giovedì 10 marzo 2022

#Anime: Seven Days War

Che i ragazzi debbano fare i ragazzi è un dato di fatto. A ognuno deve essere permesso di fare le proprie esperienze, senza che gli adulti impongano un loro modo i pensare ai giovani. Certo, vanno avvicinati al mondo, ma non per questo devono sottostare se esso appare ingiusto ai loro occhi. Lo scontro generazionale è uno dei temi centrali dell’anime “Seven Days War” (La nostra guerra dei sette giorni) disponibile su Netflix. Si tratta della trasposizione animata dell’omonima light novel datata 1985, anche se rivisitata per essere più fruibile ai giorni nostri.

Nella storia ci viene presentato Mamoru Shuzuhara, un giovane liceale da sempre innamorato della sua compagna di classe, nonché vicina di casa, Aya Chiyono. Il nostro protagonista, però, rimane sconvolto nello scoprire che il suo amore adolescenziale andrà via dalla loro città. Il suo trasferimento coincide con il compleanno della stessa, quindi decide di fuggire con lei nei sette giorni che precedono il compleanno della ragazza, così da festeggiare per l’ultima volta insieme. Con il supporto di altri quattro compagni di classe, decidono di nascondersi in una vecchia fabbrica abbandonata. Non sanno, però, che al suo interno si nasconde Malet, un bambino thailandese ricercato per essere rimpatriato dall’ufficio immigrazione. Nei loro sette giorni di “ribellione”, i ragazzi dovranno fare i conti con loro stessi, i loro sentimenti, ma anche con lo scontro con gli adulti, passando inevitabilmente per la gogna mediatica.

Quello che più di tutto ci ha colpito di questo anime e proprio quest’ultimo punto: la reazione del mondo esterno. Quando il web viene a sapere della fuga dei ragazzi, cominciano a piovere commenti sulla loro scelta. Tra tutti i pettegolezzi più o meno velenosi, i più importanti quelli dei loro compagni di classe, che scelgono di svelare gli altarini di tutti, raccontando fatti o pensieri che erano stati espressi in confidenza. Inevitabilmente, questo porta i sei giovani a litigare. Il malumore è evidente e la situazione sembra critica, se non fosse che l’intervento di Mamoru riporta la pace. Lui è il primo che ammette le sue colpe e finisce per confessare il suo amore per Aya. Uno a uno, incoraggiati dalla scelta di Mamoru stesso, cominceranno ad aprire il loro cuore, ritrovandosi più legati che mai.

Anche lo scontro generazionale è ben sottolineato. Aya è costretta a sottostare al volere del padre, un uomo disonesto che non si cura minimamente della felicità della figlia, puntando al tornaconto personale. Nell’anime, scopriamo anche che presto le avrebbe anche combinato un matrimonio di convenienza. Per il medesimo tornaconto, inizialmente la protegge anche dalla gogna mediatica. La frase che sembra perseguitarli è: “comportati come un adulto”, nel senso di abbassare la testa di fronte a chi è più forte, alla cieca obbedienza e a sopprimere tutti quei comportamenti che sembrano infantili. Ma se si è giovani, perché bisogna per forza omologarsi a un mondo in cui non ci si rispecchiano? Ed ecco che parte la loro ribellione, compresa quella di proteggere Malet che sta aspettando che i suoi genitori tornino a prenderlo, dopo che il palazzo dove abitava con altri connazionali era stato sgomberato. Malet non si fida degli adulti, perché cercano in tutti i modi di portarlo via con la forza. Gli stessi avevano illuso la sua famiglia che avrebbero trovato facilmente un lavoro, con il risultato di un nulla di fatto e la relativa cacciata. Che ne è del mondo che gli adulti gli avevano promesso? Se è tutto una menzogna, perché fidarsi? 

Eppure non tutti gli adulti sono contro di loro, perché capiscono il loro desiderio di estraniarsi da un mondo che sembra correre troppo veloce e che non permette a nessuno di esprimersi. Una figura che infonde loro coraggio è “Giglio della pioggia”, la donna che incita Mamoru a essere se stesso, a non nascondersi più e che si dimostra essenziale anche per far ricongiungere il bambino (che alla fine si scopre essere una bambina) con i propri genitori.

“Comunque vada, l’importante è averci provato”

Mamoru e i suoi amici sono giovani, devono potersi dedicare anche alle avventure personali per poter crescere. Essere giovani vuol dire anche fare delle esperienze, nella libertà di essere chi si vuole essere e, più avanti, diventare. Quella che doveva essere una ribellione, si trasforma in una guerra della non violenza. Davanti alla capacità di riscoprirsi un po’ bambini e sognatori, anche gli adulti  abbasseranno le difese e inizieranno a ricordare un passato che sembravano aver dimenticato con la crescita.

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