lunedì 24 gennaio 2022

#Cinema&SerieTv: Incastrati - Recensione

Che Netflix sia arrivata in Italia ormai è sempre più ben visibile a tutti. Le produzioni del noto distributore si stanno facendo sempre più presenti e gli investimenti sul territorio sembrano puntare l’attenzione proprio sull’aspetto “locale” e nazionale. Netflix sta puntando su prodotti territoriali che riescono a evidenziare le caratteristiche del nostro immaginario, fagocitando prodotti che possono essere in grado di farci espatriare in tutto il mondo senza l’esasperante caratterizzazione stereotipica che molto spesso ne è emerso dal passato. Siamo noi italiani che guardiamo noi stessi e ci critichiamo, nessun giudizio esterno. Solo noi.

Incastrati di Ficarra e Picone è proprio l’esempio di questo ampliamento e di questa cassa di risonanza che si cerca di dare al nostro territorio. Una volta tanto, la località - sicilianità - viene inquadrata dagli occhi di chi la vive appropriandoci un po’ di quel crime fatto di sotterfugi, di incastri e di malavita. Il tutto con chiave drammaticamente comica che, però, riesce a creare una commistione di generi che ne risulta decisamente vincente.

Alle spalle, "La coda della volpe" un pezzo della costa saccense
Con i loro sei episodi, dalla durata di circa venti minuti ciascuno, ci portano in questo fanta-paesino siciliano composto da diverse inquadrature di diverse cittadine dell’agrigentino e del palermitano. In particolare, muovendo l’orgoglio di tutte e quattro, non possiamo fare a meno di parlare di quanto bella sia Sciacca nelle inquadrature che sono state selezionate all’interno della scenografia della serie. Questa città, infatti, è un luogo alla quale siamo particolarmente legate - non solo perché una di noi ci è nata e ci ha vissuto per i suoi primi diciotto anni della propria vita - ma anche per i ricordi che abbiamo costruito durante un’estate di qualche anno fa.
Sciacca, dunque, si fa scenografia perfetta per l’inghippo nella quale i due cognati si ritrovano. Si costruisce, così, una storia paradossale su i più classici temi della sicilianità: quindi mafia e polizia. Il tutto si articola, inoltre, sulla battuta e sulle incomprensioni tanto che i due finiscono con l’essere, per l’appunto, incastrati in un crimine con tanto di movente sulle loro spalle.

Insieme ai volti noti di Salvo e Valentino, appaiono sullo schermo dei nostri pc vecchie siciliane conoscenze, come Sergio Friscia, Tony Sperandeo e Leo Gullotta. Una volta tanto, quindi, il siciliano parlato e la sua inflessione è decisamente vera e meno studiata in dizione. Il che, tradotta e doppiata nelle altre lingue, questa serie diviene ancor di più divertente. Sentire Ficarra e Picone doppiati in inglese è, di certo, un’esperienza quasi onirica. Le battute, del resto, giocano con la località e con l’accento, con il siciliano stesso e quindi sono pressoché difficili da rendere in un’altra lingua. Ad esempio, vi sfidiamo a dirci come hanno tradotto: Cosa inutile.

Incastrati, dunque, funziona proprio perché si concentra su quel concetto di Glocal sulla quale sembra voler puntare la piattaforma. Lo abbiamo, del resto, già visto con la serie “Strappare lungo i bordi”. Concettualmente, infatti, abbiamo lo stesso procedimento: da una parte la romanità, dall’altra la sicilianità. Un modo per poter riraccontare il territorio attraverso le proprie particolarità, le proprie bellezze e anche i propri dialetti.

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