giovedì 4 maggio 2023

#Personaggi: Patrick Hamilton

Quando abbiamo parlato di “Schiavi della solitudine” vi abbiamo accennato qualcosina sul suo autore, Patrick Hamilton, riportando la definizione data dai grandi letterati inglesi che lo vedono come l’erede di Charles Dickens.
Ebbene, noi siamo più che d’accordo.

Forse in Italia il suo nome e le sue opere sono ancora – ingiustamente – nell’ombra, ma nel Regno Unito figura a giganti della letteratura come (oltre al già citato Dickens) George Orwell (1903-1950), Graman Greene (1904-1991) e Martin Amis (1949-).     
Abbiamo deciso, quindi, di parlare della sua vita.

Al solito, per i personaggi di un certo spessore, utilizziamo i tempi verbali al presente. 

Anthony Walker Patrick Halmiton nasce il 17 marzo 1904 a Dale House, un piccolo paesino del Sussex, vicino Brighton.
Suo padre è lo scrittore e avvocato non praticante Bernard Hamilton (1863-1930), sua madre è Ellene Adele, seconda moglie di Bernard e scrittrice sotto il nome di Olivia Ray.

I genitori tendono a osannare tutto quanto li riguardasse, andando a finire quasi sul patologico. Il padre Bernard, forse a causa del suo essere alcolista, si autodefinisce il più grande tra gli scrittori viventi – anche se le sue opere all’epoca erano considerate mediocri – e vanta, senza alcuna prova in mano, una genealogia che lo vuole degno erede al trono di Scozia.
La madre, nonostante una condizione economica famigliare alquanto disastrosa, è boriosa e arrogante con i domestici e tende a educare i figli come se appartenessero all’alta società inglese.

Con una base del genere e i continui spostamenti in diverse pensioni tra il quartiere londinese di Chiswick e la cittadina di Hove, Patrick e sua sorella Lalla – divenuta poi un’attrice con il nome Diana Hamilton – non hanno una regolare istruzione e il primo interrompe gli studi alla scuola di Westminster quando ha solo quindici anni, quando pubblica per la rivista “Poetry Review” la sua prima poesia: “Heaven”. 

Intraprende la carriera d’attore solo per pochi anni, quando decide di dedicarsi totalmente alla scrittura, pubblicando il suo primo romanzo “Monday Morning”, nel 1925. L’anno seguente pubblica “Craven House”, poi nel 1928 è la volta di “Twopence Coloured” (1928) e l’anno successivo esce la commedia teatrale “Rope” (conosciuta in America con il titolo di: “Rope’s End”) che diventa il suo primo grande successo. 
A questo punto della sua vita Patrick è uno scrittore a tutti gli effetti, ma comincia ad avere un serio problema con l’alcol, proprio come suo padre.

Sulla soglia degli anni ’30, e dopo aver rischiato seriamente la vita a seguito di un incidente che lo lascia con il volto sfigurato, comincia con romanzi semi biografici, come: “The Midnight Bell” (1929), “The Siege of Pleasure” (1932) e “The Plains of Cement” (1934) dove Patrick racconta della sua storia d’amore con una prostituta. Nel 1935 questi tre romanzi diventano una trilogia dal titolo: “Tweny Thousand Street Under The Sky”.
In tutto ciò nel 1930 si sposa con Lois Marie Martin.

Nel 1938 Hamilton tira fuori un altro suo capolavoro della sceneggiatura: “Gas Light”. Nel 1940, e nel 1944 con il suo remake, Gaslight (conosciuto in America con il titolo di “Angel Street”) approda nei cinema. Il primo film è diretto da Thorold Dickinson, con Anton Walbrook e Diana Wynyard come protagonisti; il secondo è diretto da George Cukor con star dal calibro di: Charles Boyer, Ingrid Bergman, Joseph Cotten e il debutto di Angela Lansbury.
Hamilton è a tutti gli effetti un nome noto, ma a sancire il suo successo ci pensa Alfred Hitchoock che nel 1948 dirige “Rope”, il thriller psicologico basato proprio sulla sceneggiatura di Hamilton del ’29.

Nel 1941 pubblica “Hangover Square”, opera giudicata ancora oggi come il suo migliore romanzo. Probabilmente perché in esso è presente tutta la sua vena politica e la critica nei confronti di una società capitalista.
Hamilton, infatti, giudica l’Europa intera colpevole dell’ascesa di regimi totalitari come il fascismo e il nazismo proprio per il consumismo spropositato che diventa sempre più incalzante.Dotato di ottima ironia, aggiunge della satira contro la cultura capitalista, sperando in cuor suo stia giungendo alla fine.

Anche se il successo è continuo, Hamilton – forse anche perché fortemente dipendente dall’alcol – sviluppa un carattere sempre più misantropo, cinico e quasi depresso che intacca sempre di più le sue opere, pur mantenendole ironiche. “The Slaves of Solitude” (1947), “The West Pier” (1952), “Mr. Stimpson and Mr. Gorse” (1953), ne sono l’esempio più lampante. Nell’ultimo, infatti, Hamilton descrive tutto il suo disgusto verso le automobili, immaginando l’intera Inghilterra morente sotto attacco di scarabei metallici.

Nel 1953 divorzia da Lois e un anno dopo si risposa con Lady Ursula Chetwynd-Talbot, scrittrice sotto lo pseudonimo di Laura Talbot.

Il breve romanzo “Unknown Assailant” (1955), è il suo ultimo lavoro; Hamilton lo ha scritto totalmente da ubriaco, senza alcun momento di lucidità.

Patrick Hamilton muore di cirrosi epatica e insufficienza renale, ovviamente a causa della sua dipendenza dall’alcol, a Sheringham, nel Norfolk, nel 1962.

Come già detto nella recensione di Schiavi della solitudine” noi non conoscevamo l’autore, ma è bastata la lettura di uno solo dei suoi romanzi per farci venire la voglia di acquistarli tutti, anche se in lingua originale. Chissà che la Fazi Editore non abbia per noi altre gradite sorprese...

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