mercoledì 11 maggio 2022

#TheBeatles: Strawberry Fields Forever

crediti: Alessandro Ventrella

Premessa importante: non sappiamo se in questo articolo parleremo della canzone, di Strawberry Field, di John Lennon e il suo rapporto con questo luogo o di chissà cos’altro.
È molto probabile, però, che parleremo di tutto questo insieme. Proveremo ad andare per ordine.

E per andare in ordine dobbiamo rispondere a una serie di domande fondamentali per poter parlare della canzone in sé per sé, domande che intanto sono: che cosa è Strawberry Field? Cosa rappresentava per John?
Dell’infanzia di Lennon abbiamo bene o male parlato all’interno dell’articolo di “Nowhere Boy” (che vi consigliamo vivamente di leggere prima di proseguire con la lettura di questo articolo); certo che c’è di più, ma degli eventi più significativi della sua infanzia ne abbiamo già parlato.
Quello di cui però non abbiamo mai parlato sono i luoghi di John Lennon. In generale per i luoghi dei Beatles ci sarebbero pagine e pagine di informazioni da scrivere, dal Regno Unito all’India, dalla Germania agli Stati Uniti, così come ci sarebbero pagine e pagine di informazioni da scrivere su ognuno dei quattro componenti dei Beatles (e non solo).
Noi con questo articolo stiamo semplicemente segnando un punto di in inizio – e lo stiamo facendo da mesi – per poter partire da qualche parte, e non è un caso se abbiamo iniziato proprio con John.

John è colui che ha messo insieme i Beatles e, anche se a tenerli insieme in realtà non è stato lui mai Paul, la sua importanza per i Quarrymen (così si chiamava la band prima di assumere il nome che tutti conosciamo) è indiscussa… quello che però amiamo profondamente di lui, non è il suo ruolo da leader, ma la sua parte bambina mai veramente guarita.
È un ragionamento un po’ da mamma chioccia forse, ma è la verità.

Ubicato nei sobborghi di Liverpool, a Woolton, l’orfanatrofio “Strawberry Field” fu donato nel 1934 alla città inglese dall’Esercito della Salvezza, e venne aperto nel 1936 all’interno di una vecchia abitazione vittoriana; oggi scoppieremo a ridere di fronte alla misera capienza di quaranta bambini di questa struttura, ma a tempo suo questo orfanotrofio fu una vera e propria benedizione per Much Woolton, nato come villaggio autonomo e incorporato alla città di Liverpool solo successivamente; inizialmente accoglieva esclusivamente bambine al di sotto dei cinque anni, ma a partire dal 1950 furono accolti anche i bambini.
La struttura – non a norma – fu demolita nel 1973 e sostituita da edifici più moderni; la sua chiusura definitiva, però, avvenne nel 2005 dopo quasi settant’anni di servizio.
Nel 2019, dopo quattordici anni di chiusura al pubblico, Strawberry Field ha ufficialmente e permanentemente riaperto i battenti (o forse faremo meglio a dire cancelli) come museo e centro di formazione per bambini con varie forme di disabilità.

Come vedete, il Strawberry Field in sé per sé non ha niente di speciale ed è veramente solo un orfanotrofio.
Nessun luogo al mondo in realtà ha niente di speciale, anche il più strabiliante. A rendere speciali le cose sono le persone, e questo semplicissimo centro di accoglienza ne è la prova.

“Let me take you down
‘cause I'm going to Strawberry Fields
nothing is real
and nothing to get hung about
(Lascia che ti accompagni
perché sto andando a Strawberry Fields
niente è reale
e non c’è niente a cui rimanere aggrappato)”

E se Strawberry Field è ubicato a Beaconsfield Road, la casa d'infanzia di Johnny è ad appena cinque minuti a piedi: al 251 di Menlove Avenue… insomma, letteralmente dietro l’angolo.
Con i suoi amici d’infanzia Pete Shotton (uno dei primissimi membri dei Quarrymen), Nigel Walley e Ivan Vaughan era solito passare le giornate e giocare, in prossimità degli oggi famosissimi cancelli rossi e, spesso e volentieri, all’interno dell’orfanotrofio stesso.
In realtà proprio a seguito delle sue irruzioni nasce il verso “Nothing to get hung about”: anche comprensibilmente, i dipendenti dopo aver notato la presenza estranea del piccolo Lennon provarono a fare ricorso con la struttura affinché venissero presi provvedimenti e, quando questi non arrivarono, venne presa in causa la figura autoritaria della Zia Mimi, che lo minacciò dicendogli che se avesse continuato a infrangere le regole lo avrebbero impiccato (impiccare in inglese si dice “hang”). Di fatti, la frase citata poco sopra che noi abbiamo tradotto con “non c’è niente a cui rimanere aggrappato” può tranquillamente essere tradotta anche con “non c’è niente per cui essere impiccati” e anzi, in realtà stando ai fatti la seconda traduzione è decisamente quella più corretta, ma è sempre impressionante vedere quanto comunque ogni chiave di lettura di questa canzone risulta essere sempre inesorabilmente perfetta quando applicata alla vita dell’autore del brano.

Strawberry Fields Forever”, sebbene accreditata come  di routine al duo Lennon-McCartney, fu scritta interamente da Lennon in Almería Spagna – tra il Settembre e l’Ottobre del 1966, durante le riprese del film “How I Won The War” (1967) di Richard Lester.
Inizialmente l’idea iniziale era quella di inserire il brano all’interno dell’album “Sgt.Pepper’s Lonely Hearts Club Band” (rilasciato il 26 Maggio 1967), ma il brano fu rilasciato forzatamente come singolo il 13 Febbraio 1967 assieme a “Penny Lane”. Perché? Beh dopo “Revolver” del 1966, i Beatles (che non si erano mai ritirati dalla scena per più di poche settimane ed erano soliti pubblicare in media tre singoli e due album all’anno) per la prima volta dopo anni di carriera si erano ritirati dalle luci dei riflettori, e questo aveva fatto sorgere non pochi pettegolezzi circa lo scioglimento della band.
E pensare che invece erano semplicemente rinchiusi in studio a registrare uno degli album più leggendari della storia della musica.
Successivamente entrambi i brani del lato A del singolo vennero pubblicati all’interno dell’LP “Magical Mystery Tour”.

Questo brano è John Lennon.
Non lo diciamo noi, ma Paul McCartney che non perde occasione a ricordare il suo vecchio amico con medley ed esibizioni che ancora oggi lasciano con le lacrime agli occhi tutti i fan dei Beatles (qui potete vedere l’ultimo omaggio di Macca), ed è vero che non vogliamo dare per partito preso quel che esce dalla bocca di nessuno, ma è anche vero che una cosa del genere detta da una persona così vicina a John ha non poco valore. Per quel che vale, poi, noi siamo perfettamente d’accordo.

“Living is easy with eyes closed
misunderstanding all you see
it's getting hard to be someone but it all works out
it doesn't matter much to me
(Vivere è facile con gli occhi chiusi
fraintendendo tutto quello che vedi
sta diventando sempre più difficile essere qualcuno ma tutto si risolve
non ha molta importanza per me)”

Dietro a ogni singola parola di “Strawberry Fields Forever” c’è il bisogno di evasione da un mondo che con lui non era mai stato buono, senso di evasione che John ha sempre cercato: da bambino facendo irruzione nell’altra dimensione che era l’orfanatrofio di Strawberry Field, da grande con le droghe e con le sue relazioni che di fatto non lo facevano sentire nemmeno “John” ma un bambino qualunque, forse più felice, sicuramente con un vissuto diverso.

Per lui l’evasione sarà stata anche un meccanismo di difesa e l’avrà fatto sopravvivere per un bel periodo della sua vita, ma dall’uscita dell’album “Beatles For Sale” nel Dicembre 1964 e dall’ascolto del brano totalmente autobiografico di Lennon “I’m a Loser” è evidente sia cambiato qualcosa: scappare nel magico mondo fatato all’interno della sua mente non funzionava. Sappiamo bene che John andrà in terapia solo nel ’70 e che fino a quel momento la sua parola d’ordine sia stata “autodistruzione”, ma tutto ciò che abbiamo detto aiuta a capire il senso di disperazione che deve aver provato quando, tornato da Almería, si è trovato a passeggiare dopo anni per l’orfanotrofio che da bambino gli deve essere sembrato il Paese delle Meraviglie che tanto amava – e sognava – quando leggeva “Alice nel Paese delle Meraviglie” ma che invece in quel momento non riusciva a fargli pensare altro che tutto ciò che aveva sempre pensato fosse servito solo per ingabbiarlo. In una gabbia d’oro formata solo dalle sue fantasie e idee migliori, ma pur sempre una gabbia.
Niente è reale”, “vivere è più facile con gli occhi chiusi”, “ma lo sai che lo so quando è un sogno”, “niente a cui rimanere aggrappato” (ma anche la sua variante storicamente accurata “non c’è niente per cui essere impiccati”) non sono richieste d’aiuto troppo diverse rispetto a quelle gridate nel brano “Help!” del 1965 ma, esattamente come era accaduto poco più di un anno prima, nessuno al tempo le ha capite o prese in considerazione.

“Always, no sometimes, think it's me
but you know I know when it's a dream

I think a ‘no’, I mean a ‘yes’
but it's all wrong
that is, I think I disagree
(Sempre, no a volte, penso sia io
ma lo sai che lo so quando è un sogno
penso ‘no’, intendo dire ‘sì’
ma è tutto sbagliato
cioè, penso di non essere d’accordo)”

Nessun commento:

Posta un commento