mercoledì 4 maggio 2022

#Personaggi: Audrey Hepburn

Ormai lo sapete: noi di 4Muses siamo particolarmente legate agli anni sessanta del Novecento. Cinema, musica, moda, arte… se notiamo qualcosa che rimanda a quel decennio, ne rimaniamo incantate. Non a caso, infatti, una delle nostre attrici preferite è senz’altro Audrey Hepburn. Ovviamente la divina Audrey rappresenta qualsiasi decennio del secolo passato, ma a colpirci non è stato solo il suo talento o la sua innata eleganza: Audrey è una di quelle donne iconiche per il suo modo di pensare e vivere la vita. Proprio come accade quando parliamo dei Beatles, anche per lei, in questo articolo, utilizzeremo i verbi al presente. 

Audrey nasce a Ixelles (comune del Belgio) il 4 maggio 1929. Come già accennato prima, la sua eleganza è innata, ma di certo non piovuta in lei dal cielo: tra l’albero genealogico di Audrey, infatti, figurano Edoardo III d’Inghilterra e James Hepburn IV conte di Bothwell, terzo marito di Maria Stuarta. Suo padre è l’inglese Joseph Anthony Ruston, la madre è la baronessa Ella van Heeemstra, sua seconda moglie. È solo qualche anno dopo la nascita di Audrey che il padre aggiunge al proprio cognome quello della nonna materna: Hepburn, appunto.

Joseph lavora per una compagnia di assicurazione britannica ed è per questo che la famiglia si muove per il Belgio, il Regno Unito e i Paesi Bassi. Audrey affronta i continui traslochi assieme ai due fratellastri – nati dal primo matrimonio della madre – Arnoud e Ian, ma il suo primo, vero trauma avviene nel 1935, quando i genitori si separano e il padre decide di abbandonare la famiglia. Quattro anni dopo, nel 1939, Audrey si trasferisce con la madre e i fratelli ad Arnhem, in Olanda; dallo stesso anno, fino al 1945, Audrey comincia a studiare danza classica al Conservatorio.

“Il miglior pubblico che io abbia mai avuto non faceva il minimo rumore alla fine del mio spettacolo.”

- Audrey Hepburn

Nonostante la giovane età, Audrey fa quello che può per combattere i tedeschi che dal 1940 hanno occupato Arnhem. Cambia il suo nome in Edda van Heemstra, per cercare di cancellare le origini inglesi, e presenzia a diversi spettacoli clandestini volti a raccogliere fondi per la resistenza olandese.
Nell’inverno del 1944, la tremenda carestia, le causa gravi problemi di malnutrizione. Le conseguenze di questi mesi faranno parte del resto della sua vita, dandole una salute cagionevole e un senso di inadeguatezza fisica.
Nonostante le grandi difficoltà, però, la famiglia decide di nascondere un soldato inglese, e Audrey non si è mai sottratta dal fare da intermediaria con i partigiani olandesi e altri soldati alleati. È qui, a soli quindici anni, che il suo carattere dedito agli altri, coraggioso e caparbio comincia a definirsi.
La liberazione avviene qualche mese dopo, nel maggio del 1945, quando Audrey può riprendere liberamente i suoi studi di danza. Nel 1948 si trasferisce a Londra, ma la sua insegnante, Marie Rambert, la mette di fronte alla realtà nuda e cruda: per i suoi gravi problemi di salute non potrà mai diventare una ballerina vera e propria. Così Audrey decide di cambiare rotta, divenendo attrice.

Il suo primo lavoro è un documentario del 1948: “Nederlands in zeven lessen” (L’olandese in sette lezioni). Dopo questo, inizia a recitare per lo più a teatro, fino al 1951 quando recita sul grande schermo in: “One Wild Oat”.
Nello stesso anno la scrittrice Colette la vuole come protagonista nella commedia “Gigi”, tratta dal suo ultimo romanzo. Lo spettacolo rimane a Broadway per ben sei mesi, e Audrey vince il suo primo premio importante: il Theatre World Award.
L’aver studiato danza si rivela fondamentale, perché nel 1952 interpreta un’eccezionale ballerina in: “The Secret People”, di Thorold Dickinson. Tra l’altro, è stata l’italiana Valentina Cortese, protagonista del film, a volerla nel cast. Da quel momento tra loro nasce una grande amicizia.
In questo periodo si fidanza ufficialmente con James Hanson, ma il matrimonio salta proprio perché Audrey sceglie di inseguire la sua carriera in ascesa. Inizia a poi a frequentare il produttore Michael Butler.

“Aveva tutto quello che stavo cercando, fascino, innocenza e talento. Era assolutamente incantevole, e ci dicemmo, ‘È lei!’”


William Wyler

Nel 1952 partecipa ai provini per il ruolo di protagonista in: “Vacanze romane”, anche se la Paramount Pictures è già sicura, volendo a tutti i costi Elizabeth Taylor. Il regista William Wyler, però, rimane estasiato dal provino di Audrey e decide di darle il ruolo. Le riprese iniziano durante l’estate ma a solo due settimane, Gregory Peck, protagonista maschile, chiede alla produzione di mettere il nome di Audrey prima del suo, perché convinto che Audrey, con la sua interpretazione, vincerà sicuramente un Oscar come migliore attrice. Infatti, lo vince nel 1954, assieme al NYFCC e BAFTA, sempre come migliore attrice.

Dopo “Vacanze Romane” riprende le repliche di “Gigi”, per poi calarsi nel ruolo della protagonista in “Sabrina”. In questo periodo conosce lo stilista Givenchy, che non solo comincia a vestirla, ma i due iniziano anche una lunga amicizia. Anche se non vince l’Oscar come migliore attrice per “Sabrina”, (quell’anno tocca a Grace Kelly) il secondo film importante la fa andare ufficialmente sulla vetta del successo.
Durante le riprese del film inizia una relazione clandestina con il collega – già sposato – William Holden che interrompe quando scopre che non può più avere figli a causa di un intervento di vasectomia. Per Audrey, infatti, la relazione era seria e avrebbe voluto formare una famiglia con lui.

Nel 1954 torna a teatro, interpretando la protagonista nel dramma “Ondine”, assieme a Mel Ferrer che diventa suo marito il 25 settembre dello stesso anno. Dopo un Golden Globe come migliore attrice in un film drammatico, anche la sua interpretazione per “Ondine” viene premiata, con un Tony Award. Come se non bastasse, nel 1955 le viene assegnato l’Henrietta Awards alla migliore attrice del cinema mondiale.

Nel 1957 la danza torna da Audrey, perché nel film “Cenerentola a Parigi” balla assieme al mitico Fred Astaire. A distanza di anni Audrey ammetterà che questa esperienza ha fatto sì che il film fosse il suo preferito in assoluto. Lavora anche ad “Arianna”, che esce nello stesso anno.
Se ci fossero ancora dubbi sul talento di Audrey, questi vengono scacciati nel 1959, quando al cinema esce: “La storia di una monaca”. La Films in Review scrive:

“La sua interpretazione chiuderà la bocca per sempre a quelli che pensavano a lei più come a un simbolo di una donna sofisticata che come a un’attrice. La sua interpretazione della Sorella Luke è una delle migliori mai viste sul grande schermo.”

Riceve così il suo secondo BAFTA, un premio come migliore interprete ai New York Film Critics Circle Awards, il David di Donatello per la migliore attrice straniera, e il premio del Festival di San Sebastian per la migliore attrice. Dello stesso anno sono “Verdi dimore” e “Gli inesorabili”, con un successo più modesto.

Se la carriera procede a gonfie vele, la vita privata ha degli alti e bassi. A fine anni cinquanta Audrey ha un aborto spontaneo. Il 17 luglio 1960 dà alla luce il suo primo figlio: Sean. Ma nel 1965 ha un nuovo aborto.

Uno dei ruoli più difficili per Audrey, però, è quello di Holly Golightly in “Colazione da Tiffany”, del 1961. Questo quasi ci sconvolge, perché la sua Holly è così spontanea e naturale che sembra essere stata scritta su misura per lei, che nella realtà è l’esatto opposto: introversa, timida, poco sicura di sé. Ecco perché è uno dei film più iconici del Novecento; e nonostante non abbia vinto un Oscar (quell’anno va a Sophia Loren), Audrey merita e vince il secondo David di Donatello per la migliore attrice straniera. Dello stesso anno è anche il film “Quelle due”, ma il successo torna nel 1963, con “Sciarada”, con il quale vince il suo terzo BAFTA. Nel 1964 interpreta Eliza Doolittle nel musical: “My Fair Lady”, che le vale il terzo David di Donatello. Nello stesso anno esce nelle sale “Insieme a Parigi”, mentre nel 1966 va nelle sale “Come rubare un milione di dollari e vivere felici”, ultimo film più leggero, diciamo.
A trentasette anni, infatti, Audrey decide di prendere una nuova strada, interpretando ruoli più maturi. Recita così in: “Due per la strada”, film che affronta il tema del divorzio, all’epoca decisamente tabù. È poi la volta de: “Gli occhi della notte” (1967).

Nel 1968 il suo matrimonio è ormai giunto al capolinea, forse a causa dei continui tradimenti di Ferrer. Audrey comincia a frequentare lo psichiatra italiano Andrea Dotti, del quale si innamora perdutamente, tanto da decidere di avere altri figli e lasciare la carriera. I due si sposano il 18 gennaio 1969; Luca, primo figlio della coppia, nasce l’8 gennaio 1970, dopo una gravidanza difficile che ha costretto la madre a letto. Nel 1974 Audrey ha un altro aborto spontaneo, così decide di tornare a lavorare, seppur con meno ritmo di prima.

Nel 1976 recita nel film: “Robin e Marian”, assieme a Sean Connery. Nel 1979 è la protagonista di: “Linea di sangue”, film che non va per niente bene. Nel 1981 recita in: “…e tutti risero”, ma nonostante la buona critica, rimane poco nelle sale.

Il suo secondo matrimonio si interrompe nel 1982, sempre a causa dei continui tradimenti di lui – anche di Audrey, a dir la verità, che frequenta l’attore e collega in “Linea di sangue” e “in …e tutti risero” Ben Gazzara-. Nonostante ciò, i due rimangono in ottimi rapporti.
Qualche mese dopo incontra l’attore Robert Wolders, di cui si innamora perdutamente. Anche se i due non si sposano, decidono comunque di andare a convivere a Tolochenaz, in Svizzera. Rimangono insieme fino alla morte di lei. È grazie a lui che inizia a le sue missioni per l’UNICEF.
 

Audrey sa parlare correttamente l’inglese, il francese, l’italiano, l’olandese e lo spagnolo, per questo le riesce bene comunicare in ogni parte del mondo. Nel 1988 va in missione in Etiopia, poi in Turchia, in America del Sud e nel Centro America.
Nel 1989 si occupa di far arrivare acqua e cibo alla popolazione del Sudan, colpita dalla guerra civile. Poi si reca nel Bangladesh, e nel 1990 in Vietnam. Nell’autunno del 1992 si reca in Somalia, nel viaggio che più l’ha colpita, per le condizioni disperate del paese. Commenta il tutto dicendo che ha visto solo morte, ovunque andasse.

Nel 1988 c’è la sua ultima apparizione, nel film di Steven Spielberg: “Always-Per sempre”.
Nel 1990 vince il Golden Globe per i meriti cinematografici, nel 1992 vince il SAG e il BAFTA alla carriera.
A inizio anni novanta è la presentatrice di: “Gardens of the World with Audrey Hepburn”, ma l’attrice muore il giorno prima della messa onda del primo episodio. Per questo documentario vince un Emmy postumo, così come vince un Grammy postumo per l’album di letture da lei registrato: “Audrey Hepburn’s Enchanted Tales”.

Audrey muore il 20 gennaio 1993 a Tolochenaz, in Svizzera, per un tumore al colon. Poco prima di morire il presidente George H. W. Bush la premia con la Medaglia presidenziale della libertà per il suo impegno con l’UNICEF; dopo la sua morte l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences le conferisce il Premio umanitario Jean Hersholt.

“Dopo una vita vissuta in parte come una tortura e una lotta per riuscire ad avere una carriera indipendente e l’autonomia finanziaria per sé e la sua famiglia, senza capire mai fino in fondo quello che la gente vedeva in lei – quello che era il suo fascino – ha trovato nella missione per l’UNICEF il modo di ringraziare il suo pubblico e ‘chiudere il cerchio’ della sua esistenza così breve.”

- Sean Ferrer

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