senso di apprensione simile all’angoscia

Sfido chiunque di voi a descrivermi la differenza tra ansia e angoscia, non credo che nessuno di noi sarebbe due volte la stessa spiegazione. Per me, la prima, come stavo dicendo, è quella sensazione che attanaglia lo stomaco; la seconda, invece, è una sensazione che pur essendo mia, perché la sto provando io, allo stesso tempo è come se non lo fosse. L’angoscia la destino ai terzi, la destino al mio senso da crocerossina, la esterno per quando l’amica non mi manda il messaggio: “sono arrivata a casa”. La prima è tutta totalmente mia. L’ansia che stringe, che allarga, che modifica il mio appetito. L’ansia che governa il mio sonno, il ritmo del mio cuore e che a volte diviene panico.

L’ansia è il nome che do a quella sensazione che non so spiegare. Forse è più il nome che do alla paura di sbagliare, al muro che innalzo quando devo e so che quella cosa dev’esser fatta per come dico io… non lo so. L’ansia è un nome, un’etichetta, un’idea.

L’ansia è un pensiero, un pianto, un sussulto.

L’ansia è messa su questo foglio, il mio foglio. Lo ha macchiato, lo ha segnato con pixel dal colore nero che sul vostro foglio sono consonanti e vocali. Parole che prendono vita da voli pindarici e da quaranta minuti passati sotto la doccia. Ah sì… inutile dire che avevo l’ansia per la prossima bolletta dell’acqua pur non pagandola.

Pensavo, mi ero illusa forse, che il mio rapporto con l’ansia fosse migliorato nel corso del tempo. Certo, ho sempre provato a non farmi abbattere da lei o non farmi condizionare, ma è stato praticamente e pressoché impossibile farlo in passato. L’ansia mi spingeva a chiudermi a riccio davanti qualsiasi cosa provata o meno. Lo stimolo esterno mi dava apprensione, mi peggiorava l’umore e io sparivo. Sparivo non facendomi raggiungere da nessuno, perché nessuno era davvero pronto a vedere quel mostriciattolo che mi teneva la mano e mi accompagnava davanti al frigo. Forse nessuno voleva davvero vederlo, anche se mi piace pensare al fatto che fossi davvero brava a nascondermi. Sì, nemmeno troppo velatamente sto parlando del mio disturbo alimentare. Ansia è un nome che ho dato persino a quello, accompagnato da: ho il ciclo, ho solo fame, devo crescere e la migliore tra tutte: “sarà tutta altezza”.

Non so dove questo sfogo porterà… credo, inoltre, che in realtà sia finito. Dovevo solo mettere su un pezzo di carta il volto che assume la mia paura quando ho troppe cose da dover tenere insieme e non mi sento all’altezza nel tentare di farlo.

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