mercoledì 20 aprile 2022

#TheBeatles: A Hard Day's Night - Il film

Quando abbiamo iniziato a scrivere articoli sui Beatles sapevamo che sarebbe arrivato il momento di parlare anche dei film.

Sì, è vero, vi abbiamo recensito “Nowhere Boy”, ma noi parliamo dei film ufficiali dei Beatles con loro stessi come protagonisti… i film ufficiali, nonostante esistano innumerevoli altre pellicole sui Fab Four che recensiremo piano piano, sono “solo” cinque: “A Hard Day’s Night”, “Help!”, “Magical Mystery Tour”, “Yellow Submarine” e “Let It Be”.

Siamo fan dei Beatles da anni e sappiamo che quello che vi stiamo per dire non è il classico “comportamento da fan” in cui si conosce ogni singolo dettaglio della discografia/filmografia, ma ammettiamo di aver visto per la prima volta “A Hard Day’s Night” solo quattro mesi fa, precisamente una sera di Dicembre su Sky, che ogni tot tempo ripesca fuori qualcosa dei quattro di Liverpool e lo inserisce nel palinsesto.
Ovviamente questa volta non potevamo farcelo scappare.
“A Hard Day’s Night”, film nato per promuovere l’omonimo album, esce nel 1964, è stato diretto dallo statunitense Richard Lester e prodotto dalla United States e da Walter Shenson.
Il film nasce come - e lo è effettivamente - una sorta di caricatura della vita dei Beatles nel ’64; dopo l’uscita dell’album “Please Please Me” dell’anno prima, infatti, la Beatlemania esplose in tutto il mondo in modo inarrestabile ed ebbe il suo picco proprio l’anno dopo, nel 1964.
Lavorare con i Beatles a quei tempi era in particolar modo un privilegio, quindi non ci si può stupire sapendo che quando la casa di produzione del film e Shenson si incontrarono all’Hilton Coffee con il regista (che aveva concluso da non troppo tempo la lavorazione di “Mani Sulla Luna” del 1963), questo all’inizio nemmeno credette alla veridicità della proposta.
Possiamo quindi solo immaginarci la sua felicità di quando John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr accettarono di lavorare con lui e anzi, elogiarono il suo lavoro e la sua persona… soprattutto perché Lester accolse istantaneamente la condizione più importante: il film doveva essere il più possibile in linea con il loro stile e il più realistico possibile.

Un esempio molto chiaro di quanto sarebbe dovuto essere realistico il film è il suo nome originale, che sarebbe dovuto essere proprio “Beatlemania”, ma fu cambiato in “A Hard Day’s Night” a seguito di una frase che Ringo disse dopo una lunga giornata di lavoro; la frase in sé per sé non ha propriamente un significato, ma il Beatle era famoso per inventarsi frasi e storpiarle (a oggi possono essere espressioni comuni, ma all’epoca non lo erano. Altre storpiature di Richie utilizzate nelle canzoni dei Beatles sono “Eight Days a Week” e “Tomorrow Never Knows”).
In quel periodo i Beatles si trovavano a New York per la loro famosissima apparizione all’Ed Sullivan Show (la stessa che stabilì il record assoluto di settantatré milioni di spettatori), e quando ebbero tutto pronto per la pellicola, circa a fine Febbraio, tornarono negli studi della EMI in un battito di ciglia per registrare – in soli tre giorni, tra il 25 e il 27 Febbraio – alcune delle canzoni non ancora registrate ma presenti nel film: “Can’t Buy Me Love”, “And I Love Her”, “I Should Have Known Better”, “Tell Me Why”, “If I Fell” e “I’m Happy Just To Dance With You”. Dovettero sbrigarsi perché il Lunedì successivo – il 2 Marzo – sarebbero iniziate le riprese.


“Prima di cominciare sapevamo che sarebbe stato improbabile che potessero a) imparare, b) ricordare e c) recitare con precisione una parte lunga. La struttura della sceneggiatura doveva quindi essere composta da una serie di ‘battute’. Questo mi ha permesso in molte scene di puntare una telecamera, dire loro una frase e fargliela ripetere”
- Richard Lester

Se avete letto la recensione del docu-film sull’adolescenza di Lennon “Nowhere Boy” o siete fan dei Beatles e avete direttamente guardato la pellicola allora sapete anche che l’inizio di quel film è un chiarissimo richiamo all’inizio di questo film, che inizia con John, Ringo e George impegnati dallo scappare dall’orda di ragazzine intente a rincorrerli. Un Paul travestito li aspetta su una panchina della stazione di Liverpool (che in realtà è la stazione di Marylebone di Londra); i quattro devono prendere un treno per andare nella capitale inglese e registrare una comparsata televisiva.
Una volta sul treno, i quattro si sistemano in una delle carrozze, e i tre Beatles meno Macca si rendono conto di avere una compagnia a loro sconosciuta: il suo nome è John McCartney ed è il nonno di Paul, un signore apparentemente tranquillo che loro – e non solo – chiamano “clean” per tutta la durata del film, ma che di pulito e sistemato ha solo l’apparenza. Insomma, non a caso è proprio il nonno di Paulie.

Gli scompigli causati da Sir. McCartney non sono pochi, e la sua vera natura si svela nei primi quindici/venti minuti del film: già sul treno inizia a sconvolgere l’equilibrio del gruppo e dei passeggieri in generale, tanto che verrà segregato subito in una cella-prigione all’interno del mezzo pubblico in cui rimarrà fino alla fine del viaggio. La sua punizione effettiva, però, durerà ben poco, in quanto il nipote (e di conseguenza anche il resto della cricca) si muoverà a compassione quasi subito ed entrerà in cella con lui per fargli compagnia.
Le malefatte aumenteranno sempre di più, tanto che arriveranno a minare anche l’equilibrio del programma televisivo stesso a cui i Beatles erano stati invitati per la sopracitata comparsata, arrivando quasi a farla cancellare in quanto Ringo, manipolato dall’anziano signore che con un giro di parole gli fa credere di essere inferiore agli altri tre – apparentemente più aperti e circondati da più attenzioni – si ritrova in questura con varie denunce e reclami di disturbo della quiete pubblica, vagabondaggio e atti vandalici di vario tipo.

Ovviamente tutto è bene quel che finisce bene: alla fine i tre Beatles lo recuperano dalla stazione di polizia e John McCartney viene costretto ad assistere al concerto dalla platea e ammanettato alla sedia.
Pensate che questo fermerà la sua voglia di creare scompensi?


Un aspetto molto bello che viene evidenziato i “A Hard Day’s Night” è quello del dietro le quinte: è infatti attraverso questa pellicola che il pubblico di tutto il mondo sente di conoscere personalmente quelli che fino a quel momento erano stati visti solo come la band più famosa del mondo ma che di fatto erano solo quattro ragazzi poco più che adolescenti (durante le riprese della pellicola John e Ringo avevano ventitré anni, Paul ne aveva ventuno e George ne aveva venti) che si erano ritrovati catapultati nel mondo dello spettacolo quasi per caso.
Nei “dietro le quinte” si comportano proprio come semplici ragazzi: ridono, scherzano, fanno le stesse cose infantili che abbiamo fatto e che continuiamo a fare tutti nel nostro privato, hanno voglia di divertirsi e di prendersi dei momenti di pausa dal lavoro e, soprattutto, vengono delineati in modo quasi perfetto i loro caratteri e viene mostrato per la prima volta che no, Ringo e George non sono solo figure sfocate di sottofondo che hanno il solo scopo di fare da spalla a John e Paul, ma hanno due caratteri ben definiti e tanto forti quanto quelli dei due frontman della band.


Il film, presentato per la prima volta alla vigilia del compleanno di Starr (il 6 Luglio 1964) al Pavillon Theatre di Londra ebbe un successo tale che contribuì a gettare le basi per quello che sarà il cinema New American degli anni ’70 e introdusse nel mondo il concetto di “video musicale”, senza contare che George Harrison coniò proprio durante il film il termine slang “grotty” (trad. “grottesco”), oggi di uso comune.
Venne nominato agli Oscar, ai Grammy Awards e ai BAFTA (British Academy Film Awards) e nel 1999 fu inserito dal British Film Institute all'ottantottesimo posto della lista dei migliori cento film britannici del XX secolo.


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