giovedì 18 novembre 2021

#Musica: Art is Dead

Quando abbiamo deciso di voler entrare nel magico mondo di Bo Burnham e delle sue opere, di certo non ci aspettavamo quel che alla fine abbiamo trovato.
Per noi, così come per tantissime altre persone per anni, è stato semplicemente il ragazzo alla tastiera del famosissimo vine, niente di più e niente di meno.

Poi con TikTok le canzoni di "Inside" sono diventate sempre più famose, tanto che ormai tutti conoscono o hanno ascoltato almeno una volta pezzi come "Welcome to the Internet", "Bezos I" e "White Woman's Instagram".

"Words Words Words", oltre ad essere l'ennesima canzone di Burnham a essere diventata virale su TikTok, è anche il titolo del suo secondo album uscito nel 2010 e del suo primo speciale trasmesso su Comedy Central e registrato il 30 Giugno 2010 al Carolines on Broadway di New York.
"Entertainers like to seem complicated, but we're not complicated, I can explain it pretty easily: have you ever been to a birthday party for children, and one of the children won't stop screaming 'cause he's just a little attention attractor? When he grows up to be a comic or actor he'll be rewarded for never maturing, for never understanding or learning that every day can't be about him, there's other people, you selfish asshole.
(Agli intrattenitori piace sembrare complicati, ma non siamo complicati, posso spiegarlo abbastanza facilmente: siete mai stati a una festa di compleanno per bambini e uno dei bambini non smette di piangere perché è smanioso di attenzioni? Quando crescerà per essere un comico o un attore sarà ricompensato per non essere mai maturato o per non aver mai imparato che che ogni giorno non può riguardare lui, esistono altre persone, stronzo egoista.)"

Se avete letto l'articolo del sopracitato "Inside" o del suo precedente speciale, "Make Happy", sapete che Bo Burnham non è uno che con le parole e con gli insulti - rivolti principalmente a se stesso - ci va leggero; in questa canzone il fatto che stia parlando della sua persona è ben chiaro fin da subito. Però come abbiamo già detto una volta, nella sua comicità auto-denigratoria il comico riesce a trascinare con sé il pubblico, e "Art is Dead" non è affatto diversa.
Sappiamo che quel che stiamo per dire potrà non piacere, ma ascoltateci un attimo: tutti quelli che in un modo o nell'altro decidono di entrare nel mondo dello spettacolo sono un po' degli "stronzi egoisti smaniosi di attenzioni".
Ma quante ce ne raccontiamo? Fa quasi ridere, davvero.
Per non accettare il nostro bisogno disperato di attenzioni ci ripetiamo costantemente di essere timidi, introversi, che non abbiamo molto da dire, che non ci piace stare di fronte a una videocamera perché siamo insicuri del nostro aspetto fisico o del nostro modo di fare, che preferiremmo morire piuttosto che fare qualcosa che richiede solo la nostra voce perché la odiamo a morte, e potremmo continuare.
Quello da cui nessuno può scappare (noi comprese, non vi credete), è una cosa e una soltanto: nonostante tutte le bellissime e rassicuranti scuse che amiamo raccontarci per non guardare in faccia la verità - e tantomeno per non farla vedere agli altri -, amiamo e bramiamo i riflettori, e facciamo di tutto per essere al centro dell'attenzione. E quando non riusciamo a rimanerci? Torniamo a essere o diventiamo quel bambino che non riesce a smettere di piangere, e quindi diventiamo fonte di scandalo, creiamo discussioni e cambiamo la maschera che mostriamo al mondo per far parlare di noi.
È inevitabile, non riusciamo a non farlo.

"I am an artist, please God forgive me, I am an artist, please don't revere me, I am an artist, please don't respect me, I am an artist, you're free to correct me.
(Sono un artista, per favore Dio perdonami, sono un artista, per favore non veneratemi, sono un artista, per favore non rispettatemi, sono un artista, siete liberi di correggermi.)"

Non riusciamo proprio a non metterci su un piedistallo, però vogliamo allo stesso tempo essere trattati come persone ordinarie, e se prima ci veniva quasi da ridere, ora ridiamo eccome.
Per citare la canzone che ha dato il titolo all'album e allo spettacolo stesso: "Just relax, if you wanna know me, here's two facts: I hate catchy choruses and I'm a hypocrite, hungry hungry hypocrite.
(Rilassatevi, se volete conoscermi, eccovi due curiosità: odio i ritornelli accattivanti e sono un ipocrita, sono un razza di ipocrita.)".
Oltre al fatto che solitamente in questi articoli non mettiamo mai i link delle canzoni e in questo caso lo abbiamo fatto perché per comprendere veramente il significato della frase appena scritta crediamo sia necessario che voi ascoltiate il brano, non riusciamo a trattenere le risate perché, decontestualizzando quest'ultima, veniamo di nuovo colti in flagrante: siamo tutti degli ipocriti, e non sappiamo veramente cosa vogliamo; vorremmo tutto, vorremmo essere perennemente al centro dell'attenzione, ma quando lo siamo, allo stesso tempo vogliamo la nostra privacy e la nostra libertà, vogliamo essere acclamati, ma poi vogliamo anche che le persone non ci venerino, vogliamo salire su un palcoscenico ed essere ascoltati senza essere interrotti, ma vogliamo essere corretti.
Lo ripetiamo: alla fine della fiera, siamo davvero solo dei bambini che non sono ancora cresciuti.

Non sentitevi liberi di correggerci in questo: anche se questo articolo non è scritto in prima persona, la persona che lo sta scrivendo da piccola era la bambina che piangeva alle feste di compleanno degli altri finché non riceveva attenzioni, e non metaforicamente parlando, quindi sappiamo fin troppo bene quanto ogni singola parola scritta in questo articolo sia vera.

"I am an artist, but I'm just a kid, I'm just a kid, I'm just a kid, kid, and maybe I'll grow out of it.
(Sono un artista, ma sono solo un ragazzino, sono solo un ragazzino, sono solo un ragazzino, un ragazzino, e forse crescerò.)"

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