sabato 2 aprile 2022

#Comicità: Hannah Gadsby - Nanette

Non abbiamo ben capito che problema ha Netflix con gli spettacoli comici che in realtà non sono spettacoli comici perché fanno piangere a dirotto, davvero.

Dopo Bo Burnham e il suo “Inside” credevamo che fosse finita e invece no, tra i “consigliati per te” ci è capitato “Hannah Gadsby - Nanette”, spettacolo che nel 2017 ha sancito il debutto ufficiale della stand-up comedian tasmana in tutto il mondo.
Uscito nel 2018 su Netflix, “Nanette” è stato diretto da Madeleine Parry e John Olb e interpretato dalla allora trentanovenne (o quarantenne, ma non possiamo dirlo con certezza perché non conosciamo il giorno e il mese della sua nascita) Hannah Gadsby al Teatro dell’Opera di Sidney.

Noi in questo articolo proveremo a parlarne nel modo più chiaro possibile, ma vi consigliamo vivamente di guardare lo spettacolo: è di una potenza indescrivibile, e tra l’altro dura poco più di un’ora.
Hannah lo sa già, la sua presenza può essere considerata controversa sotto numerosi punti di vista: nonostante si identifichi come donna il suo aspetto è mascolino (ripete più volte di essere stata scambiata per un uomo un numero indefinito di volte), è lesbica, autistica, soffre di ADHD ed è una comica donna (in molti ancora non riescono a concepire che anche le donne possano fare comicità) sulla soglia dei quaranta. Sfondare nel mondo della stand-up comedy sulla soglia dei quaranta e dopo undici anni di carriera passata nell'anonimato non è di certo facile, soprattutto se quel mondo pullula di giovani comici già incredibilmente capaci.

“Non penso di essere molto brava ad essere gay, non sono l’unica a pensarlo. Ultimamente sto ricevendo feedback negativi dalla mia gente, le lesbiche. Un po’ di feedback negativi, sapete quanto piace alla mia gente dare feedback? Non sono timide, non si tirano indietro”

Hannah è una donna che si sente inadeguata anche all’interno della stessa comunità LGBTQ+; ha sempre visto la sua gente andare al Mardi Gras, manifestare, fare festa ed essere appariscente, mentre la sua anima pacata rimane lì all’angolo a guardare il tutto e a chiedersi dove sono finiti i gay tranquilli. E infatti come ci verrà raccontato anche la sua stessa comunità fatica ad accettarla appieno.
Ma allora, se fallisce sotto tutti i punti di vista, sarà brava in qualcosa? Sì, anche se è circondata da comici giovani e anche molto bravi, sa molto bene di saper fare il suo lavoro e non si nasconde dietro a una fastidiosa finta umiltà vista e rivista, ha padroneggiato una delle cose fondamentali ma più difficili del suo lavoro: i tempi comici.
E in particolare, il creare tensione in chi la ascolta per poi successivamente rilasciarla con una battuta per far ridere l’interlocutore; l’ha padroneggiato fin dall’infanzia, quando ha capito che la sua stessa presenza crea tensione e si sa che l’essere umano c’ha da campà, e per campare sviluppa una serie di tecniche di sopravvivenza. Questa è la sua.

Il punto però è che Hannah è stanca di fare comicità e si sente inadeguata anche nel mondo della comicità, per un motivo molto semplice: in un mondo in cui l’equazione è “comicità=autoironia” lei si è resa conto che non le va più bene… non perché l’autoironia sia sbagliata, ma perché – citando le sue parole – l’autoironia quando sei già marginalizzata non è sinonimo di umiltà, ma di umiliazione; riuscire a parlare di se stessi solo umiliandosi è profondamente sbagliato e (lei non lo dice apertamente ma il messaggio che passa è ben chiaro) grazie al cavolo che con queste premesse anche la sua stessa gente è arrabbiata e insoddisfatta.


E poi dice una delle cose più belle che le nostre orecchie abbiano mai sentito: c’è fin troppa isteria riguardo l’identità di genere da parte delle persone cisgender.
È vero, e con il rischio di sembrare ottuse ammettiamo che spesso siamo le prime ad esserlo, isteriche. Siamo quattro donne cisgender e molto spesso siamo le prime a parlarne e a discuterne, ma ammettiamo (in questo articolo per la prima volta) che dovremmo semplicemente chiudere la bocca: che diritto abbiamo noi che non abbiamo nemmeno una volta nella nostra vita messo in discussione la nostra identità di genere sindacare su quello che crediamo sia giusto e sbagliato? Nessuno, non abbiamo nessun diritto, possiamo – e dobbiamo – semplicemente stare zitte e ascoltare, anche se non capiamo molte cose. Anche perché diciamolo, siamo le prime che zittiscono quando qualcuno inizia a sindacare su cose che non conosce ma che a noi toccano in prima persona.
E poi come dice anche lei, l’abbiamo capito che siamo tutti dalla stessa parte? L’abbiamo capito che gli uomini e le donne hanno molte più cose in comune di quante non ne hanno? E la risposta è no, non l’abbiamo capito, e non l’abbiamo capito perché ci concentriamo sempre e solo sulle differenze e mai sui punti in comune. Non è vero che gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere.

“Una battuta è fatta di due cose che lavorano insieme: un inizio e una battuta forte. Essenzialmente è una domanda con una risposta sorprendente, ma in questo contesto una battuta non è altro che una domanda che io ho inseminato artificialmente. Tensione, è il mio lavoro. Suscito tensione per poi farvi ridere e dire: «grazie, mi sentivo un po’ teso». Sono stata io a farvi sentire tesi”

Ecco, più o meno da questa spiegazione Hannah smetterà gradualmente di allentare la tensione, che crescerà esponenzialmente, e non solo nel pubblico ma anche in lei, che inizierà ad alzare la voce, si arrabbierà sempre di più e, alla fine, inizierà a piangere.
Da questo momento inizierà anche a svelare sempre di più la vera natura di molte delle battute fatte nella prima metà del suo spettacolo: il tizio alla fermata dell’autobus che si è accorto che lei ci stava provando con la fidanzata e che l’ha lasciata perdere solo perché è una donna, in realtà l’ha pestata di botte tanto che Hannah sarebbe dovuta andare all’ospedale (ma non ci è mai andata perché pensava di meritarsi la violenza), sua madre che a seguito del suo coming out ha avuto da dire semplicemente una battuta, in realtà pregava affinché Hannah non scoprisse mai la sua sessualità, e il coming out mai avvenuto con la nonna non è stato causato dalla mancata opportunità ma dal fatto che lei si vergogna totalmente di quello che è.

E questo perché Hannah sarà anche lesbica, ma era anche profondamente omofoba.
Immaginate a dirlo in un teatro con quasi settemila posti, tutti pieni.

“Questa tensione è vostra, io non vi aiuto più. Dovete imparare come ci si sente, perché questa tensione è quello che gente come me si porta dentro di continuo, perché essere diversi è pericoloso.”

Ah, sì, ci teniamo a specificare che abbiamo parlato solo di alcuni degli argomenti trattati nello spettacolo e ci siamo andate anche leggere. In realtà lo spettacolo tratta molti più argomenti e se in qualsiasi momento della lettura vi convincete che niente di tutto ciò vi riguardi, bene, allora sappiate che a voi riguarda in particolar modo.

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