venerdì 13 ottobre 2023

#Mitologia: Andare oltre il dolore

Copertina del libro
"La Fatina del Camino" di Renny Taraglia

Abbiamo appena passato l’esperienza Romics e anche se stiamo ormai sui trenta, ci accorgiamo che anno dopo anno le emozioni che proviamo stando alla Fiera di Roma, a contatto con Cristina D’Avena, Giorgio Vanni, Sonia di Super3 and co e a tutte le persone che come noi sono appassionate a questo mondo, sono le stesse di quando eravamo bambini e attendevamo l’inizio di Bim Bum Bam, Game Boat o, ancora, La Posta di Sonia, l’Angolo delle Chiacchiere; per non parlare dell’inizio del nostro cartone animato preferito: bastavano le prime note della sigla per farci esaltare.


Per noi artisti (scrittori, attori, ballerini, pittori, video maker, doppiatori… non importa) è fondamentale rimanere bambini, ricordare di dare più spazio possibile al Puer Aeternus che vive dentro di noi affinché ogni nostra ferita venga guarita e rimarginata.

Oggi parliamo di tale importanza attraverso il mito norreno della vita e della morte di Balder.  
 
La figura di Balder

Credits: Pinterest
Balder (o anche Baldr, o Baldur) è il figlio del dio Odino e della dea Frigga. Ha un aspetto a dir poco solare: i capelli sono lucenti e lo splendore irradia tutto il suo corpo, portando gioia e pace a chiunque lo incontri. Molte scritture parlano di occhi azzurri come il cielo limpido estivo che non fanno altro che confermare la sua natura spensierata e sempre positiva.

Dai genitori ha ripreso la saggezza e l’amore per la natura ed è per questo che eccelle nella medicina naturale, tanto da diventare il più bravo tra i guaritori. A questo si aggiunge il gesto del padre che gli incide le Rune sulla lingua, così da renderlo anche il più saggio ed eloquente tra gli dèi.
Grazie a questi carismi e alle sue capacità, diviene molto amato e apprezzato, chiunque sa che con lui vicino le tenebre cessano di far paura, anche perché Balder si dimostra con la crescita lontano da ogni cattiveria, malizia e negatività.

Si sposa con la dea Nanna, da cui ha un figlio: Forseti, dio della giustizia, della pace e della riconciliazione.
Questo quadro idilliaco suscita però l’invidia dell’unico dio che ama seminare discordie: Loki.

La preoccupazione di Balder

Credits: Pinterest
Un giorno Balder sogna la sua morte, ma questo non gli suscita grande preoccupazione, se non fosse che l’incubo si ripete notte dopo notte, sempre più tremendo e dettagliato. Arrivato a questo punto decide di parlarne con gli altri dèi che, scioccati dal fatto che un dio possa solo immaginare di morire, non sanno bene come prendere la questione.


È la madre Frigga a mettersi in moto: gira tutti i Nove Mondi per far giurare a ogni essere vivente di non far del male in alcun modo a suo figlio. Visto il carattere pacifico del dio, tutti accettano di buon grado.
Frigga, però, non fa strappare tale promessa a una pianta piccola e innocua: il vischio. La dea, infatti, vedendola così tranquilla e pacifica, non se la sente di andarla a disturbare per un atto che palesemente non potrebbe mai compiere, neppur volendo.

Quando torna dal figlio, ha il cuore in pace e tutti sono più rilassati.

L’inganno di Loki

"The Death of Balder",
dipinto di Christoffer Wilheilm Eckersberg

Ben presto si sparge la notizia dell’immortalità di Balder, tanto che tutti gli dèi trovano divertente farlo sedere e colpirlo nel modo più ingegnoso possibile, solo per vedere ogni arma cadere ai suoi piedi senza colpirlo.

Questo gioco innocente intrattiene piacevolmente gli dèi, ma allo stesso tempo rende Loki rabbioso, visto che più nessuno cade sotto le sue grinfie e lui non può più godere del dolore altrui.

Il tremendo dio cerca ossessivamente un modo per mettere fine a questa ilarità e quando scopre che il vischio non ha giurato, si ingegna a intervenire: va dal dio cieco Hodhr e gli suggerisce di giocare anche lui a colpire Balder, guidato dagli occhi dello stesso Loki. Il dio accetta ingenuamente perché non può sapere che il grande ingannatore ha messo una pianta di vischio sulla freccia.

Allo scoccare dell’arma, la punta trafigge il dio Balder, suscitando uno sgomento tale che nessun dio riesce a perdonare Loki per tale gesto.
Sembra che la moglie Nanna, addolorata per la morte del marito, si sia fatta legare nella sua stessa pira funebre per morire assieme a lui.

Balder nel Regno dei Morti

Arrivato nel regno di Hel, la dea dei morti, gli propone una possibilità di salvezza: potrà tornare dai vivi a patto che ogni persona pianga per la sua morte.
Ancora una volta è Loki a negare una gioia: il dio si trasforma in una megera e rimane impassibile, non versando neanche una lacrima.
Balder è così costretto a nel mondo oscuro, dove Hel lo mette a regnare accanto a lei.

Solo dopo la grande battaglia finale, quella del Ragnarǫk, la luce di Balder potrà tornare a brillare su tutti noi.

Analisi del mito

Andiamo ora a vedere tutto ciò che significato ha su quanto scritto nell’introduzione.

Balder rappresenta il nostro Io bambino, quella parte di noi che è sempre gioiosa, positiva, propositiva, creativa, che vede solo soluzioni ai numerosi problemi quotidiani.
Chi sta scrivendo questo articolo ha avuto il piacere di lavorare per più di tredici anni con i bambini ed è stato proprio grazie alla loro enorme saggezza che ha potuto imparare molto della vita.
I bambini, soprattutto sotto i tre anni, non portano rancore, sono lontani dai sentimenti di odio o vendetta e riescono ad aiutarsi l’uno con l’altro senza chiedere nulla in cambio.

Vedendo tutta questa bellezza, i genitori tendono a proteggerli in ogni maniera, così come Frigga che gira i Nove Mondi per salvare il figlio da una probabile morte. La vita, però, ha le sue regole e i suoi piani ed è per questo che il dolore diventa inevitabile.

Loki rappresenta il mondo degli adulti, quello che ha il compito di infliggere pene e ferite emotive in ogni bambino. Lo sappiamo, è tremendo, ma è successo a ognuno di noi e dobbiamo ricordarci che è stato l’inconsapevole Hodhr a scoccare la freccia mortale.
Nessuno vuole far del male a un bambino, eppure ogni bambino è stato e sarà ferito, perché le nostre parole, i nostri gesti, anche se fatti a fin di bene o per divertimento, (fa venire i brividi pensare che molti genitori facciano scherzi tremendi ai figli solo per qualche like su TikTok, figuriamoci quando credono di agire in nome di un’educazione) possono arrivare a lacerare l’interno dei più piccoli.
Non c’è un manuale del bravo genitore, non esiste e mai esisterà. Possiamo di certo servirci delle classiche linee guida, ma la verità è che basta una sgridata, un divieto, una risata dopo una caduta, o uno spronare con troppo impeto per provocare dolore.
Frigga, difatti, non ha fatto giurare il vischio perché ha sottovalutato la sua condizione, allo stesso modo noi possiamo ferire con gesti che non ci sembrano poi tanto malaccio.

Il bambino diverrà poi un adulto e farà i conti con i suoi demoni interiori ma a nulla varranno le scuse degli altri se per primo non perdona gli stessi.
Balder potrà tornare tra i vivi quando tutti piangeranno per lui, cosa che non fa Loki, cioè quella parte di noi che si comporta esattamente come chi ci ha ferito.
Se, come diciamo sempre, ogni personaggio è una parte di noi, siamo noi i primi che non ci permettiamo di salvarci, perché è più facile fare del male esattamente come ci è stato fatto. È più facile vivere di rancori, senza mai mettersi in discussione. Il perdono, il deporre le armi è così difficile che solo il pensiero ci fa dire: “Io potrei anche perdonare, ma…”.

Ma allora come possiamo andare oltre il dolore?

Educazione ai sentimenti. Questo è quello che ci sentiamo di dire ogni volta che si parla della sfera delle emozioni negative.
Il bambino deve essere educato, a ogni suo comportamento negativo deve esserci una conseguenza, ma questa non deve mai diventare pretesto per esercitare un’autorità.
Il bambino farà presto il collegamento: se faccio qualcosa di sbagliato, mi puniscono e sto male, quindi se qualcuno farà qualcosa di sbagliato a me, è giusto che io gli infligga dolore.
Il bambino deve capire il perché di una punizione, il perché delle emozioni che sta provando e del fatto che non arrivano per farlo sentire male, ma per renderlo un giorno un uomo (parliamo al neutro) saggio e rispettoso.

È normale che nei miti o nelle favole i personaggi siano archetipi, quindi o totalmente buoni, o totalmente cattivi: da una parte abbiamo Balder, Cenerentola, Biancaneve, Aurora, Aladdin e Jasmine; dall’altra Loki, la matrigna con le sorellastre, la Regina cattiva, Malefica e Jafar… ultimamente la scrittura sta facendo nascere i cosiddetti personaggi grigi, provando a dare una spiegazione al perché i cattivi sono diventati cattivi, proprio a significare che nessuno di noi lo nasce.

Educare” deriva dal latino “educare”, forma intensiva di “educĕre”, dal significato di: “tirar fuori”, “allevare”. Non c’è nessuna traccia, quindi, di imposizione, pugno duro, fermezza. Il termine dovrebbe suscitare sentimenti di amore, immagini di carezze, forza delicata nel portare alla luce qualcosa. Bisognerebbe avere la passione e l’umiltà giuste nel vedere i carismi, i talenti e le potenzialità dell’altro senza rincorrere in nessun tipo di violenza, fisica o psicologica. E attenzione: come abbiamo detto il silenzio è violenza psicologica, esattamente come le urla o gli insulti ripetuti.

Prima di proseguire è bene darvi una piccola chicca: l’etimologia di “rispetto” (dal latino “respĕctus -us”) ha come significato quello di “guardare all’indietro”. Il rispetto, quindi non si pretende o non si deve dare a prescindere, ma va guadagnato in base alle nostre azioni presenti e passate. Arrivati a questo punto, quindi, bisogna scendere a patti che molti adulti – o anche nostri coetanei – hanno sbagliato con noi, è vero, ma mai per cattiveria, bensì perché loro stessi sono stati educati al mondo nel modo sbagliato.
L’unico modo per poterli davvero perdonare è quello di cominciare a trattare gli altri nel modo esatto in cui vorremmo essere trattati e ascoltati noi per primi. Proseguire nei comportamenti negativi non fa altro che alimentare le nostre ferite, portando così dolore al mondo.

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