mercoledì 25 maggio 2022

#Cinema&SerieTv: L'arma dell'inganno - Recensione

Il cinema sembra avere ancora l’esigenza di scoprire e aprire i diversi vasi di Pandora che ancora non sono stati del tutto sottoposti all’occhio critico dello spettatore. Facendo così continua a riportare in auge la tematica delle Guerre Mondiali, in un periodo storico che sembra necessitare del ricordo. Arrivato in sala il 12 maggio, “L’arma dell’inganno” cerca di puntare i riflettori su una delle operazioni di spionaggio più centrali all’interno della storia contemporanea.

Il nuovo film di John Madden, infatti, ci riporta agli eventi che hanno preceduto il 10 luglio del 1943, così da farci scoprire tutti gli elementi che si sono susseguiti per poter permettere lo sbarco in Sicilia delle forze alleate. Il soggetto tratto dal romanzo di Ben Macintyre, e attraverso la crasi tra spy movie e war movie si riesce a raccontare la grande umanità che era stata celata a un pubblico di più largo respiro.
L’operazione Mincemeat è stata la versione più recente, al momento conosciuta, che riproponeva uno schema simile a quello del cavallo di Troia. Per poter, infatti, cercare di sfiancare il rafforzamento nazista sulle coste italiane, la Marina inglese fece credere alle forze del Führer che l’intenzione era quella di sbarcare sulle coste greche e non su quelle italiane.

Per confondere l’esercito del Führer, il piano fu quello di far credere che un soldato inglese fosse caduto intorno alle coste spagnole trasportando dei documenti secretati riguardanti lo sbarco in Grecia. Il corpo che venne usato era quello di un gallese morto suicida, tale Glyndwr Michael, divenuto successivamente e inconsapevolmente un eroe nazionale. Un’identità che venne riconosciuta solo nel 1998, anno nel quale la Marina Militare inglese fece apporre l’incisione sulla sua tomba in Spagna: “Glyndwr Michael Served as Major William Martin, RM”.

Una storia vera che, dunque, riesce a raggiungere un pubblico molto più vasto di quanto finora non fosse stato. Del resto si sa che i documenti di guerra, soprattutto riguardanti le diverse operazioni, rimangono secretati anche negli anni successivi. Per poter raccontare concretamente i fatti storici è necessario riuscire a trovare una propria chiave di volta. Stravolgerli, ingrandirli, costruire una sovrastruttura sui personaggi sono strategie che possono risultare accattivanti per l’intrattenimento filmico, ma nocivi per i fatti trattati. È pur vero che questo film è tratto da un romanzo, quindi comunque è un adattamento di un racconto, ma la base reale resta comunque ben tangibile ed è quella che spinge lo spettatore a commuoversi.

Il tempo narrativo, infatti, gioca un fondamentale ruolo. La costruzione di uno spy movie, del resto, avviene proprio attraverso i diversi tempi e i diversi archi che vengono inseriti scena dopo scena. La non linearità del racconto, cioè le digressioni e i passaggi, sono fondamentali per svelare passo dopo passo gli indizi volti a far comprendere allo spettatore cosa si sta vedendo. La cura del lato sentimentale dei nostri protagonisti, infatti, conferisce una potenza narrativa di tutto rilievo perché si gioca con le personalità che hanno fatto la storia, ma allo stesso tempo le si connota di un grande lato umano. La scelta sul cosa narrare, sul quando e come mostrarlo, si svela la carta vincente in una narrativa di questo tipo.

Tra i vari personaggi in questa storia, è importante sottolineare la presenza di Ian Fleming (padre di James Bond), inserito non solo nel suo ruolo di tenente della Royal Navy, ma anche come scrittore. Per tutta la pellicola vengono inserite delle gag sulla presenza all’interno della marina militare di sedicenti scrittori in erba, ma del resto, si sa che gli intrighi reali sono la migliore fonte di ispirazione. Difatti l’operazione Mincemeat ha delle similitudini con una delle operazioni proposte dallo stesso Fleming nel 1940. Il suo personaggio è portato in scena dall’attore Johnny Flynn.

L’arma dell’inganno è una crasi tra uno spy e un war movie. Un punto di vista non nuovo, su fatti poco noti. Gli anglofoni cercano di riprendersi il merito di quanto avvenuto al termine del conflitto ricordando una delle missioni più gloriose mai fatte nella storia contemporanea. Uno sbarco, quello in Sicilia, che risveglia anche in noi italiani quella coscienza storica che un po’ sembra si stia andando ad assopire.

Nessun commento:

Posta un commento