martedì 5 aprile 2022

#Musica: X Agosto 2048

È quasi impossibile non conoscere la famosa poesia di Giovanni PascoliX Agosto”, quella in cui il poeta attende invano il ritorno del padre, la cui morte paragonava a quella di una rondine che portava il cibo al suo nido. Rancore riporta alla memoria di tutti la medesima storia per la sua canzone “X Agosto 2048” contenuta nell’album “Xenoverso”, in uscita il 15 aprile. L’uscita del disco è stato anticipata da tre canzoni, da tre racconti di un futuro distopico che, per quanto distante da noi, non è per troppi versi diverso.

Iniziamo proprio parlando di “X Agosto 2048”. In “Lontano 2036” Rancore raccontava di un conflitto, della Terza Guerra Mondiale, dove ogni essere umano ha abbattuto la propria “morale mortale”. Ora bisogna fare i conti con ciò che la distruzione ha lasciato, perché morti i soldati, qualcuno dovrà rimettere in ordine ciò che è andato in frantumi. Non era solo una guerra fatta di armi, ma una guerra mentale, forse anche più devastante. Chi rimette insieme i pezzi? Ed ecco che siamo catapultati a dodici anni dopo, in cui troviamo la lettera che un padre fa al figlio, mentre lui è nello spazio.

"Bello mio di papà, come stai? Dalla foto ho notato che ti sei alzato
Io sto bene, mi manchi e lo sai, ti do un bacio per ogni secondo passato
Mi sono domandato se ero un bel pensiero, se ti guidavo o ero passeggero
Neanche a dire che papà è su una navicella, non puoi vedermi se guardi il cielo"

Dopo una guerra terribile, alcuni uomini sono stati scelti per fare i “netturbini spaziali”, incaricati di raccogliere i detriti. Del figlio non ha che una foto, mentre con un pianto non trattenuto pensa a quanto si sia perso della sua vita.

"Ricevuti ordini, tu di anni ne avevi otto, facevi i compiti in salotto
Era una bella poesia il dieci agosto, a costo di farmi rimanere me la ripetevi
Non eravamo più complici e mi dicevi sarei finito male, come le rondini
Ricordo molto poco dei fatti tranne che a tratti non trattenevi le lacrime"

Mentre scrive, o racconta questa lettera, si legge tutta l’amarezza di ciò che si è lasciato alle spalle. Vorrebbe che il figlio, rimasto sulla Terra, potesse alzare lo sguardo e vederlo, ma non è sulla navicella spaziale, è solo un puntino invisibile appena fuori l’atmosfera. Vicendevolmente possono solo affidarsi alla memoria. Intento a fare il suo lavoro, la mente non fa che tornare costantemente al figlio, a quanto lo abbia amato e quanto sia stata difficile la separazione. Le loro strade si erano divise quando il piccolo aveva solo otto anni, mentre recitava una poesia che era un monito per il padre. La poesia in questione era proprio “X Agosto”. Il loro rapporto si era infranto, perché il piccolo in cuor suo temeva che il genitore non avrebbe fatto ritorno, esattamente come il padre di Giovanni Pascoli, Ruggero, che non tornò mai dai figli.

"Bello mio mi ricordo i primi passetti, i bacetti alla mamma quand'eri nel ventre
Poi una grande guerra, dopo l'atmosfera, ogni bomba era una stella cadente
Mentre presero giovani, come adulti e anziani, da nomi e cognomi secondo le iniziali
Furono mandati in orbita ma nel ruolo di spazzini spaziali"

Da quello che racconta l’uomo, sono passati diversi anni, tanto che i ricordi vanno via via annebbiandosi, lasciando solo l’immagine di un figlio che, saputo del viaggio del padre, non riesce a non piangere. Rancore narra di una grande guerra, in cui furono presi giovani, adulti e anziani per ripulire il cielo. Non potevano esimersi dal partire. In un certo verso, ricorda molto la spedizione americana verso il Vietnam: Rancore parla di estrazione per iniziali, mentre per la più grande disfatta americana si andava in base all’anno di nascita. Era una lotteria della morte, un sistema imparziale, che dai numeri poi venne sostituita con le ventisei lettere dell’alfabeto.

"È una guerra, partiamo, io e lei ci guardiamo
La spargo di baci, la scorgo poi colgo un "ti amo"
Tu, figlio mio, guardami in volto
Io corro sul carro guardiano, andiamo
Biglietto nel palmo trascorro minuti a guardarlo
Lo apro, lo leggo, ti penso, ma piango e
Non reggo l'intenso distacco e non posso rileggere più il X agosto"

Quanti uomini, partiti per la guerra, hanno dovuto abbandonare i figli che in seguito si sono sentiti soli? Uomini che partivano e non facevano ritorno, perché la guerra è fatta di morti. Il rapper rielabora la narrazione di Pascoli in una chiave più moderna, più attuale in una storia così reale da far venire i brividi. L’uomo sembra agonizzante, mentre ricorda le lacrime del figlio e le proprie. Il padre, in un certo senso, si sacrifica perché il figlio abbia un futuro, un futuro che in chiave distopica sarà poi narrato in “Arakno 2100”, dove l’umanità rimane vittima della tecnologia. È ben conscio dell’odio che quel bambino prova nei suoi confronti, ma fa il suo lavoro, perché è giusto che il piccolo abbia un futuro migliore, uno che spera senza più guerre e sofferenze, perché ciò che resta sono solo lacrime su lacrime… lacrime di chi è partito, lacrime di chi è rimasto. Piove sul bagnato, come canta Rancore.

Nel pezzo, di poco più di tre minuti, c’è anche lo stesso rapper che celebra la poesia di Pascoli, recitandola completamente. “X Agosto 2048” racconta di un futuro non troppo lontano, un futuro che è privo di tutte le speranze del genere umano. Le lacrime diverranno poi pioggia allucinogena nel brano seguente.

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