mercoledì 3 maggio 2023

#PennyLane: I saw her standing there, Seconda Parte - Extra

⚠️ VM.18

Questa è un'opera di fantasia. La storia che segue è frutto dell'immaginazione dell'autrice e non è da considerarsi reale. È una fan-fiction ispirata al testo della canzone "Penny Lane" dei Beatles, i quali detengono i diritti sul brano.
Ascoltando il brano e traducendolo quando aveva tredici anni, le è venuta in mente questa storia che è quindi soltanto una sua personale interpretazione della quale detiene ogni diritto.

Attenzione: i capitoli "extra" sono da considerarsi estrapolazione della fan-fiction stessa, vi consigliamo di leggerli dopo aver concluso la storia originale. Molto probabilmente verranno pubblicati in ordine del tutto casuale e con stili differenti.

Potete recuperare la prima parte cliccando qui.

Che l’adolescenza fosse un periodo di grandi cambiamenti lo aveva intuito dal cambiamento delle sorelle maggiori, ma non pensava potesse essere così ricco di amori in subbuglio. Desiderava ancora John, lo amava anzi con più sicurezza e convinzione. Glielo aveva anche detto, la notte di Natale, quando lui era sgattaiolato da casa della zia Mimi per andare da lei, a darle il regalo. Un disegno, loro due che si tenevano per mano con una scritta emozionata: “Il nostro primo Natale insieme”. Nel vederlo la risposta di Agatha fu un “Ti amo” che la gelò sul posto. John sorrise, forse... non ricorda. Riprese il biglietto e andò via, lasciandola sul giardino del retro con i parenti che la cercavano perché la mezzanotte si stava avvicinando e dovevano andare in Chiesa.
Di ritorno dalla funzione, Agatha si stese sul letto, chiedendosi se aveva perso John oppure la scena così surreale fosse in realtà frutto di un’overdose da cibo. Fu sua sorella Serena a dirle che John era di nuovo sul giardino nel retro. Agatha scese di corsa le scale guidata dal miracolo di Natale che non aveva svegliato i genitori. John aveva il biglietto in mano, lo stesso di prima, ma aprendolo sull’erba gelata e nera ne cadde un altro. Agatha lo prese, tremando. Lo aprì ed era solo grazie alla luce del lampione se notò una valanga di linee e curve nere, volte a formare nei più disparati caratteri, le parole “Ti amo”

Quei due biglietti avevano trovato fissa dimora sul suo comodino, nel vederli al mattino, Agatha provava gli stessi sentimenti di quella sera.     
Fare l’amore con John divenne più vero, tanto che riusciva ad abbandonarsi al piacere più intenso. Grazie agli studi di biologia di Agnes sapeva come evitarsi una gravidanza e John sembrava più che felice di accontentare la sua messa in sicurezza.
Ma allora, perché quando incontrava lo sguardo di Paul, tremava esattamente come quando incontrava le prime volte quello di John? Il cuore si stava ponendo quella domanda dal 6 luglio 1957, solo che adesso era complice anche la mente. Quest’ultima rimase stupita quando a casa di Paul, durante le prove che lei amava seguire in disparte dalla stanza accanto, il suo sguardo cadde su un testo abbozzato dallo stesso.

“She was just seventeen
she’d never been a beauty queen You know what I mean
and the way she looked was way beyond compare.
So how could I dance with another
oh, when I saw her standing there”

Come posso ballare con qualcun’altra, ora che ho ballato con te?

Era la frase che la notte di capodanno Paul le aveva sussurrato all’orecchio, dopo aver ballato insieme “Shake, Rattle & Roll”, nella versione di Elvis.
Ma delle parole scritte su quel foglio, nulla poteva associarsi a lei, eppure perché era tornata alla notte di Capodanno? Avvicinò il quadernino a sé, come se accostandoselo il più possibile, le parole potessero saltare fuori e rivelarle le intenzioni del ragazzo. L’unica rivelazione, però, fu che il verso accanto a quello cancellato portava la grafia di John.
John li aveva visti insieme, aveva visto Agatha arrossire dopo la frase di Paul, eppure non le aveva chiesto nulla. Strano, per uno che non voleva che lei ballasse con nessun’altro che non fosse lui. Eppure per Paul aveva fatto un’eccezione, così come si era resa conto che a Paul stava lasciando sempre più spazio nel comando del gruppo. 

Posò il foglio, si portò il pollice alla bocca, cominciando a mordere con decisione la pelle attorno. Chiuse gli occhi, cercando di immaginare gli sguardi di Paul e John dall’altra parte del muro. Si stavano studiando prima dell’attacco finale? Attacco per cosa, poi? Lei non era un oggetto, o un premio. Non spettava a loro prendere una decisione che era solo sua. A quel pensiero riaprì gli occhi, di scatto. Quale decisione, precisamente? Davvero avrebbe dovuto scegliere tra John e Paul?
Erano le undici del mattino, sarebbe dovuta stare a scuola, invece era a casa di Paul ad ascoltarlo suonare con John. Non stava lì solo perché amava la loro musica, stava lì perché amava sul serio entrambi. Scegliere avrebbe significato perdere l’altro, così come lo avrebbe significato il non scegliere. Nel momento della sua illuminazione le mancò il fiato, tanto che dovette cercare una sedia, perché le gambe non avrebbero retto ancora per molto.
Le salì la nausea, il cuore aumentò i battiti, ma non per sentimentalismo. Il sudore freddo, il sentire il sangue scorrere nelle sue vene erano chiari segnali del panico. Avanzò con il pilota automatico del corpo verso la cucina, per prendersi un po’ d’acqua, lì trovò i ragazzi intenti ad aprire bustine di tè e metterli dentro la pipa.

«Vuoi?» domandò servizievole Paul.
Agatha scosse la testa, più bianca dell’abbronzatura tipica inglese, il che preoccupò entrambi, vista la sua carnagione olivastra.
«Tutto ok?» fece John, porgendole un bicchiere d’acqua.
Agatha annuì, poi si fece tutto nero. Quando si risvegliò era sdraiata sul divano del salotto di Paul, il pianoforte davanti a lei attendeva di riprendere il lavoro dopo una pausa più lunga del solito. La testa le martellava, ma non riusciva a muoversi. Si accorse che le gambe erano poggiate su una pila di cuscini, e sui suoi polsi c’erano degli stracci freddi.
«Ero andato in cucina per darti quelli ancora più freddi.» Paul si sedette sul tavolino davanti al divano.
Agatha doveva essere ancora scossa, perché Paul aggiunse: «John è andato in farmacia, per prenderti qualcosa. Penso ci metterà un po’, non può andare a quella di zona, sai dovesse incontrare Mimi…»
«Sto meglio, grazie.»
«Sai cosa hai avuto?»
Agatha chiuse gli occhi, non per un nuovo giramento di testa, ma perché non voleva incontrare lo sguardo preoccupato di Paul, per non dover cadere nell’errore di baciarlo.
«Ricordo solo che stavo leggendo un testo…» si fermò pentendosi di ciò che aveva detto, di certo non la migliore strada per uscire da quella situazione.
«Che testo?»
«Qualcosa su una diciasettenne che non è mai stata la reginetta…»
«E come ti è sembrato?»
Agatha e Paul si guardarono, ben consapevoli di quello che i loro sguardi si stavano dicendo.
«Dovrei sentire la musica per dirlo.»
E come un segno del destino, in quel momento rientrò John.

«Stai meglio!» le schioccò un bacio sulla fronte.
«Sì, forse sono andata solo nel panico, che farei se i miei mi beccassero?»
«Te ne freghi!» John le fece una smorfia da strafottente, e Agatha arrossì come se fosse la prima volta che la vedesse.
«Sai, Gathie mi ha detto che vuole ascoltare “La reginetta di bellezza”» quel titolo provvisorio uscito dalla bocca di Paul le suscitò di nuovo un capogiro, ma fortunatamente nessuno se ne accorse. Si sentiva sfacciata a credersi così importante anche per un amico.
«Oh, allora dobbiamo assolutamente accontentare la nostra fan numero uno! La prima di una lunga lista di fan che sverranno per noi!» John dichiarò il tutto con voce solenne, da annunciatore radiofonico.
I tre si misero a ridere di gusto e attaccarono le prime note di quella che cinque anni più tardi sarebbe diventata: “I Saw Her Standing There”.

Agatha si ritrovò a osservare John e Paul che mai riuscirono a staccarsi dai loro sguardi. Avvertiva una strana energia, sentiva come se non dovesse mai lasciarli andare, per nessun motivo al mondo.

Nessun commento:

Posta un commento