lunedì 17 gennaio 2022

#Anime: Sword Art Online

Se esistesse un gioco in cui puoi immergerti sfruttando tutti e cinque i sensi, voi ci giochereste? Ormai i caschi di realtà aumentata esistono, addirittura in Corea del Sud uno è stato in grado di far rivedere, di riabbracciare e di parlare una madre con la figlia morta a soli sette anni nel 2016. Certo, qui si aprirebbe tutto un discorso etico, perché non ci sarebbe mai in un caso del genere l’elaborazione del lutto, ma ci si rinchiuderebbe in un mondo in cui ci leghiamo in maniera “malata” all’avatar di una persona cara scomparsa. Questo discorso, però, serve per introdurre l’anime di cui parliamo oggi, “Sword Art Online” (SAO), nato dall’omonima Light Novel di Reki Kawahara e uscita nel 2009.

La storia inizia il 6 novembre del 2022, il giorno del lancio proprio del gioco “Sword Art Online”, un virtual MMORPG (un gioco di ruolo virtuale con multigiocatori) che funziona per mezzo di un NerveGear, un casco per la realtà aumentata che coinvolge tutti e cinque i sensi, mentre il player è sdraiato comodamente sul proprio letto, praticamente addormentato. Gli impulsi nervosi vengono codificati dallhardware del dispositivo e tradotti nel gioco. L’unica differenza è che nel gioco non è possibile provare dolore. 

Il protagonista della storia è Kirito, un liceale che è stato tra i fortunati beta-tester del gioco, quindi per lui tornare nel mondo di SAO è come un ritorno a casa. Dopo un’intensa giornata virtuale, i giocatori si rendono conto che non riescono più a scollegarsi. Il creatore del gioco (game master), Akihiko Kayaba, si dimostra essere un pazzo che li ha tutti intrappolati lì, disabilitando l’opzione di uscita dal menù di gioco. Se qualche giocatore, o una persona a lui vicina, prova a scollegare il nervegear o muore nel gioco, il casco invia al cervello un forte impulso elettrico che ne provoca la morte. Non c’è alcuna possibilità di resurrezione, quando i punti vita scenderanno a zero, l’avatar di gioco scomparirà e con esso anche la vita nel mondo reale. L’unico modo per lasciare SAO sarà quello di completare il gioco e battere il boss finale, situato al centesimo piano di un castello volante. Kirito rimane bloccato in quel mondo per ben due anni, in cui fa la conoscenza di un’altra giocatrice, Asuna, di cui si innamorerà. Riuscirà a battere il game master e a riportare i sopravvissuti a casa, ma allora perché la sua amata non si risveglia?

Dal punto di vista stilistico, Sword Art Online è davvero un prodotto di qualità che racconta in maniera attenta e minuziosa il viaggio dell’eroe verso il vero cattivo della storia. Le animazioni sono spettacolari, molto incentrate sul combattimento, con scenari di stampo fantasy dai colori brillanti che rimandano davvero a un videogioco moderno, mozzafiato, con città molto dettagliate e vaste pianure lucenti, con tramonti che lasciano a bocca aperta. Tutto per i giocatori deve sembrare reale. Nonostante vengano mostrati moltissimi personaggi, solo Kirito e Asuna vengono approfonditi. Dopotutto sono anche loro i cosplay che non mancano mai a nessuna festa del fumetto. Certo, il loro rapporto si costruisce in fretta, ma viene anche data la motivazione del tempo che scorre in maniera diversa nel gioco.

Storie d’amore, combattimenti al cardiopalma, momenti di tristezza nel vedere alcuni personaggi morire, una suspance continua, un mix di tutto questo è SAO. Abbiamo però due critiche che ci sentiamo di muovere verso questo anime che andrebbe guardato almeno una volta (e fermatevi alla prima stagione, perché è in assoluto la migliore): il protagonista, Kirito, è il classico Gary Stu (il Marie Sue al maschile), quel personaggio “forte perché deve essere forte”, che anche se c’è della tensione, vince perché non è concepibile che perda. L’ultimo tasto dolente riguarda i cattivi, i villain, che sono al pari delle macchiette, di personaggi talmente stereotipati dall’apparire ridicoli. In generale, però, si tratta di un anime ben fatto, di cui vi consigliamo vivamente la visione.

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