lunedì 13 dicembre 2021

#TheBeatles: Get Back, seconda parte

Per noi di 4Muses, le tre parti di Get Back, - il docu-film sui Beatles, a disposizione di tutti gli abbonati a Disney+ - è un continuo crescendo. Ecco perché abbiamo deciso di parlarvene in tre articoli diversi. Come già detto in precedenza, fateci sapere nei commenti se abbiamo dimenticato di dire qualcosa di importante, o se avete trovato anche altro. Lo sapete, ci serve ancora una scusa per rivedercelo senza passare per pazze. 

La prima parte si conclude con la riunione a casa di Ringo per provare a parlare con George. Riunione che non finisce bene, in quanto gli unici due a presentarsi agli studi Twickenham sono Ringo e Paul. Oltre alla tensione del regista e dei due, che si chiedono se sia il caso di continuare con il film, si indaga sul rapporto tra John e Paul, scavando nel profondo. I primi dieci-undici minuti ci hanno spezzato, e continuano a farlo, il cuore. Guardare gli occhi lucidi di Paul, sentire la commozione nelle sue parole, ci distrugge, anche se stiamo vedendo quel pezzo per la decima volta. Ad aprire il discorso è Linda, dicendo che per tutta la riunione John è sempre rimasto in silenzio, facendo parlare Yoko per lui. Per lei, però, John non credeva neanche a una parola detta dalla compagna. Così Paul continua, sostenendo che il suo rapporto con John si è freddato a causa dell’allontanamento fisico dei due. 

“We lived together when we played together. We were in the same hotel, up at the same time every morning, all day. As long as you’re this close all day, so something grows. And then when you’re not this close, just physically, something goes. Actually, musically, we can play better than we’ve ever been able to play. You know, we’re all right on that. It’s just that being together thing. It’s difficult starting right from scratch with Yoko there.” 

(“Vivevamo insieme quando suonavamo insieme. Stavamo nello stesso hotel, ci alzavamo allo stesso orario, ogni giorno. Alla lunga, quando sei così vicino per tutto il giorno, qualcosa cresce. E quando non sei più così vicino, anche solo fisicamente, qualcosa va via. In realtà, musicalmente, possiamo suonare meglio di come abbiamo mai fatto. Su questo punto non c’è problema. È solo la cosa dello stare insieme. È difficile ricominciare dall’inizio con Yoko presente”) 

Per chi era abituato a passare intere giornate insieme, sia per comporre, che per registrare, vedersi solo negli studi, è dura. E Paul non usa mezzi termini, soprattutto andando avanti nel discorso: già a gennaio del 1969 sa che il gruppo si scioglierà a causa di Yoko Ono. Si lascia intendere, infatti, che sia stata proprio la sua presenza costante a creare divisioni, soprattutto per George, che nel bel mezzo della discussione, lascia casa di Ringo, non intenzionato a tornare. Sembra che anche John non voglia venire, ma quando riescono a rintracciarlo telefonicamente, lui chiede di parlare con Paul. Dopo qualche minuto quest’ultimo torna, del tutto sorridente, confermando il fatto che John sarebbe arrivato.

John e Paul chiedono un po’ di tempo per parlare privatamente. Vanno alla caffetteria degli studi, senza sapere che la troupe ha messo un microfono nascosto al loro tavolo. Di questi tempi sarebbe volata una denuncia per violazione dalla privacy, ma ringraziamo veramente tanto il passato per non essere stato così fiscale; ciò che ci viene donato, infatti, è una conversazione intima tra John Lennon e Paul McCartney, dove parlano della ferita emotiva di George Harrison, di come loro - nonostante l’enorme lavoro fatto sui loro ego che li ha portati a essere più aperti e comprensivi - non siano ancora capaci di curare. Siamo commosse mentre scriviamo questa parte, perché nonostante tutto, abbiamo la conferma di quanto i quattro tenessero l’uno all’altro, ma su questo torneremo a fine articolo, parlando di Let it be.

Riprendono le prove, almeno quel poco che possono fare senza un componente del gruppo, e per questo rimandano lo spettacolo al 26 e 27 gennaio. Decidono di tentare ancora una volta con George, ma scoprono che è andato a Liverpool, per tornare due giorni dopo.

Stiamo al 15 gennaio: la seconda riunione con George va bene, ma i quattro decidono di continuare con le prove agli studi Apple -di loro proprietà- a Savile Row, abbandonano l’idea dello spettacolo televisivo, pur lasciando lo spazio al live, se si trova una location degna. L’ultimo giorno disponibile per registrare un intero album diventa il 31 gennaio. Nonostante i pochi giorni disponibili, calcolando anche che i quattro non sapevano ancora bene tutte le canzoni, arriva un altro impedimento: gli studi Apple non sono pronti e questo li costringe a cominciare le vere prove il 20 gennaio, solo per quel giorno, senza telecamere. Il 21 gennaio tutto sembra essere tornato alla normalità, con tanto di gruppo di fan fissi davanti agli studi. Dentro il clima è molto più rilassato e disteso di come la stampa faccia intendere. Difatti i quattro prendono in giro i giornalisti che sostengono ci sia stata una crisi all’interno del gruppo, con tanto di rissa tra John e George.

Tra risate, momenti di ilarità e scherzi, i quattro provano e riprovano “Dig A Pony”, “I’ve Got A Feeling”, “Don’t Let Me Down”, “She Came In Through The Bathroom Window”, tra tutte le canzoni, e ben presto si rendono conto di un altro problema: loro vogliono registrare un album live, ma non sanno come fare, visto che tra John e Paul nessuno è mai libero per suonare il piano. Come sempre accade quando abbiamo un impedimento, se continuiamo a perseverare, l’Universo vede e provvede per noi. Così Billy Preston, loro amico dai tempi di Amburgo, all’oscuro del progetto dei Beatles, si presenta negli studi per un semplice saluto. Lui era a Londra per delle riprese televisive, e i quattro non esitano a chiedergli di suonare con loro per questo album. Per Billy è un’emozione indescrivibile, e quasi incredulo, accetta senza remore.

I giorni passano, le prove continuano senza alcuna interruzione, se non per tornare a casa la sera. La pressione aumenta, soprattutto in Paul che ha ancora l’idea di un live senza precedenti. Il 25 gennaio a Paul viene proposta l’idea che poi passerà alla storia: suonare sul tetto degli studi Apple.

La seconda parte si conclude con le prove per Let It Be, di cui vogliamo assolutamente parlare. Come già accennato all’inizio, il gruppo si stava allontanando, e nel 1969, Paul era quello che più di tutti cercava di tenerlo unito. Come già detto nella nostra trasmissione radiofonica, ApolloStation (in onda su RadioSapienza tutti i lunedì dalle 15:00 alle 16:30) noi non crediamo alla frase: “Per te è facile”, perché sappiamo bene che per nessuno è facile, soprattutto se si tratta di fare arte.

Paul ha perso la madre a quattordici anni e la sua più grande distrazione a quel dolore è stata proprio la musica, visto che un anno dopo (il 6 luglio 1957) è entrato nel gruppo di John: The Quarrymen. Poco dopo a loro si è aggiunto George, presentato a John proprio da Paul. Nel 1969, quindi, sono più di dieci anni che vivono e lavorano insieme. Ringo è stato l’ultimo ad aggiungersi, ma ciò non toglie che i ragazzi sono diventati uomini insieme, hanno passato il bello -matrimoni, figli, successi- e il brutto - divorzi, rotture, morte di persone a loro vicine - sempre sostenendosi a vicenda. Vedere sgretolarsi il tutto non è di certo stato facile.

Se non conoscete la storia della nascita di Let It Be, ve la spieghiamo brevemente: in sogno Paul incontra sua madre, morta da più di dieci anni, che gli dice di lasciare andare le cose, non c’è bisogno di sprecare le energie per rendere evitabile l’inevitabile. La canzone è quindi un invito a staccarsi da ogni certezza, e pensate sia facile? Se vi dicessimo: “Mollate ogni vostra certezza”, per voi sarebbe facile? Certo che no, e vi assicuriamo che non lo è stato neanche per noi, che abbiamo mollato e continuiamo a mollare qualsiasi legame ci dia una parvenza di sicurezza. Meno che mai è stato facile per Paul e negli otto minuti finali della seconda parte c’è tutta la sua sofferenza, la sua frustrazione, per un pezzo che lo mette a nudo davanti al suo specchio interiore.

Sapete che succede quando si affrontano i propri demoni? Quando ci ritroviamo faccia a faccia con le nostre paure più grandi? Improvvisamente si trasformano, diventando i nostri più grandi alleati. Non a caso, infatti, l’album Let It Be esce l’8 maggio 1970, un mese dopo quel 10 aprile 1970, data ufficiale dello scioglimento del gruppo. Non a caso, poi, il primo a mettere nero su bianco l’intenzione di mollare tutto, è proprio Paul McCartney.

Non sappiamo se è stato merito del montaggio, o se effettivamente qualcosa è rimasto ancora nascosto, fatto sta che fino alla seconda parte non abbiamo trovato il gruppo così spaccato al suo interno, sebbene, invece, la morte di Epstein li abbia resi tutti e quattro visibilmente più cupi e spaesati. Probabilmente, però, Get Back riprende la quiete prima della tempesta, visto che i veri e propri problemi iniziano un mese dopo, dal febbraio 1969. Ma di questo parleremo sicuramente in altri articoli dedicati ai Beatles.

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