giovedì 23 dicembre 2021

#Natale: Pensieri

Questo racconto è ispirato alla canzone di Marco MasiniIl Giorno Di Natale (Il Giorno più Banale)”. Vi consigliamo di ascoltare la canzone prima della lettura, per cogliere tutte le diverse sfumature. Vi lasciamo comunque le parole, ma non bastano se non accompagnate dalla melodia. 

  “Anche se non mi conosci e la mia lingua non capisci/oggi voglio scriverti perché/questo vecchio mondo è guasto/ e anche se non ti ho mai visto/ io mi sento troppo uguale a te./ Anche se siamo monete di valore/svalutate da una misera realtà/siamo petali caduti in questa vita/dallo stesso fiore.”

Federico si accomoda sulla sua vecchia poltrona, consunta ormai dallo scorrere del tempo. Qualche macchia sui braccioli, dei buchi, che fanno intravedere l’imbottitura gialla e probabilmente ammuffita, raccontano una vita trascorsa tra il piacere del divertimento e una casa sempre piena di amici e parenti.

Prende il telecomando con un movimento lento del braccio, poi si sistema gli occhiali, per vedere meglio dov’è situato il pulsante di accensione. Sua figlia Carmen gli ha consigliato di farsi Netflix, ma lui non sa neanche pronunciarlo bene, figuriamoci acconsentire a scaricare, - si dice così? - qualcosa che non saprebbe utilizzare. Poi con lei in Inghilterra e Giulio, il secondogenito, in Germania, chi avrebbe voglia di spiegargli come funziona?
Con un gesto istintivo, o forse inconscio, volta la testa alla sua destra. “Che ci vediamo?” una domanda che può solo pensare. L’amore della sua vita, la donna con cui ha passato gli anni più belli, non è accanto a lui. 

“Se ogni tanto ti perdoni/e credi in altre religioni/o non hai trovato ancora Dio/eppure lo bestemmi a volte con ferocia/perché hai perso la fiducia/ma il tuo sangue brucia come il mio/anche se ti hanno convinto che l’amore/è la bugiarda delle verità/se sei ancora prigioniero di un errore/che ti ha fatto male”

Sospira incolpandosi ancora una volta. Sono quarant’anni che non si perdona per un errore commesso forse per superbia, forse per sfuggire alla banalità della vita. L’amore che provava, e prova tutt’ora, per Anna era come un fiume in piena. Il desiderio scorreva sui loro corpi da adolescenti, poi arrivavano momenti di stabilità, di tranquillità, la consapevolezza che sarebbe diventata un giorno la madre dei suoi figli. Poi i mulinelli improvvisi, sorride. Quanto gli piaceva litigare con lei, a volte la istigava appositamente. Eppure, nell’estate più fruttuosa della sua vita, dove il lavoro andava a gonfie vele, i bambini erano vivaci e potevano permettersi mesi di vacanze, quel fiume era divenuto arido. E lui aveva cercato l’acqua fresca di un altro ruscello. Un piccolo, misero, corso d’acqua, creato solo per una veloce bevuta. Eppure per quella breve sosta, lui ha perso il suo nutrimento.

Deve però essere sincero con se stesso: non ci pensa sempre. Non è ossessionato dall’idea di aver perso Anna. È solo il periodo di Natale. Perché il suo errore, lui lo ha compiuto proprio alla festa aziendale di Natale. Forse perché con Sabrina era più facile, lei non lo conosceva. Se c’è una cosa che ha imparato in ottantatré anni di vita, è che con gli sconosciuti ogni cosa è più facile. Condividere un segreto, scaricare la rabbia, lasciarsi andare, sentirsi importante… non esistono paranoie su cosa potrebbe pensare l’altro. Certo, poteva affrontare la siccità del suo matrimonio, poteva subirsi l’ennesima lite, altri sogni sul divano, l’unico calore negli abbracci dei figli. Oppure, poteva riprendersi, fare finta che andava tutto bene, stando tra le braccia di un’altra donna.

Ha scelto la via più facile, per sei mesi. La vecchiaia impone la sincerità. Federico sa che se tornasse indietro rifarebbe esattamente le stesse cose. Allora a che serve tormentarsi per un errore che ricommetterebbe?

“Buon Natale sconosciuto fratello lontano/ti auguro buon Natale dal mio piccolo cielo italiano/non odiare chi ti vuole rubare il futuro/rendi il bene per il male/buon Natale”

Per imparare. Dopo Sabrina ha perso Anna, ma non è rimasto da solo. Ci sono state tante donne, alcune di passaggio, altre più serie. Con Anna si sono parlati il minimo indispensabile fino alla maggiore età dei figli, poi si sono persi, poi si sono ritrovati. Lei si è risposata, con Augusto, un uomo degno del suo nome. Alto, possente, deciso, e incredibilmente disponibile. Sa per certo che è una persona buona, non vive di apparenze come la maggior parte delle persone.
E poi anche lui si è risposato, con Caterina. Contrariamente a quanto si possa pensare, non ha cercato una donna più giovane come seconda moglie, ma una più grande, anche se di soli cinque anni. Ma con lei non ha vissuto l’amore di Anna. Era una buona amica, un’ottima compagnia. Sempre sorridente, solare, attiva su ogni campo. Intratteneva, amava viaggiare, non stava mai ferma. A parte gli ultimi anni di malattia.

Caterina era più una sorella, una confidente, un sostegno emotivo. Se stava giù, poteva contare sulla sua presenza, come il bastone che ora lo aiuta a sorreggersi. Brutale? Forse. Ecco un’altra cosa che ha scoperto dopo aver soffiato sulle candeline dell’ottava decina: si vive solo un vero amore.

“Anche se la guerra è in onda/e tutto il mondo si circonda di frontiere senza libertà/anche se ai poveri non restano che fame e trucchi/avanzi dei paesi ricchi/briciole di generosità/un messaggio arriva ancora dalla gente/che ogni giorno aiuta chi non ce la fa/per la vita che rinasce in una stalla/e un cuore universale”

Il resto dei rapporti sono sostegno, senso di bisogno, cercare di riempire un vuoto. Ma c’è solo un amore che è degno di tale nome. Spesso lo incontriamo che siamo inconsapevoli, e lo buttiamo via. Altre volte lo sforiamo, perché pensiamo di non meritarlo. Anna è questo amore. È ancora la donna che sente di amare pur non avendola accanto. È la donna che ha stimato passo dopo passo, soprattutto quando l’ha sbattuto fuori casa. È la donna che ha amato nei silenzi vicini e nelle urla distanti. È l’unica donna a cui pensa quando Natale si avvicina.

Solo ora che sta passando una reclame rumorosa si è accorto che ha acceso la televisione. Quanto è cambiato il mondo, la società, da quando era giovane. Ma non è uno di quei vecchi che odia la gioventù solo perché non l’ha veramente vissuta. “Altra verità:” pensa e tamburella con le dita, dalle unghie troppo lunghe per un uomo, sul bracciolo “gli anziani che non sopportano i giovani, vivono ancora nel passato perché non l’hanno vissuto come avrebbero voluto.” Lui no, lui è fortunato.

“Buon Natale disarmato fratello lontano/ti auguro buon Natale/e la luce di un campo di grano/non farlo, non buttare questo sogno a portata di mano/e anche se spegni o cambierai canale/Buon Natale”

Federico spegne la televisione e si alza, seppur con qualche difficoltà. Le ginocchia non sono più quelle di una volta, anche se fortunatamente è sempre stato attivo e non accusa i grandi dolori dei suoi amici coetanei. L’altro amore della sua vita è stata la scrittura, ha scritto quotidianamente. Nel suo armadio a muro ci sono forse centinaia di diari. È arrivato il momento di coronare il suo sogno: quello di mandarli a qualcuno. Non ha mai voluto scrivere un libro, né solo per se stesso.

Accende il computer, quell’apparecchio l’ha imparato a usare per lavoro, si è sempre trovato bene a pigiare le dita sui tasti. Dal giorno della pensione ha passato il tempo a trascrivere sul foglio virtuale il contenuto dei diari, e ora è tempo di stampare. “Ci passerò una vita”, ride, importa?

“Anche senza un lavoro e senza dignità/anche se sei imbottito di felicità/se questa notte come per regalo/ti ritrovi solo/dentro a un letto di ospedale/buon Natale/A un secolo che muore/buon Natale”

Mentre la stampante tira fuori le sue parole, Federico si domanda se lo spreco di quella carta e il male che ha fatto agli alberi sarà ripagato in un qualche modo. Non in denaro, ormai che può farsene? Il suo scopo è quello di lasciare i fogli in giro, sono solo i suoi pensieri. I pensieri di una vita che ha davvero vissuto. Non si è firmato, per i fortunati che leggeranno, lui sarà qualcuno di anonimo. Forse intuiranno che è un uomo, che è anziano...spera solo di essere d’aiuto.

Sono due le cose che accomunano tutti gli esseri umani: l’amore e il dolore. Ognuno è convinto di essere l’unico al mondo a soffrire o amare, ma così non è, non lo è mai stato. Se il suo vissuto può aiutare qualcuno, ne è felice. Altrimenti la sua carta servirà ad alimentare qualche camino, o per un appunto importante, uno di quelli che al momento è vitale, e che dopo qualche giorni butti distrattamente nel cestino.

“Fratello non mollare mai/ma rincorri anche tu quella stella/la vita è una grande mamma che ti culla/con il suo alito immortale/e un oceano d’amore./Anche senza l’albero e i pacchetti da scartare/anche senza tutta questa festa artificiale/fosse come gli altri giorni/il giorno più banale.../Buon Natale.” 

Il calendario segna il 23 dicembre. “Bene così.” Si dice. Tra ventiquattro ore rivedrà i suoi figli e staranno tutti insieme, a casa di Anna e Augusto. Tutti loro lo aiuteranno a lasciare i fogli in giro, e chissà, forse Anna leggerà qualcosa e capirà.

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