martedì 2 maggio 2023

#Cinema&SerieTv: 65 fuga dalla Terra - Recensione

È arrivato in sala il 27 aprile, dopo il primo weekend col pubblico italiano, parliamo di “65 fuga dalla Terra”. Il nuovo survivor ha come protagonista l’attore Adam Driver nei panni di Mills, un pilota aereospaziale impiegato in una missione dalla durata di due anni. Un incidente contro una tempesta di meteoriti lo spinge a eseguire un atterraggio d’emergenza su un pianeta sconosciuto. Il luogo dell’atterraggio è la Terra, ma sessantacinque milioni di anni fa.

Quella scritta e diretta da Scott Beck e Bryan Woods è un’avventura drammatica che ipotizza l’esistenza di altre forme di vita, umanoidi, precedenti all’esistenza dell’umanità sul nostro pianeta. L’arrivo su questa primordiale Terra porta con sé numerose problematiche, prime fra tutte i dinosauri.

All’apparenza Mills è l’unico sopravvissuto, ma quando arriva a pensare che non ci sia molto altro se non la solitudine, i sistemi della navicella segnalano la presenza di un altro superstite. Koa (Ariana Greenblatt), una ragazzina, è sopravvissuta allo schianto all’interno della sua capsula criogenica. Una volta uscita dallo stato di ibernazione, Mills la porta al sicuro e inizia a prendersi cura di lei. Tra i due, quindi, lentamente si instaura un rapporto di reciproca fiducia fatto di necessità e di istinto primordiale. Devono lottare contro mostri che agiscono solo per istinti basilari, come la fame e la caccia, e trovare i soccorsi non è affatto facile. L’unico modo per poter riuscire a scappare dal pianeta è quello di raggiungere la navicella d’emergenza, ma è lontana giorni di cammino e la strada è insidiosa.

La caratteristica principale di questa pellicola è riconducibile proprio al modo di lavorare dei due registi. In più punti è possibile notare la somiglianza, nell’assenza di suono, con A Quiet Place, film di cui sono gli sceneggiatori. Il silenzio riesce a creare dei momenti tensivi intriganti che si intersecano perfettamente con i punti in cui ci si concede dei momenti più delicati e “infantili”. Gesti e ritualità che, inseriti all’interno dell’età del cretaceo, diventano immediatamente familiari come la pittura rupestre. La famiglia, la casa, la salvezza, concetti base della civiltà riescono a trovare la propria strada la di là della barriera linguistica che vi è tra i due protagonisti.

I dinosauri assumono un aspetto più realistico rispetto a ciò che lo spettatore è stato abituato con Jurassic Park, un po’ più simili a ciò che è stato rivisitato con l’ultimo capitolo di Jurassic World. La Terra immaginata, quindi, diviene protagonista attraverso i suoi abitanti; un luogo alieno a quell’umanità che ancora non si crede a capo della catena alimentare. Resta, però, di base una storia che pecca in originalità. Non vi è nulla di innovativo, al contrario alcuni istanti risultano anche essere prolissi e troppo macchinosi. Elementi perturbanti, quindi, appaiono fin da subito deus ex-machina finalizzati alla riuscita del finale. Con il tentativo di tirare un po’ troppo per le lunghe la ricerca della salvezza, infatti, si spinge fin troppo sulla sospensione della credulità da parte dello spettatore. Poco importa della bravura dei due interpreti se comunque la sostanza viene meno.

65 fuga dalla Terra, con la sua struttura fantascientifica, propone un abbraccio finale e sentimentale. Un lento rapporto che si crea sulla base della sopravvivenza. Una nuova famiglia che riesce a nascere attraverso la collaborazione e il reciproco supporto al di là di ogni qualsivoglia tipo di barriera.

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