sabato 7 maggio 2022

#Arte: la bambina con la maschera da teschio

Dopo aver parlato di Frida Kahlo, ci piace poter analizzare insieme una sua opera e oggi abbiamo deciso di cominciare con “Niña con mascara de calavera”, del 1938. La “bambina con la maschera da teschio” ha come sotto testo una frase che, insieme all’opera, serve a conferirle un messaggio ancora più angosciante: “Ella juega sola”, ovvero “Lei gioca da sola”. Ma cosa rappresenta questo quadro?

Il tema della maschera viene utilizzato due volte dalla pittrice: sia nel 1938 con appunto l’opera di cui parliamo oggi e “La mascara” di sette anni più tardi. In entrambi i casi, questo oggetto sopra il volto serve a nascondere il dolore, a celarlo allo sguardo altrui. Frida è una donna dal temperamento forte e, malgrado le debolezze del corpo, nulla ha mai piegato del tutto il suo spirito. La niña in questione è molto probabilmente lei all’età di quattro anni e la maschera che le copre il volto è tipica dell’usanza messicana del “Dia de los muertos”. Avete presente il film d’animazione Disney “Coco”? Si tratta della stessa tradizione. Si tratta di una festa appunto messicana, ma che ha origini precolombiane, in cui la morte non viene vissuta come un lutto, ma come una celebrazione. Si festeggia di solito intorno alla fine di ottobre e i primi giorni di novembre. Durante la festa, si giunge al camposanto portando fiori o offerte di cibo per la commemorazione del defunto. Non c’è tristezza, anzi, è un’esplosione di colori e di vitalità.

“Calavera” indica il teschio, la maschera che la bambina sta indossando. Viene usata durante i festeggiamenti per celebrare sia la nostra vita che la nostra morte, in un ciclo continuo. È un guardare al futuro rimanendo ancorati al presente, a viverlo pienamente e ad affrontare serenamente la morte. La bambina, appunto, sembra celebrare il “Giorno dei Morti”, il che è evidenziato anche dal fiore che tiene tra le mani: un tagete, tipico di questa festività. La bambina contrasta con il paesaggio desolato alle sue spalle, anche se questa differenza sta proprio a sottolineare la solitudine della piccola. Frida è sempre stata cagionevole di salute, infatti era nata con la spina bifida, il che non le permetteva di giocare come tutti gli altri bambini.

Quest’opera è del 1938, periodo in cui l’artista smetteva di focalizzare i propri dipinti sul proprio dolore fisico e mettersi in contatto con il proprio Io interiore. Si tratta, comunque, di una sofferenza emotiva, in quanto l’incidente di sette anni prima e i continui tradimenti di Diego Rivera erano per lei fonte di dolore psicologico. Inoltre lei ebbe in quegli anni anche un aborto. Frida, che aveva sempre voluto dei figli, lo perse durante il suo soggiorno a New York. Il suo corpo, infatti, non era in grado di portare avanti una gravidanza e la perdita di quella vita segnò profondamente la vita di Frida, che scrisse sui suoi diari:

“Ho smesso di contare le volte in cui, arrivata alla seconda riga, ho cancellato e riscritto tutto nuovamente. Cercavo un inizio ad effetto, qualcosa di poetico e vero allo stesso tempo, qualcosa di grandioso, ma agli occhi. Non ci sono riuscita. Poi ho capito, ricordando ciò che non avevo mai saputo: che per i grandi cuori che muoiono nel corpo ma che continuano a battere nel respiro della notte, non ci sono canoni o bellezze regolari, armonie esteriori, ma tuoni e temporali devastanti che portano ad illuminare un fiore, nascosto, di struggente bellezza.”

Accanto alla bambina, c’è posata a terra una seconda maschera terrificante, che rappresenta una tigre: allegoricamente, questo animale è associato alla giustizia, il fatto che sia ai piedi della piccola evidenzia una giustizia negata, una ingiustizia, come quello che Frida ha subito nei suoi cinquantaquattro anni di vita. D’altro canto, la maschera della tigre è anche un simbolo di protezione: secondo le tradizioni messicane, questo animale serviva a proteggere i bambini dal male. Innocenza e crudeltà si mescola in questa opera, dando un significato di pesantezza dello spirito. Il contrasto tra vita e morte, tra collettività e singolo trovano il loro exploit in questa rappresentazione. Ma non tutto è perduto: alle spalle della bambina, ai piedi delle montagne, qualcosa fiorisce dal terreno sabbioso: potrebbe essere una pianta, un fiore, potrebbe essere qualsiasi cosa: ogni nuova vita che nasce è una incognita, una nuova vita e un nuovo destino.

A oggi, l’opera è conservata nel Nagoya City Art Museum giapponese.

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