martedì 2 novembre 2021

#Pensieri: Con il rischio di andare contro al concetto di orgoglio

Con il rischio di andare contro al concetto di orgoglio che la comunità LGBTQ+ cerca di portare avanti da decenni, ammetto per la prima volta in ventuno anni della mia vita che mi farebbe veramente tanto, tanto, ma tanto comodo essere eterosessuale.
Chi mi conosce - anche un poco - probabilmente a quest'ora, dopo questa frase, mi guarderebbe sicuramente storto.

"Da quando fai quello che ti viene detto di fare?" mi ha chiesto Frè una volta.
Sono sempre stata così, ho sempre fatto le cose perché volevo farle e non perché mi era stato detto di farle, le ho sempre fatte ai miei termini (che potevano ma non dovevano necessariamente essere i termini imposti dagli altri) e con i miei modi, se mi sentivo anche solo vagamente in costrizione smettevo immediatamente di fare qualsiasi cosa io stessi facendo, ma allo stesso tempo le buone con me non hanno mai funzionato.

Ma allora perché, dopo aver visto il video del Senato che esulta per l'approvazione della tagliola sul DDL Zan, per la prima volta ho pensato che avrei voluto essere il tipo di persona che si conforma e si omologa a quello che i più credono sia giusto che io sia? Perché ho pensato che forzarmi a farmi piacere una cosa sola sia la scelta giusta?
Ci ho dormito su.
Ci ho dormito su e sono arrivata alla conclusione che forse è l'esasperazione, lasciate che vi spieghi:
mi è sempre piaciuto pensare di essere stata fin dall'inizio molto in pace con la mia sessualità, sicuramente non ho mai complicato troppo le cose, i bambini non lo fanno. A otto anni avevo una cotta per un mio compagno di classe, poi, per gioco io e la mia migliore amica dei tempi (che sarebbe diventata a quattordici anni la mia prima relazione non seria) ci siamo date un bacio a stampo e mi è piaciuto.
Fine, no? Che dubbi avrei dovuto avere esattamente?
Dall'ultimo periodo delle medie fino alla quarta superiore addirittura i ragazzi non li guardavo proprio, era come se non esistessero; guardavo le ragazze e ne parlavo allo stesso modo in cui la maggior parte dei ragazzi guardavano e parlavano delle ragazze e viceversa, ma non sono comunque mai saltata a conclusioni e anche in questo caso non ci ho mai pensato più di tanto: sapevo di non poter avere l'arroganza di sapere tutto a soli diciassette anni.

Credo di aver fatto il mio primo errore quando in primo superiore ho ingenuamente creduto che tutti avrebbero avuto la mia nonchalance a riguardo, e credo di aver fatto il mio secondo errore facendo coming out per la prima volta nella mia vita a una mia compagna di classe che credevo fosse mia amica.
Nemmeno a dirvelo, dopo due giorni contati lo sapeva tutta la mia classe e forse, se mi è andata bene, anche altre due o tre sezioni di altri indirizzi presenti nella mia scuola.
Sono morta dentro, ma non l'ho mai dato a vedere, e quando nel corso degli anni le persone mi sono venute a chiedere informazioni (molto spesso con un sorrisetto di scherno stampato in faccia), semplicemente alzavo le spalle, all'occorrenza ridevo e non davo importanza alla cosa.
Questo ha fatto un male cane, ma non mi aveva preparato al "Vatti a confessare" di mia zia (a quattordici anni), al "Ah ma quindi non sei né carne e né pesce" delle mie sorelle (a quindici anni) e ai continui "Ma ti immagini che schifo baciare una donna?", "Ti giuro che se ti vedo entrare dentro casa mano nella mano con una ragazza ti sbatto fuori casa e cambio la serratura", "Ma ti pare che si devono vedere due uomini e due donne insieme? Silvia vieni qui, dimmi un po' se ti sembra normale" di mia nonna (iniziati a sedici anni e mai finiti).

Credo che la mia esasperazione di oggi sia semplicemente una realizzazione della complicazione dell'unica cosa che nella mia vita non avevo mai visto come complicata, e con il rischio di andare contro al concetto di orgoglio che la comunità LGBTQ+ cerca di portare avanti da decenni, ammetto che in questo momento ho veramente voglia di dire a tutti che la mia era solo una fase, per rendere questa situazione l'unica cosa ad essere di nuovo semplice.
Ho bisogno che almeno una cosa della mia vita rimanga semplice.

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