sabato 22 gennaio 2022

#Racconti: Il luogo dell'anima

“Maybe it’s a gift that I couldn’t recognize
Maybe I don’t really need to feel satisfied
Maybe it’s a gift that I spent all this time
Just trying to feel alive”
Trying to feel alive, Porter Robinson

La luce sfumava lenta e serena mentre egli attraversava villa Ada a passo lento. Il cielo mutava di tonalità, come fosse una dama pronta a indossare l’abito da sera. Il crepuscolo gremiva l’atmosfera, facendo da palcoscenico alle piante che danzavano quiete al fruscio del vento. 
La giornata volgeva al termine ma l’avrebbe rivissuta senza remore. Nella sua mente echeggiavano ancora le note che aveva composto e poi suonato sul suo pianoforte. 
E così ripensava al momento in cui eseguiva la sua composizione: una nuova energia lo aveva attraversato, come se d’improvviso si fosse sentito in contatto con l’infinito. 
Rifletteva ancora riguardo a quell’aura dal carattere assoluto che aveva sentito dentro sé, e nel mentre, continuava ad avanzare calmo lungo la via costeggiata dalla rigogliosa vegetazione. Ogni passo avanti era come una nota, e il sentiero era il suo spartito. 
Nessuna fatica nell’esecuzione, la natura aveva l’abilità di un direttore d’orchestra impeccabile e coordinava zelante ogni suono proveniente dal parco. 
Nell’ascoltare i suoni dell’ambiente, sentiva nuove melodie, sentiva la vita fluire come linfa nelle vene. E sentiva ancora una forte energia, che lo guidava senza meta tra gli alberi imponenti. 
Quello stesso slancio vitale muoveva i suoi passi da quando aveva deciso di uscire di casa. Senza meta, guidato dall’istinto e dall’intuito, ha cercato semplicemente di sentirsi vivo, affinché l’energia fornita dalla sua composizione non implodesse dentro di sé. 
E quando si incamminò verso casa, bramava altra assuefazione, voleva immaginare nuove composizioni di suoni e colori capaci di trasportare i suoi pensieri tra il reale e il fantastico. Andò a dormire, ma quando trascorse la notte, a placarlo non era bastato il sonno, né l’arrivo di un giorno diverso dal precedente. La fibrillazione data da un desiderio indefinito, lo portava a ripensare alle azioni del giorno precedente, come se gli fosse sfuggito qualcosa, come se altre emozioni fossero celate in un'utopia raggiungibile attraverso percorsi poco chiari. 
Quando si destò dal letto, pronto ad assaporare la nascente giornata, cercò di lasciarsi guidare immaginando delle nuove note che avrebbe riprodotto al pianoforte. Dopo la colazione, non si mise subito a suonare, ma decise di fare un’altra passeggiata a Villa Ada, pensando che avrebbe stimolato la sua creatività. 
Giunto alla sua destinazione, si osservò scrupolosamente intorno, ammirando il verde che si stagliava oltre i suoi passi. 

Villa Ada è molto grande; era sempre sorpreso riscoprire questa piccola foresta che resisteva rigogliosa all’interno di Roma. Ogni volta che oltrepassava l’entrata di quel luogo, si sentiva in un universo differente; una cesura netta distingueva interno ed esterno. La separazione dal resto del mondo gli sembrava così evidente, l’energia che emanava il luogo aveva una peculiarità che la rendeva quasi mistica. 
Con il cuore deciso, si fece breccia nelle aree più interne del parco, senza avere un’idea precisa di dove sarebbe arrivato. E mentre avanzava, accarezzava gli alberi come se potessero trasmettergli saggezza. Continuò finché non trovò una panchina, ciò che appariva come un piccolo baluardo di antropizzazione all’interno di una foresta. Si sedette per sentire i cinguettii che sembravano suggerirgli delle melodie. Prese dalla tasca della giacca un foglio e una penna, e iniziò a segnare delle note, scrivendo energicamente. Non fece caso al tempo che scorreva, aveva impiegato tutta la sua concentrazione per riempire quello spartito improvvisato. Sentì una scarica di adrenalina, come se avesse appena compiuto un’impresa importante. Forse lo aveva fatto, ma per capirlo, doveva prima tornare a casa per suonare la sua nuova composizione. 
Girovagò un po’ senza riuscire a ricordare il sentiero dal quale era arrivato, a ogni bivio si sentiva sempre più disorientato. Avrebbe usato il GPS del cellulare, se non lo avesse dimenticato a casa nell’impazienza di uscire. I bivi divenivano sempre più frequenti, non aveva mai visto quelle strade, eppure aveva l’impressione di conoscere ormai abbastanza bene il posto, nonostante stesse a Roma da poco tempo. 
Percepiva qualcosa di strano, ma non era minaccioso. Mentre si chiedeva quanto avrebbe vagato ancora, uno strano bagliore attirò la sua attenzione. Proveniva al di fuori del sentiero e non era stata prevista una strada per arrivare in quel punto. Era al corrente che non fosse una buona idea immergersi completamente nella vegetazione dopo essersi smarrito, ma in quel momento il cuore comandava alla logica. 
Si addentrò con qualche difficoltà, e una volta raggiunto il bagliore, rimase diversi attimi attonito. Non poteva credere ai suoi occhi, c’era un pianoforte abbandonato in quel luogo. Esaminò da vicino l’oggetto, i tasti sembravano tutti intatti, e c’era persino un pezzo di tronco che fungeva da sgabello. Con molta incertezza si sedette sul tronco, ma una leggera remore gli impediva di toccare i tasti. Ci mise poco a vincere la sua titubanza, e iniziò a provarli. Tutti emettevano i suoni corretti, ma la sensazione al tocco era strana. 
Provando nuovamente, vide che il suono modificava l’assetto dell’ambiente: piccoli germogli crescevano e scomparivano intorno a lui. Non sapeva se essere sorpreso o spaventato, di certo aveva avuto la prova che stava accadendo qualcosa di soprannaturale. 

Il timore cresceva ma il suo animo lo spingeva a continuare. Perché sentirsi in pericolo in un momento in cui poteva sentirsi vivo come mai prima d’ora? 
L’esitazione svanì come le ombre del mezzogiorno all'equatore durante l’equinozio. Deciso, tirò fuori dalla tasca il suo spartito improvvisato, lo posò sul leggio e iniziò a suonare. 
La dolce melodia si diffuse tra la vegetazione e tutto l’ambiente accolse l’armonia. Tutto mutava rapidamente, in pochi istanti crescevano rose e piante rampicanti, i fiori dei cespugli germogliavano velocemente come se la melodia portasse la primavera. L’erba splendeva diventando di un verde vivo e terso. Persino la luce reagiva alle variazioni armoniche, il giorno calava rapidamente fino a divenire crepuscolo. 
La sera si presentava luminosa quanto il giorno, le stelle e la luna piena sembravano proiettare la luce appositamente per far splendere l’area. Tutto era illuminato e una leggerissima nebbia rendeva l’aria poco più fresca. Un bagliore particolare filtrava dai rami di una quercia, per giungere sul pianista come se fosse un riflettore. Le lucciole si radunavano e sembravano danzare disegnando giochi di luce. Il pianista continuava imperterrito anche se faceva fatica a credere quello che stava accadendo. Non s’era mai sentito creatore tanto quanto quel momento. 

Ogni cosa dipendeva dalle sue mani e dai tasti che avrebbe concatenato. Poteva decidere le stagioni e gli orari del giorno, poteva strutturare l’ambiente circostante in base alla sua melodia. 
Quando terminò la sua performance, ebbe la parvenza di sentire un applauso lontano. Conservò nuovamente lo spartito, si alzò e si guardò intorno nel rinnovato silenzio. La quiete era molto diversa rispetto a quella che era presente prima che iniziasse a suonare. Aveva l’impressione che ogni cosa intorno a lui lo stesse acclamando. Le luci dell’alba sembravano essere un ultimo omaggio al pianista. 
S’era pure dimenticato che sarebbe dovuto tornare a casa, ma appena il pensiero si rifece vivo, notò una struttura che prima non era presente. Dalle finestre non riusciva a intravedere nulla e istintivamente si avvicinò alla porta. Era identica a quella di casa sua. La aprì e con sorpresa vide proprio casa sua. Si voltò osservando tutta la sua creazione illuminata dal chiarore dell’alba. Sentì fosse l'ultima volta che l'avrebbe potuta osservare. Dunque l’apprezzò nei minimi dettagli. Entrò dentro quella che aveva proprio l’aspetto di casa sua, e sospirando chiuse la porta. In quel momento percepì di aver abbandonato quel mondo, e infatti aprendo nuovamente la porta subito dopo, notò il classico ingresso del suo giardino. 
Richiuse la porta, faceva ancora fatica a realizzare tutto ciò. Si stese nel letto, con lo sguardo rivolto al soffitto. Notò di sentirsi diverso, come se dentro di lui ci fosse una nuova primavera. Lo strascico di quell’esperienza insolita, rendeva la sua visione del mondo differente. La bellezza di ciò che aveva visto, poteva raccontarla solo con la musica. Riprese il suo spartito in mano e lo osservò, pensando ad alta voce: 
“Tutto ciò che posso creare ed evocare, è racchiuso in delle note. Ora sono certo del mio posto del mondo, e finché ne avrò le forze, suonando narrerò della vita e delle sue sfumature”.

[Info]
Il racconto è stato scritto da Gianluca Boncaldo!
Se siete interessati a conoscerlo, ci lasciamo i suoi contatti: 
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