mercoledì 10 novembre 2021

#Pensieri: Quanti vorrebbero un amico come Klaus?

[L'articolo contiene spoiler]

È da qualche mese che la rubrica de “Quanti vorrebbero un amico come [inserire nome personaggio]?” non va avanti, quindi ho deciso di tornare sui vecchi passi. Il problema iniziale era, ovviamente, quello di scegliere di quale parlare, dato che, come le altre ragazze di 4Muses, guardo una quantità ingente di film e serie tv. L’ultima volta che sono stata al Romics, non ho potuto non notare una fan art a tema Klaus Hargreeves, de “The Umbrella Academy” di Netflix. Tornandomi oggi alla memoria quello successo meno di un mesetto fa, oggi ho scelto di parlare proprio di quest’ultimo, quindi ripropongo: quanti vorrebbero un amico come Klaus?

Partiamo dicendo due righe sull’attore: interpretato da Robert Sheehan (classe 1988), ci ho messo un po’ a ricollegare il suo volto a quello di Simon di Shadowhunters, Città di ossa (il film). La sua trasformazione, dal nerd occhialuto a Numero Quattro di The Umbrella Academy, mi ha lasciata davvero stupita. Come dicevo, nella serie tv di Netflix, interpreta Klaus, il ragazzo che comunica con i morti. Quando lo conosciamo, proprio nella puntata pilota, lo vediamo tutto contento sgambettare per aver appena acquistato la sua dose di droga, seguito da una sequenza in cui si vede un’ambulanza e un paramedico che lo rianima. Questo già ci fa capire come sarà il personaggio nella serie.
Klaus ha sempre la battuta pronta, è allegro e solare, ma ha delle ferite emotive dentro davvero strazianti: da bambino, infatti, suo padre adottivo, Reginald Hagreeves, era così intenzionato a fargli sprigionare il suo potere da costringerlo a torture inaudite. Dato che Klaus era in grado di parlare con i morti, questi tendevano ad assillarlo, a tormentarlo in ogni ora di veglia e sonno, spaventandolo terribilmente. Come si supera un problema del genere? Secondo suo padre, il metodo migliore era quello per rinchiuderlo, alla tenera età di tredici anni, in un mausoleo, tra le tombe infestate da fantasmi. Rinchiuso al buio, solo e indifeso, questo metodo doveva servire a fargli superare la paura della morte e dei morti. Ovviamente non ha funzionato, ha solo creato una ferita molto profonda nella psiche del ragazzo che, anche una volta raggiunta la maggiore età, non riesce a superare. Ovviamente non tutti i morti lo spaventano, anche perché al suo fianco c’è costantemente un altro dei suoi fratelli della Umbrella Academy: Ben, chiamato da Reginald “Numero Sei”, che gli fa un po’ da Grillo Parlante, da voce della sua coscienza.

Per annebbiare la mente e non “vedere” i fantasmi, l’unico modo è quello di mandare il suo cervello in tilt, ovvero facendo uso di droghe. Ma non è la sola ferita che il nostro Klaus si porta dentro. A causa di un viaggio temporale non volontario, il giovane si trova catapultato nel periodo della guerra del Vietnam, e subito viene arruolato come soldato. Il conflitto è così aspro che sembra inasprire anche i rapporti col prossimo, ma un soldato riesce a scalfire quel muro invalicabile: Dave. Lui sarà l’interesse amoroso di Klaus, ma anche il suo trauma. Durante un assalto dei vietcong, infatti, il giovane soldato viene colpito al petto e muore tra le braccia del suo amato, che non può far nulla per aiutarlo. Da quel momento in poi, l’ Hargreeves porterà sempre al collo le medagliette militari di Dave.

Diciamo che a livello emotivo, Klaus non sta proprio benissimo. Tutto questo, però, non giustifica il volerlo come amico – a meno che qualcuno non abbia l’indole da crocerossina – e allora perché ho scelto proprio lui?

Nonostante tutto, Klaus è un personaggio originale, folle, eccentrico e senza peli sulla lingua. Non ha alcun problema a esprimere la sua peculiarità, è estroverso e non dà peso al pensiero degli altri. Indossa per lo più abiti femminili e lo fa con disinvoltura, neanche la sua famiglia lo giudica per questo. L’uso di droghe che fa costantemente sono una scusa per evadere dalla realtà, per erigere un muro difficile da scalfire. È un animo vulnerabile, ma sempre pronto ad aiutare i fratelli, a volte arrivando anche a morire per loro – fortunatamente fa sempre ritorno dall’altra parte-. Quando sua sorella Vanya viene rinchiusa in un bunker perché i suo poteri stanno andando fuori controllo, lui fa di tutto perché lei non subisca la stessa tortura che gli venne inflitta dal padre nel mausoleo. Conscio di quel dolore, fa di tutto perché altri non soffrano. Inoltre quando viene a sapere che suo padre, il mostro che aveva sempre creduto, ha scelto di morire per far riunire la famiglia, una lacrima riga il suo viso: per quanto distruttivo, è sempre stato per lui un genitore.

Anche nelle situazioni più drammatiche e critiche, a volte serve qualcuno che sappia davvero alleggerire la tensione e Klaus fa proprio questo. Allegro e autoironico, spesso è una boccata di positività per chi gli sta attorno. Inoltre, tra tutti, è quello che ha avuto una migliore crescita. Da tormentato dai fantasmi, incompreso dalla sua famiglia, diventa davvero di vitale importanza per tutti. La consapevolezza di sé e del proprio potenziale ne fanno un personaggio che matura, divenendo anche la “voce della ragione” quando le decisioni della famiglia si fanno precipitose.

Inoltre è anche in grado di trasformare i problemi in opportunità: quando viene catapultato negli anni ’60, il suo stile di vita, basato sull’edonismo e sul vivere la vita “a mille”, fonda il “culto di Klaus” con i suo seguaci, i Destiny’s Children, una dottrina basata sull’amore universale. Basata sulle sue scelte musicali (il nome dei seguaci è tutto un programma, come altre citazioni ai Backstreet’s Boys e simili), impone degli elententi non troppo distanti dalle altre religioni, come la paura per la fine del mondo, la pace tra i popoli, e l'amore libero. Insomma, si tratta di un personaggio eccentrico, con tanti problemi ma anche tanti pregi. Io lo vorrei davvero come amico, e voi?

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