mercoledì 30 novembre 2022

#Pensieri: It's my life

Da buona fan del rock, in ogni mia playlist non posso di certo far mancare i Bon Jovi.

Nel 2000 il gruppo fa uscire il singolo: “It’s my life”, che li fa tornare in auge anche per le nuove generazioni, per lo più europee. Il successo fu così popolare tanto che il ritornello ha risuonato su tutte le radio per i primissimi anni del Duemila.

A metà ottobre, mentre ero seduta su una panchina di un parco pubblico di Roma, mi sono imbattuta in molteplici stormi di rondini che migravano verso sud. Mi sono chiesta: “Loro sanno a cosa andranno incontro? Fame, stanchezza, pericoli… lo sanno? Ma davvero mi interessa saperlo? Lo sanno o non lo sanno, non cambia il fatto che attraversano metà del nostro Pianeta per continuare a vivere.” È come se avessero un sentore, una voce che dicesse loro: “Ecco, è il momento, parti”. Ed è lì che la mia mente mi ha riportata alla canzone. 

This ain't a song for the broken-hearted.
(questa non è una canzone per i cuori infranti)
No silent prayer for faith-departed.
(Non è una preghiera silenziosa per chi ha perso la fede.)

And I ain't gonna be just a face in the crowd.
(E non sarò solo una facia nella folla.)
You're gonna hear my voice when I shout it out loud...
(Sentirete la mia voce quando la farò uscire urlando...)

Partiamo subito sfatando un mito, forse perpetuato da una generazione più critica nei confronti della nuova: l’atto di ribellione che vuole far passare il brano non viene da una tristezza, o da chi ha smarrito la via. In un certo senso viene da chi sa esattamente chi è e quello che vuole fare.

A face in the crowd” è un modo di dire anglofono a indicare una persona che si sente anonima, non importante, quindi decisamente la voce che ci guida sa bene che si sta distinguendo da una massa dormiente, tanto che sembra quasi voglia minacciare gli assonnati urlando a gran voce quello che ha da dire, per scuoterli dal torpore del sonno. Anche l’intro ci riporta a un tentativo di sveglia.

Questa prima strofa mi ha sempre entusiasmata, perché ho visto troppo spesso la generazione passata provare a smorzare la scintilla dei desideri espressi dai ragazzi. Mi sono sempre chiesta come sia possibile avere così tanto sadismo da voler sminuire chi ha il coraggio di fare quello che vuole, e da una parte ancora me lo chiedo, anche se so che viene da una terribile paura di vivere.

It's my life
(È la mia vita)
it's now or never
(è ora o mai più)
but I ain't gonna live forever
(ma non vivrò per sempre)
I just want to live while I'm alive.
(voglio solo vivere mentre sono vivo.)
It's my life
(È la mia vita)
my heart is like an open highway
(il mio cuore è come un’autostrada aperta)
Like Frankie said, "I did it my way"
(Come Frankie disse, “Ho fatto a modo mio”)
I just want to live while I'm alive.
(Voglio solo vivere mentre sono vivo.)
It's my life.
(È la mia vita.)

E in effetti è proprio questo il senso di tutto: questa esperienza di vita non sarà eterna. Abbiamo tutti una data di scadenza e il trucco è proprio vivere mentre stiamo vivendo. Fare quello che vogliamo fare, nel momento in cui vogliamo fare. È tutto un: “o ora, o mai più” e l’ho capito più che mai prendendo proprio la strada dell’arte, un percorso fatto di molteplici opportunità che vanno colte, senza attendere il “poi lo faccio”, perché quel poi potrebbe non esserci, o potrebbe essere carico di molto altro.
Per non parlare dell’ispirazione, quella tanto amata quanto odiata energia che ti impone tabelle di marcia a suo piacimento, fregandosene dei tuoi impegni o della tua volontà. È così: la vita dell’artista è una vocazione dove l’Io non esiste più e stai sotto una volontà più alta.

Siamo autostrade aperte, appunto, dove tutto scorre, tutto va e tutto viene. Non abbiamo il controllo su nulla se non su noi stessi. Accogliamo ciò che viene esattamente come accogliamo ciò che va, mentre siamo ancora in movimento.
L’importante, nella vita, è scorrere. Prendiamo un bicchiere d’acqua limpida: per quanto possa essere pura, col tempo diventerà stagnante, si riempirà di sporcizia e di insetti morti. L’acqua, per mantenersi trasparente ha bisogno di fluire il più possibile.

Frank Sinatra era morto da appena due anni quando il brano venne pubblicato, e la citazione a “My way” è più che ovvia. Prima nel brano di Frank, ora nella canzone dei Bon Jovi, abbiamo l’importanza del fare le cose a modo nostro.
Non è importante cosa facciamo, quando lo facciamo o perché lo facciamo. L’importante è che sia a modo nostro, originale, non fatto perché gli altri si aspettano questo da noi.

Tornando all’immagine precedente, non dobbiamo essere quella faccia nella folla che ci rende anonimi. Spiccare, anche se non dobbiamo fare dell’uscita del coro il nostro motivo di vita.

Yeah, this is for the ones who stood their ground,
(Yeah, questa è per quelli che hanno resistito,)
for Tommy and Gina, who never backed down.
(per Tommy e Gina che non si sono mai tirati indietro)

Tomorrow's getting harder, make no mistake
(Il domani sarà sempre più difficile, non fare nessun errore)
luck ain't even lucky, got to make your own breaks.
(neanche la fortuna è fortunata, devi cavartela da solo.)

Better stand tall when they're calling you out,
(È meglio stare in piedi quando ti chiamano,)
don't bend, don't break, baby, don't back down.
(non piegarti, non spezzarti, tesoro, non tirarti indietro.)

Tommy e Gina è un riferimento a “Livin’ on a prayer”, (brano dei Bon Jovi del 1986) dove i due protagonisti affrontano la vita di tutti i giorni affidandosi alla preghiera (il titolo della canzone vuol dire proprio: “vivere una preghiera”). Sperano in un futuro migliore, nella loro stabilità economica e di coppia, ma allo stesso tempo non bramano l’arrivo dei loro obiettivi, sapendo che prima o poi ce la faranno.

Il brano è, quindi, per tutti quelli che come loro hanno resistito, sono andati avanti, non hanno mai perso la speranza e la fede in qualcosa, fosse anche se stessi.     
Affidarsi al fato, alla preghiera, non è uguale al senso di affidarsi alla fortuna, perché essa è cieca di natura, e come si dice qui: “neanche la fortuna è fortunata”. Bisogna che ci affidiamo su noi stessi, su quello che davvero vogliamo.

Tornando all’immagine delle rondini, a chi si affidano loro? Non hanno il gps, non hanno un calendario, né un motore di ricerca che dica loro quando è il caso di mettersi in viaggio. Alcune sbaglieranno strada, ma l’errore più tragico sarebbe stato quello di rimanere. Non avrebbero potuto affrontare il freddo, il volo è comunque un tentativo di salvezza.

Anche noi, quando vogliamo fare il salto nel vuoto non abbiamo la certezza che funzioni, eppure non ci accorgiamo che rimanere fermi a fissare il burrone è la vera morte.
Cadere è normale, fa parte del nostro viaggio umano per le strade della vita dove tutto ciò che dobbiamo apprendere è come rialzarci, ma ricordiamoci che ci spezziamo solo se rimaniamo fermi a guardare il passato, a chiederci se sia il caso o meno di fare il passo avanti.

It's my life
(È la mia vita)
And it's now or never.
(ed è ora o mai più.)

Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?Matteo 6:26

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