venerdì 8 luglio 2022

#Cinema&SerieTv: The Good Doctor

I medical drama hanno più o meno tutte le stesse caratteristiche: il lato emotivo dei pazienti che spinge alla riflessioni e le relazioni interpersonali tra i medici per dare quella nota romantica alla narrazione. Succede in Scrubs, in Grey’s Anatomy e non poteva mancare nella serie “The Good Doctor”. Disponibile su Netflix, non apporta nulla di nuovo nel panorama della serialità, però un dettaglio ha catturato il nostro interesse: il concetto di disabilità. È una serie nata da David Shore ed è basata sulla serie tv sud Coreana Good Doctor. In questo articolo parliamo di ciò che accade, nel complesso, nella prima stagione.

Nella serie seguiamo il percorso dello specializzando Shawn Murphy (Freddie Highmore), un giovane ragazzo autistico che sta lavorando come apprendista chirurgo al San Jose, St. Bonaventure Hospital. All’interno dell’ospedale, il futuro chirurgo darà prova della sua intuitività e la sua attenzione ai dettagli il più delle volte gli permetteranno di salvare delle vite. Fin qui nulla di diverso, ma già dalle prime puntate emerge il punto focale del medical drama: sarà un buon chirurgo? I colleghi sin da subito manifestano ostilità nei suoi confronti, per lo più i suoi superiori, non ritenendolo in grado di poter gestire un lavoro così delicato. Lo bistrattano in tutti i modi, fino a quando non si rendono conto di essere animati per lo più da pregiudizi: Shawn è bravo come tutti gli altri. Le sue diagnosi non sono sempre perfette, ma le sue intuizioni spesso aiutano il resto dello staff nel loro lavoro. Superate le prime avversioni tra i colleghi, emerge un altro nodo da sciogliere: il rapporto con i pazienti.

Shawn, soprattutto all’inizio, non mostra il minimo tatto nel trattare con la psiche delle persone, risulta privo del filtro bocca-pensiero, che spesso getta nel panico i pazienti ricoverati. E non è solo questo: in un episodio una famiglia manifesta apertamente i propri dubbi riguardo al chirurgo: per quanto può essere bravo, cosa accadrebbe se Shawn avesse una crisi nel bel mezzo di un intervento? Per la persona sotto i ferri non ci sarebbe nulla da fare. Seppur non condivisibili, i dubbi sono leciti. Shawn è molto bravo nel suo lavoro, passa la sua vita in funzione della medicina, ma sa controllare le proprie emozioni? 

Ha un bagaglio emotivo non da poco e questo suo trauma infantile tende a emergere spesso. Quando era giovane, viveva insieme alla sua famiglia e a un padre violento che, in un raptus di rabbia, gli uccise davanti agli occhi il coniglietto a cui era tanto affezionato. Steve (Dylan Kingwell), suo fratello minore, lo convince a scappare di casa per sottrarsi a una situazione così tossica. I due cominciano a vivere di espedienti e ad andare a scuola come se fosse tutto normale. Shawn è vittima di bullismo da parte dei suoi compagni, che non esitano a picchiarlo e a insultarlo. Steve si dimostra essere il suo angelo custode. Un giorno, però, mentre stanno giocando presso un deposito di treni, il giovane scivola e cade, morendo tragicamente. Per Shawn il colpo è durissimo: non solo ha perso suo fratello, ma anche la sola persona che gli dimostrava un briciolo d’amore. Solo, spaesato, non ha comunque voglia di tornare dalla sua famiglia e viene accudito dal Dottor Glassman (Richard Schiff) sin dalla tenera età di quattordici anni. Sarà poi lo stesso che spingerà il giovane a mettere la sua mente analitica al servizio della medicina, (oltre il trauma di non aver potuto far niente per salvare suo fratello) e lo stesso che farà di tutto perché venga trattato come un normale chirurgo.

Il problema principale della serie risulta la caratterizzazione stessa dei personaggi, perché nessuno sembra “reale”: sono tutti bravissimi e alcuni rapporti interpersonali vengono spesso calcati troppo da sembrare irreali. I colleghi risultano per lo più piatti, senza un vero mutamento costante nel tempo. Anche quando un personaggio viene molestato, non si tratta l’argomento con le dovute accortezze. L’unico motivo per iniziare “The Good Doctor” (che quando uscì l’episodio pilota sulla Rai fece il boom di ascolti) riguarda proprio il suo protagonista.

Freddie Highmore si è calato perfettamente nella parte del personaggio autistico, tanto che i suoi tic, il suo modo di rapportarsi al mondo appaiono quanto più reali possibile. Molti si sono domandati, infatti, se l’Highmore fosse davvero affetto dallo spettro autistico, ma la risposta è: no. È semplicemente molto bravo nel suo ruolo. Ma lo avevamo già conosciuto in passato, infatti è stato Charlie Bucket ne “La Fabbrica di cioccolato” accanto a Johnny Depp e anche Norman Bates in “Bates Motel”.

E voi cosa ne pensate di “The Good Doctor”?

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