giovedì 24 novembre 2022

#Musica: Lo spazzacamino

Oggi parleremo di uno dei pezzi storici di Rancore, “Lo spazzacamino”, il primo inciso in collaborazione con Dj Myke. Il brano è infatti presente nell’album di Dj Myke “Hocus Pocus”, e Rancore risulta come artista partecipante.

Ovviamente, come per le descrizioni di altre canzoni presenti sul blog, quella che segue è una nostra personale interpretazione del brano. 


Ma andiamo oltre questa breve introduzione e addentriamoci subito nell’ascolto di questa canzone dai tratti esoterici.

“A destra è tutto nero, tutto nero, tutto nero
A sinistra è tutto nero, tutto nero, tutto nero
In fondo a questo buio c’è una luce è vero
Ma dietro è tutto nero, tutto nero, tutto nero”

Il brano si apre con una metafora spaziale, una descrizione cupa dell’oscurità in cui tutti siamo immersi. La luce sul fondo non basta per dissipare la tenebra che ci attanaglia.

Successivamente Rancore descrive una serie di convinzioni, di visioni del mondo, costruite per condizionarci fin da piccoli. Descrive tali credenze con un’anafora (la ripetizione di una sequenza di parole all’inizio dei versi).

Ne riportiamo alcune:

“Da piccolo mi dissero che il bene non è il male
Da piccolo mi dissero che va all’inferno chi c’ha sempre fame
E in paradiso chi non ha mai avuto il pane”

Nei versi sopracitati, per esempio, è subito chiara una visione di un mondo rigido e inflessibile che divide il bianco dal nero, il giusto dallo sbagliato.

“In un modo si parla, in un altro si razzola
Che l’anima è un camino da pulire co’ una spazzola
Ammassala la polvere in un angolo
E bisogna essere forti perché i maschi non piangono”

Queste parole, dal potente valore espressivo e poetico, rivelano la metafora dello spazzacamino. L’esperienza che facciamo in questo mondo crea modi di agire e convinzioni che accumuliamo e che fanno da scudo al nostro ego. Tutto ciò non è altro che “polvere”. Il lavoro dello spazzacamino è liberarsene, riconoscere e lavare via questa tenebra dalla propria anima.

“A volte con la testa mia ci parlo
A volte questo buio mi sforzo ad osservarlo
A volte questo freddo ghiaccia tutto a zero gradi
E se raggiungi il tuo livello sempre a zero cadi”

In questi versi si ribadisce l’importanza di guardare dentro il buio, di uscire dagli schemi mentali e dalla comfort zone: l’ultimo verso si riferisce proprio alla necessità di spingersi oltre se stessi e oltre il proprio ego.

Una volta fuori da tali costrizioni, potremmo sentirci fragili tra le intemperie, ma è attraverso questo atto che ritroviamo la condizione della nostra anima, come rappresentata da Rancore nella frase “io esco con la pioggia, mi fa sentire vetro”.

Il vetro indica la fragilità e la trasparenza dell’anima che ritrova la sua essenza attraverso la “pioggia” situata al di fuori dei nostri limiti mentali e al di fuori delle abitudini.

“Più penso che sia giusto, più faccio lo sbagliato
È un peccato da assolvere, è un patto con la polvere”

In fondo, cos’è giusto ? Cos’è sbagliato? Il “patto con la polvere” può riferirsi a tutte le volte che agiamo per ego, magari guidati dalla paura e dai meccanismi di difesa.

“La strada è strada e nulla puoi risolvere
Diventa grande, abbandona il sangue, c’hai le gambe?
Allora inizia a correre contro il temporale e il mare mosso”

Sfidare il mondo esterno diviene un imperativo imposto e mosso dall’esperienza: questa, una volta cristallizzata, rischia di frantumarsi generando sfide anche titaniche che siamo tenuti ad affrontare. “La strada è strada” è una tautologia retorica che indica la condizione di essere nella vita e nell’esperienza, il percorso che ognuno di noi è tenuto ad affrontare. “Diventare grande”, “abbandonare il sangue” e “iniziare a correre” sono tutti concetti riferiti al superamento dell’esperienza attraverso l’esperienza. Sono versi che si riferiscono all’atto di abbandonare quei sedimenti esperienziali che ci impediscono di affrontare le imprese che s’impongono dinnanzi a noi.

“A Natale lo spazzacamino avrà un regalo grosso
Se quando scenderà babbo natale dal camino
Noterà pulito il suo vestito nuovo e rosso”.

Questa appena evocata è un’immagine dal potente impatto metaforico e religioso. Una volta liberata la nostra anima dalla polvere, dopo “il temporale e il mare mosso”, dopo aver oltrepassato l'esperienza, possiamo ricevere la nostra gratificazione. E non sarà forse un caso che in questi versi la metafora della Morte coincida proprio con il Natale, proprio per indicare una nuova rinascita oltre la polvere che per lungo tempo ci ha imprigionati. Badate bene che “Morte” non dobbiamo intenderla solo nel senso fisico del termine, ma anche nel senso metaforico di fine e nuovo inizio, come una liberazione di ciò che siamo realmente, il “diventa ciò che sei” di cui parlava Nietzsche.

Sono anche presenti i riferimenti al divino, questo viene presentato per certi versi poco presente, mentre per altri l’ultima speranza di redenzione.


Dio dimmi dove sei, troppo lontano dai problemi miei
Se io non li avvicino
Oggi sceglierò le spazzole proprio a puntino
E sin da piccolo sono il mio piccolo spazzacamino

Questi versi possono indicare una figura assente, o anche più metaforicamente, la possibilità di affrontare le proprie paure, i propri “problemi” solamente avvicinandoli. Solo nel momento in cui smettiamo di scappare dalle nostre paure, appunto “le avviciniamo”, possiamo sentire quasi una forza ultraterrena che permette di fronteggiarle.

Più dico che all’immagine di Dio non ci credo
Più trasparente e fragile mi sento solo e prego

Qui e nei versi prima citati, “Dio” può essere anche riferito all’atto di credere a una forza esterna che in realtà si alimenta all’interno di ciascuno di noi. Il “pregare” è anche un modo per mettersi in contatto con la propria anima, celata dietro l’identificazione superficiale con il nostro ego.

Consideriamo ora la strumentale che consolida l’impatto poetico del testo. La musica di Dj Myke evoca un’atmosfera vittoriana magica e onirica, sembra che accompagni nel metafisico le parole di Rancore, ma allo stesso tempo trascina il metafisico nel reale. La commistione insolita di sonorità è un esperimento ben riuscito, gli archi si sposano perfettamente con la batteria, il susseguirsi del ritmo e dell'armonia crea una drammatica sensazione di ascesa e caduta, come se indicasse il dispiegarsi di una forza che non appartiene interamente di questo mondo.

Testo e musica evocano sensazioni simili al componimento da cui la canzone è probabilmente parzialmente ispirata. Ci riferiamo qui alla meravigliosa poesia di William Blake dall’omonimo titolo, presente nella raccolta “Songs of innocence”.

Abbiamo finito la nostra analisi, ora armiamoci di spazzole e iniziamo a pulire il camino.

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