venerdì 22 luglio 2022

#Pensieri: Watching the wheels

Ci sono artisti che hanno letteralmente scritto la colonna sonora della nostra vita, i loro brani hanno suonato nei nostri momenti più importanti, ricordandoci primi amori, amicizie finite, giorni noiosi e lenti tra i banchi di scuola…
Le parole sono come fotografie in grado di riportarci indietro nel tempo, in una sorta di viaggio temporale.

Ma ci sono altri artisti, almeno nel mio caso, che riusciamo a vedere e considerare come migliori amici. Quando penso a John Lennon, per esempio, lo vedo del tutto come migliore amico. Non tanto di quelli a cui puoi confidare tutto – in quel caso è Ringo Starr – , ma quel migliore amico che ti urla in faccia a piena voce tutto quello che pensa su di te. Il tuo specchio, insomma.
Astrologicamente parlando sono molto simile a John Lennon, difatti mi è sempre risultato difficile difenderlo, accusarlo o idolatrarlo. Quando vedo John, vedo me stessa, tanto che se in molti si rivolgono a Santi o famigliari defunti per aiutarli nel quotidiano, beh, io mi rivolgo a John e George Harrison.

Questa introduzione per me è fondamentale per due aspetti: il primo è che le persone più scettiche o superficiali hanno già smesso di leggere. Il secondo è che parlerò di “Watching the wheels” come l’ascolto sempre: pensando che sia John stesso a parlarmi, a dirmi che ciò che io ho passato, lui l’ha affrontato prima di me. In effetti il brano è presente in ogni mia playlist, ma sappiate che mi capita veramente raramente. O meglio: mi capita quando John ha un messaggio per me.
Questo articolo lo sto scrivendo nei giorni in cui sono in “ferie” da 4Muses. Ho molti articoli in magazzino e le altre quasi mi hanno imposto di non scrivere più, ebbene, non riesco a stare senza fare niente, e in queste due settimane mi ha sempre ronzato l’idea di scrivere di questa canzone. Perché? Non lo so, forse lo capirò a fine articolo. 

Attenzione: “wheels” in inglese significa “ruote”, ma anche “ingranaggi”. Nella traduzione utilizzo quest’ultimo termine perché è più vicino al mio senso personale della canzone. 

“People say I’m crazy
(la gente dice che sono pazzo)
Doing what I’m doing
(a fare quello che sto facendo)
well, they give me all kinds of warnings
(beh, mi danno tutti i tipi di avvertimenti)
to save me from ruin.
(per salvarmi dalla rovina.)
When I say that I’m okay, well they look at me kinda strange
(Quando dico che sto bene, beh, mi guardano in modo piuttosto strano)
‘Surely, you’re not happy now, you no longer play the game.’
(‘Di sicuro ora non sei felice, non giochi più al gioco.)”


Non parlerò della canzone di per sé, né in quale album è contenuta, né ancora di cosa stava passando John in quel momento; per tutto questo esiste Wikipedia.
Questa canzone ha fatto parte della mia adolescenza, quando nei giorni d’estate passavo il tempo a tradurre i testi in inglese armata di dizionario e modi di dire che avevo appresso da amicizie madrelingua. All’epoca non c’era Google, e la connessione Internet era a pagamento, pure bello caro. Insomma, ciò che facevo era sì un modo per passare il tempo, ma anche per approcciarmi alla lingua inglese, obbligatoria da studiare.
Bene, ricordo ancora la sensazione di gelo di questi primi versi. Non ricordo la mia età, più o meno stiamo tra i tredici, quattordici anni. Sono sempre stata, fin da bambina, attratta da tutto ciò che è occulto. Ho sempre amato “filosofeggiare”, scavare nell’animo delle persone. Non mi è mai interessato parlare di argomenti superficiali, quali: relazioni, lavoro, casa… tuttora li considero una perdita di tempo non indifferente. Se adesso ho imparato a essere selettiva e circondarmi solo di persone che riescono a stare dietro ai miei argomenti, all’epoca mi sentivo seriamente ferita quando mi davano della pazza a interessarmi di (cito quasi testualmente, perché dopo diciannove anni è davvero difficile ricordarsi le frasi di altri): “Cose di cui non potrai mai trovare conferma e che molto probabilmente manco esistono”.

Ricordo ancora i: “Stai attenta”, quando parlavo delle mie visioni, o quando effettivamente amavo passare del tempo a parlare con Dio. Mentre sto mettendo per iscritto il tutto, ho davanti a me la me ragazzina che ha il terrore di esprimersi per non risultare del tutto fuori di testa. Ed è vero, probabilmente passare il tempo in camera, o anche solo a passeggiare da sola parlando mentalmente con qualcuno, può dare l’impressione che non “stia giocando il gioco”, (farò anche un articolo sul significato occulto di “All you need is love” per la spiegazione approfondita di questa frase, nel frattempo nella sua superficie è già presente nel capitolo omonimo di Penny Lane) ma nessuno si è mai chiesto se semplicemente avessi bisogno dell’introspezione per capire cosa fare? Se avessi bisogno di guardarmi dentro, parlare con me stessa, rendermi sicura, prima di procedere? È davvero un male? È davvero da pazzi?
“People say I’m lazy
(la gente dice che sono pigro)
dreaming my life away
(che passo la mia vita a sognare)
well, they give me all kinds of advice
(beh, mi danno tutti i tipi di consigli)
designed to enlighten me.
(studiati per illuminarmi.)
When I tell them that I’m doing fine watching shadows on the wall
(Quando dico a loro che mi va bene guardare le ombre sul muro)
‘Don’t you miss the big time boy, you’re no longer on the ball?’
‘Non ti manca stare alla grande, ragazzo, non sei più totalmente concentrato’”


Non è un caso se questa canzone mi sia tornata in mente in queste due settimane, soprattutto dopo aver parlato con teologi di filosofia, di volontà divina e umana. È vero, durante la mia adolescenza ho passato la depressione, mi sentivo come se dovessi fermarmi per mandare avanti il mondo (lo spiego meglio nell’articolo: “La forza della vita”), ma mi rendo conto, in realtà, che quegli anni che nei miei ricordi assumono uno sfondo blu notte erano più che necessari per arrivare a oggi.

Non stavo perdendo tempo, né ero pigra o poco concentrata su di me, al contrario. Stavo scavando nel mio interno, per cercare di tirare fuori quei demoni che mi avrebbero poi terrorizzata nel lockdown 2020, e che adesso sto trasformando in angeli. Osservavo la realtà, le persone, come ombre sui muri per arrivare a parti di me che non sapevo di possedere. Mi sono avvicinata a relazioni tossiche proprio per capire cosa fosse in realtà l’amore.

E sì, avevo persone che provavano a tirarmi su, a darmi tutti i consigli più puri e genuini, ma la verità è che per risalire la superficie bisogna toccare il fondo. Bisogna scavare il proprio inferno, mettersi faccia a faccia con la maschera di Satana stesso. E sapete cosa? Ringrazio davvero me stessa per aver cominciato a percorrere il mio personale inferno proprio a tredici anni, senza nessun Maestro spirituale o guida. Farlo in completa solitudine mi ha dato la possibilità di creare collegamenti, di darmi oggi il coraggio necessario anche solo per dire: “O 4Muses, o niente”. So quanto valgo, so cosa posso fare, proprio per tutti gli anni di solitudine voluta.

“I’m just sitting here watching the wheels go round and round
(Sono solo seduto qui a vedere gli ingranaggi girare e girare)
I really love to watch them roll.
(amo davvero guardarli ruotare.)
No longer riding on the merry-go-round
(Non sono più sulla giostra)
I just had to let it go.
(dovevo solo lasciare andare.)”


Avevo totalmente rimosso questa canzone fino al 26 gennaio 2021, quando ho avuto una visione: ero su una pedana che girava molto lentamente. Attorno a me potevo osservare la mia realtà: Roma, i vicoli, le case, le persone… Una voce mi parlava, dicendo: “Ecco, vedi? Giorno dopo giorno tu vedi nuove cose, hai l’illusione che tutto scorra.” A giro completo, la voce aggiunse: “Quando un ciclo è finito, ne inizia un altro ma è lo stesso. Lo vedi diverso come ti sembrano diversi i vicoli di Roma alla luce del tramonto. A volte è mezzogiorno e sei serena, altre volte è mezzanotte e al buio ti senti persa. Ma è sempre lo stesso vicolo. Alcuni capiscono che nulla scorre. Lo sfondo è fisso, tu sei fissa. Non puoi andare dietro o perderesti l’equilibrio, non puoi andare avanti o ti perderesti un dettaglio. Allora, i più coraggiosi scendono dalla pedana e scoprono che tutto è fermo.

Non vi preoccupate, non sono così ossessionata da ricordare ogni parola, è che ho mandato questa visione al mio gruppo spirituale e ho semplicemente recuperato il messaggio.     
Comunque, John era di certo tra quei più coraggiosi, perché aveva smesso di stare sulla giostra che gira. La osservava, come un genitore osserva il figlio girare sulla giostra dei cavalli. E ragazzi, è davvero meraviglioso guardare “la giostra” girare.

Non faccio ancora parte di quei coraggiosi, ma quando a gennaio 2021 ho scoperto “Watching the wheels” nel suo vero significato, mi sono resa conto che dovevo lasciare andare più identificazioni possibili. Vivere giorno per giorno, come mi ripete Silvia. Lasciare andare, però, non vuol dire fregarsene totalmente del prossimo, o giudicarlo, al contrario. Vuol dire provare quella sensazione di amore incondizionato, di vera gioia quando osservi chi sulla giostra vuole rimanere. Perché anche se la vita può sembrare spaventosa, effettivamente: “Nobody queues for a flat roller coaster” (“Nessuno fa la fila per delle montagne russe piatte”). La vita è bella proprio per tutti gli alti e bassi che ha.

Stare sulla giostra è molto divertente, ecco perché la gente ti dà del pazzo quando vede che scendi. Ecco perché vogliono che tu risalga. Personalmente parlando, però, è molto più divertente decidere se salire o meno, o quando farlo, ma questo è un altro discorso.

“Ah, people asking questions
(Ah, la gente fa domande)
lost in confusion
(perse nella confusione)
well, I tell them there’s no problem
(beh, io dico a loro che non c’è nessun problema)
only solution
(solo soluzioni)
well, they shake their heads and they look at me, as if I’ve lost my mind
(beh, loro scuotono la testa e mi guardano come se avessi perso la ragione)
I tell them there’s no hurry, I’m just sitting here doing time”
(dico che non c’è fretta, sto solo qui a scontare la pena.)’


Chi mi conosce ed era un po’ scettico sul mio sentirmi John Lennon, ora sa effettivamente quanto avessi ragione. I miei amici sanno molto bene come mi senta imprigionata sul pianeta Terra. Mi sento come un’anima ribelle che è stata mandata qui proprio per “punizione” e per comprendere che la natura umana non è poi tanto male. Esattamente come John, quando davanti alle paranoie degli altri risponde con: “Non esistono problemi, solo soluzioni”. Ma perché non lo vediamo?

Posso dare l’immagine di chi va in ansia per tutto, e soffrendo di DAG (Disturbo d’Ansia Generalizzata) è totalmente vero. Ma so che ho fatto mie le identificazioni con i problemi materiali. Mi sono convinta che la giostra su cui stiamo sia l’unica, vera realtà, quando effettivamente: “Nulla è reale”.

E nonostante io vada in ansia veramente per qualsiasi cosa, quando cerco aiuto, ascolto ciò che gli altri mi dicono e mi calmo. Ecco perché io per prima smetto di dare aiuto quando la gente non vuole ascoltare i miei consigli e scuote la testa come se fossi io quella anormale. Ma quanto ci piace crogiolarci nei nostri problemi? Nasconderci dietro un ruolo che ci siamo imposti per poter vivere e mantenere il nostro posto nella giostra?

Scendere presuppone coraggio, voglia di libertà, essere totalmente ribelli. Vi dirò, ecco il perché di questo Pensieri: penso nasca come ogni canzone di John Lennon, dalla voglia di unire tutti i sognatori, tutti quelli che possono capire le nostre parole. Non siamo soli e di certo non siamo in pochi.

“I’m just sitting here watching the wheels go round and round
(sono solo seduto qui a vedere gli ingranaggi girare e girare)
I really love to watch them roll.
(amo davvero guardarli ruotare.)
No longer riding on the merry-go-round
(Non sono più sulla giostra)
I just had to let it go.
(dovevo solo lasciare andare.)
I just had to let it go.
(dovevo solo lasciare andare.)
I just had to let it go
(dovevo solo lasciare andare.)”

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