giovedì 28 aprile 2022

#StorieRomane: Il Palazzo della Civiltà Italiana

Il quartiere di provenienza può rappresentare molte cose: per alcuni è motivo di vergogna, altri ne scappano appena hanno la possibilità, altri ancora non lo odiano ma se ne allontanano appena ne hanno l’occasione.
Noi di 4Muses, invece, andiamo pienamente orgogliose del nostro luogo di origine.

Quando pensiamo all’EUR (o almeno quando Silvia e Frè pensano all'EUR), non riusciamo a non gonfiarci di orgoglio e a non pensare a quanto siamo grate delle nostre radici.
Camminando per le strade della commerciale Viale Europa, sedute sulle scalinate di SPeP (San Pietro e Paolo), rilassandoci sul prato del Laghetto dell’EUR mentre guardiamo la gente passeggiare o anche solo aspettando l’autobus ad Agricoltura, è sempre più impossibile per noi non riscoprirci completamente innamorate del luogo in cui siamo nate e cresciute.
Innamorate è esattamente come ci sentiamo quando vediamo il Palazzo della Civiltà Italiana di ritorno di ogni viaggio, breve o lungo che sia stato.
È esattamente così che è nato questo articolo: in macchina, guardando da lontano il simbolo del nostro quartiere al tramonto, stanche morte dopo una giornata di lavoro al Romics.

Il Palazzo della Civiltà Italiana, chiamato anche Palazzo della Civiltà del Lavoro e comunemente conosciuto con il nome di “Colosseo Quadrato” è, paradossalmente, uno degli edifici monumentali più famosi di Roma – e non solo – ma allo stesso tempo meno visitati, soprattutto secondo gli standard della nostra capitale.
Inaugurata solo nel 1953 ma in realtà concepita nel 1937, questa struttura di ben sessanta metri per cinquantatré nacque sì per sviluppare l’urbanizzazione di Roma, ma soprattutto per la celebrazione del ventennale del regime fascista, in vista anche dell’Esposizione Universale di Roma del 1942.
Gli architetti ideatori del progetto furono
Giovanni Guerrini
, Ernesto Lapadula e Mario Romano, che decisero (complici della megalomania che regnava sovrana in quegli anni) di creare l’edificio strizzando un occhio all’anfiteatro simbolo della megalomania degli anni dell’Età Imperiale: il Colosseo.

Il Colosseo Quadrato è infatti composto da cinquantaquattro archi per lato (all’inizio dovevano essere settantasette) alti nove metri e larghi sei metri, per un totale di duecentosedici archi – sono tutti vuoti, fatta eccezione per quelli presenti al piano terra, che presentano delle statue al loro interno, precisamente ventotto: sei su due delle facciate (quella che affaccia sul Viale della Civiltà del Lavoro e quella della scalinata) e otto sulle altre due.
Ognuna di queste rappresenta una figura allegorica delle virtù del popolo italiano, se dovessimo elencarle in ordine partendo dal lato che si affaccia sul Viale della Civiltà del Lavoro: quella dell’eroismo, della musica, dell’artigianato, del genio politico, dell’ordine sociale, del lavoro, dell’agricoltura, della filosofia, del commercio, dell’industria, dell’archeologia, dell’astronomia, della storia, del genio inventivo, dell’architettura, del diritto, del primato della navigazione, della scultura, della matematica, del genio del teatro, della chimica, della stampa, della medicina, della geografia, della fisica, del genio della poesia, della pittura e del genio militare.
Ai quattro angoli del basamento sono presenti quattro statue equestri – create dagli scultori Alberto Felci e Publio Morbiducci – rappresentanti quattro Dioscuri, figure mitologiche della cultura greca e
romana protettori dei naviganti, ma anche della poesia, della musica e della danza.

In alto posta su tutti e quattro i lati vi è stata posta una frase estrapolata da uno dei tanti discorsi di Benito Mussolini (quello del 2 Ottobre 1935), forse una delle più famose del dittatore predappiese: “Un popolo di poeti di artisti di eroi di santi di pensatori di scienziati di navigatori di trasmigratori”.

La vera e propria inaugurazione del Colosseo Quadrato, però, avvenne nel 1953 in quanto dieci anni prima – nel 1943 – l’interno della costruzione fu luogo di una battaglia tra italiani e tedeschi, venne poi utilizzato come accampamento da quest’ultimi e, successivamente, come rifugio di sfollati; solo con la nascita dell’EUR S.p.A i lavori di questo edificio furono terminati, ma comunque rimase inutilizzato per tutti gli anni ’80.
La prima volta che il Palazzo della Civiltà Italiana ebbe un effettivo utilizzo fu quando nel 2013, fresco di restauro – avvenuto nel 2006 – fu concesso in affitto al gruppo Fendi per ben quindici anni, diventando così quel che è e sarà fino al 2028 il quartier generale ufficiale del famosissimo brand nato proprio nella capitale nel 1925.

 Raggiungere l’edificio è semplicissimo e sono numerosi i modi per raggiungerlo: sicuramente la prima cosa che viene in mente è la fermata “EUR Magliana” della Metro B, e le due fermate dell’autobus “Val Fiorita” e “Val Fiorita/Parri” (da cui passano le linee 31, 771, 780, 787 e 778).

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