venerdì 7 gennaio 2022

#Arte: Narciso di Caravaggio

Vorrei guardarti lontano negli occhi e li vorrei profondi come pozzi e bui al punto tale che ci smetto di cercare il mio riflesso dentro. Non voglio finire come Narciso.

Canta Anastasio nel brano “Narciso”. Il mito di questo incantevole giovane viene raccontato ne “Le Metamorfosi” di Ovidio. È la storia del bellissimo cacciatore, figlio della ninfa Liriope, crudele al punto di spezzare i cuori di tutti quelli che se ne innamoravano. Su di lui gravava una pericolosa profezia, ovvero che non avrebbe raggiunto la vecchiaia se avesse conosciuto se stesso. Uomini e donne non riuscivano a essergli indifferenti. Perfino Eco stessa cade vittima del suo fascino, sparendo.

Per il suo cuore di ghiaccio, viene punito dagli dei e perde la testa per il suo stesso riflesso. Mentre si china sullo specchio d’acqua, perde completamente se stesso, lasciandosi morire di stenti. Oggi vogliamo proprio parlare di lui, di Narciso, ma facendo riferimento all’opera di Caravaggio, realizzata tra il 1594 e il 1596 e oggi custodita a Palazzo Barberini, presso la Galleria Nazionale d’arte antica.

Nel dipinto, viene realizzato il momento esatto dell’innamoramento, quando Narciso perde completamente la testa per il suo riflesso. La mano destra è appoggiata sulla terra, suo unico appiglio, mentre la sinistra sfiora il pelo dell’acqua, quasi ad accarezzare l’amato. Le maniche a sbuffo che coprono gli avambracci del cacciatore si riflettono in maniera speculare sull’acqua, in una perfetta simmetria a specchio.

Se sono come una carta da gioco, l’una l’inverso dell’altra, quello che salta all’occhio è il volto, quasi deforme, di Narciso nel suo riflesso. Gli occhi semichiusi, il viso non più delicato del giovane potrebbero lasciar presagire il tragico epilogo della sua storia. Secondo alcune fonti, infatti, il bel cacciatore non sarebbe morto di stenti, quanto affogato.

L’uso della luce nell’opera di Caravaggio riprende bene l’opera di Ovidio, che parlava di un luogo cupo e ombroso. Diventa parte della scenografia, in grado di svelare il drammatico dell’azione, della tragica morte di Narciso. La luce morente focalizza l’attenzione del pubblico sul viso giovane e pieno di vita del cacciatore e lo scuro del volto emaciato riflesso nello specchio d’acqua. Un po’ come una rappresentazione teatrale, i personaggi di Caravaggio sembrano entrare in scena dal buio, come pronti per il giudizio del prossimo.

Narciso viene delineato dalla luce sul suo volto, che ne mette in risalto lo stupore e lo sgomento di trovarsi davanti a qualcosa di tanto bello da catturare il suo interesse, insieme a un oscuro presagio della profezia che aleggia su di lui. Dopotutto il problema era quello di conoscere se stessi, l’uomo che indaga gli abissi del sé che rischia di perdercisi, come indicato dall’abbruttimento nel riflesso.

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