martedì 1 novembre 2022

#Racconti: Il giardino infinito

Un giardino immenso si staglia davanti ai suoi occhi, sembra lo scenario di una fiaba. Oltre il cancello, una distesa di fiori e alberi delinea i ciottoli del sentiero illuminato dal sole.

Un senso di pace e un senso di smarrimento, sentimenti contrastanti che si fanno strada nei pensieri fino a dominarli.

Dietro di lui solo nebbia, e nella nebbia ha camminato per lungo tempo. Erano ore che attraversava il nulla, senza vedere niente e con la sensazione di procedere a vuoto.

Passare attraverso quella foschia è stato per lui molto stancante, ma sente di aver recuperato ogni forza ora che ha visto quel giardino oltre il cancello spalancato.

Egli tira un sospiro di sollievo e s’incammina presso il sentiero. Sembra che sia stato messo lì proprio per lui, sembra che tutto qui rispecchi il suo senso di ordine e di pace.

Cielo azzurro e nuvole rosee, l’erba rigogliosa brilla come se fosse fatta di smeraldo, fiori di ogni colore che sembrano piccole perle disseminate lungo via, querce sporadiche invitano al riposo sotto la loro ombra.

E in questo momento pensa proprio che un attimo di pausa è ciò che serve, si avvicina alla quercia, si siede poggiando la schiena sull’albero e si abbandona al sonno…

???: "Svegliati".

Una voce lo ho scosso, ma egli prova a rispondere nel suo stato di dormiveglia, con gli occhi ancora chiusi.

Lui: "Mi sono fermato solo un attimo, volevo riposare qualche ora".

???: "Qualche ora ? Curiosa la tua concezione del tempo, sei qui a dormire da una settimana".

Incredulo a sentire queste parole, egli apre di colpo gli occhi e vede dinanzi a sé una figura tetra, indossa una tunica nera con cappuccio, il volto è in gran parte coperto. Sembra la morte, forse è proprio la morte. Ma lui non prova nessuna paura a vedere questa immagine, piuttosto è scosso per aver dormito così tanto.

Lui: "Una settimana… Com’è possibile?"

???: "Hai avuto una vita difficile, non è vero?"

Lui: "Non lo so, non ricordo niente prima della nebbia lì fuori".

???: "E va bene anche così, ma sappi che dovrai tornare".

Lui: "Tornare… e perché? Perché vieni qui a cacciarmi?"

???: "Non sono io che ti caccio, sei tu che non riesci ancora a star qui. In fondo a questo sentiero si trova un castello, ma tu non riesci a raggiungerlo, nemmeno riesci a vederlo".

Lui: "Aiutami tu, piuttosto che mandarmi via".

???: "Non posso aiutarti, sei tu che devi fare esperienza per poter vedere e per riuscire a restare sveglio senza che io ti debba destare".

Lui: "Che esperienza posso mai fare nella nebbia?"

???: "Non devi farla nella nebbia, ma nel mondo delle cose fisiche. In realtà, quella che tu chiami nebbia è la linea di separazione fra questo mondo e il mondo materiale".

Lui: "Presumo di esser morto, lo sospettavo. Non ricordo nulla, ma non vorrei tornarci vivo".

???: "Fai così ogni volta, non hai mai paura di morire in vita, ma hai timore di tornare dalla morte. Forse devi districare qualche nodo".

Lui: "...hai detto ogni volta?"

Di colpo svanisce tutto, sente il suo letto sotto di sé e un rumore assordante: un tuono lo ha svegliato da quello che sembrava essere un sogno.

Un lampo illumina brevemente la sua stanza nella notte, gli fa strano sentirla così familiare nonostante ormai ci viva da molti anni. Possibile sia stato solo un sogno?

Sicuramente egli ha voglia di rivedere il cielo terso, ormai qui piove da giorni, e non sembra voler smettere. Forse per questo ha immaginato quel cielo così limpido nel sogno, ma il resto?

Si sente confuso, sente che ciò che ha appena visto possa essere in realtà un ricordo.

Un ricordo precedente a tutti quelli che ha raccolto in questa vita. Esistono sono anche ricordi precedenti a quella nebbia?

Fuori è ancora notte e imperversa il temporale, ma lui sente il bisogno di prendere aria.

Pensa di aprire solo la porta di ingresso e di rimanere coperto tra l’entrata e il cortile. Così può evitare di inzupparsi e allo stesso tempo vincere la sensazione di asfissia che sta provando dentro casa.

Apre la porta e guarda la pioggia che cade violenta. Si sente stranamente rilassato nel vedere la pioggia ora. Osserva il cortile e il cancello in fondo per un paio di minuti, quasi ipnotizzato.

Tutto d’un tratto, egli avverte un breve ma intenso dolore al petto, mentre i suoi sensi svaniscono lentamente. Il dolore si è concluso, ma i sensi continuano ad assopirsi, come se nella pioggia stessero annegando. Stavolta non si perderà nella nebbia.

"La pioggia cade dal cortile dorato

portando con sé un’ombra sospesa

per elidere l’ingombrante passato,

per liberare la mia anima lesa.



Lava via i miei ricordi di nuovo,

così potrò rinascere senza peso,

e scorgerò in questo grande rovo

la rosa sublime che ho tanto atteso.



La tua mano sul mio cuore stanco:

lo sguardo si spegne e si fa nero,

sopisce il mondo e il suo manto…

Ma io ho iniziato a vedere davvero".

(Gianluca Boncaldo, "L'ombra della pioggia")


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