venerdì 6 maggio 2022

#Spettacolo: Eurovision Song Contest

È quasi arrivato il momento, quello dell’Eurovision.
I giorni dell’Eurovision sono giorni strani, perché se di solito durante la settimana del Festival di Sanremo bene o male si conoscono tutti (o quasi) gli artisti in gara, il loro stile e il loro personaggio, è molto probabile che per tutta la durata del festival europeo (e non solo) di cui oggi vi racconteremo la storia, le cose non vadano esattamente come vanno per il Festival della Canzone Italiana.

Eppure lo si guarda e lo si commenta, perché potremmo anche essere le persone meno tradizionaliste di questo mondo, ma quando si parla di determinate cose, non importa: le tradizioni sono tradizioni.

L’Eurovision Song Contest (ESC) è un festival internazionale nato in Svizzera nel secondo dopoguerra proprio per promuovere e affiancare la rinascita dei paesi europei.
Il festival – oggi considerato il programma televisivo non sportivo più seguito al mondo – viene ideato nel 1955 a seguito della nascita dell’Unione Europea di Radiodiffusione (UER) e sotto suggerimento del giornalista Sergio Pugliese, che prese come modello base il Festival di Sanremo ma propose di renderlo più inclusivo; l’idea piacque da subito all’allora direttore dell’UER Marcel Bezençon, e nel Maggio del 1956, si tenne a Lugano la prima edizione del festival.

Allora i paesi in gara erano solo sette: Italia, Svizzera, Francia, Paesi Bassi, Belgio, Germania e

Domenico Modugno all'Eurovision del 1958
Lussemburgo. A vincere fu il brano “Refrain” della cantante svizzera Lys Assia, e ancora oggi non siamo a conoscenza né dei secondi e terzi classificati, né dei punteggi… inoltre, qualsiasi registrazione o file audio di questa edizione è andati perduta, ed è quindi impossibile ascoltare i brani in gara.
La seconda edizione, svolta a Francoforte, vide l’esordio di Regno Unito, Austria e Danimarca – a cui fu proibita la partecipazione l’anno precedente a causa di un ritardo nell’iscrizione – e, a causa del numero di paesi in gara, il numero concesso per le canzoni in gara fu diminuito a uno… furono però ammessi i duetti, e da questa edizione nel regolamento vennero aggiunte due nuove regole: a causa della canzone “Corde della mia chitarra” dell’italiano Nunzio Gallo che aveva una durata di oltre cinque minuti, divennero vietate tutte le canzoni al di sopra dei tre minuti, e il paese vincitore dell’edizione in corso doveva ospitare l’edizione dell’anno successivo.
E a vincere nel 1957 fu l’olandese Corry Brokken con “Net als toen”, e per questo nel 1958 l’Eurovision fu svolto a Hilversum, che vide l’entrata in gara della Svezia e di Monaco e la vittoria della canzone francese “Dors, mon amour” cantata da André Claveau.
Nella terza edizione partecipò anche Domenico Modugno, che arrivò terzo con quella che diventerà poi una delle canzoni simbolo dell’Eurovision e dell’Italia nel mondo: “Nel blu dipinto di blu”.

Il 1960 vide l’introduzione in gara della Norvegia e, nonostante il regolamento e la vittoria dei Paesi Bassi (che si rifiutò di essere il paese ospitante per la seconda volta in tre anni), l’Eurovision Song Contest si svolse a Londra; questa quarta edizione divenne famosa anche per la conduzione della giornalista della BBC Katie Boyle, che divenne una delle conduttrici storiche, in quanto fu richiamata a condurre per ben quattro volte (1960, 1963, 1968, 1974).
La prima vittoria italiana avvenne solo nel 1964, che vide una sedicenne Gigliola Cinquetti al primo posto del podio con “Non ho l’età”. Un anno dopo – nel 1965 – una diciassettenne Gigliola Cinquetti dopo aver ascoltato “Yesterday” dei Beatles li accusò di plagio, dichiarando che:

Hanno le stesse armonie, la stessa sequenza di accordi. Solo che Non ho l’età è nata ben prima di Yesterday… Una coincidenza? So per certo che i Beatles mi conoscevano. Paul McCartney l’ho pure incontrato per intervistarlo per la Rai. In quegli anni a Londra si ascoltavano le mie canzoni. I Beatles allora erano dei ragazzini e l’avevano sicuramente sentita”.
Noi, ovviamente, non ci esprimiamo a riguardo. Anche perché saremmo di parte.
Con la vittoria dell’Italia – che come da regolamento ospitò l’edizione del 1965 al Centro Rai di Napoli – il festival raggiunse i Paesi dell'Est Europa e iniziò a pian piano a diventare popolare; venne introdotta in gara l’Irlanda, e la canzone vincitrice fu “Poupée de cire, poupée de son” della francese France Gall, rappresentante del Lussemburgo.
Il 1969 fu un anno travagliato: la gara, che a seguito della vittoria di “La, la, la” di Massiel mise le tende per la sua quattordicesima edizione a Madrid, vide il ritiro quasi immediato dell’Austria che si rifiutò di partecipare a un evento ospitato – almeno in quell’anno – in un paese schiacciato dal regime dittatoriale di Francisco Franco. Inoltre, in questa edizione si assistette al primo vero scandalo dell’Eurovision… non vinse un paese, non ne vinsero due, ma bensì quattro: la Spagna (con “Vivo cantando” di Salomé), la Francia (con “Un jour, un enfant” di Frida Boccara), i Paesi Bassi (“De troubadour” di Lenny Kuhr) e il Regno Unito (con “Boom Bang-a-Bang” di Lulu).
Questo ovviamente portò non poco malcontento, e a seguito di questa inusuale vittoria la Finlandia, la Svezia e la Norvegia si ritirarono dalla competizione.
Dopo quest’anno fu istituita una regola fino a quel momento inesistente: il vincitore doveva essere uno e uno soltanto.

Vista la vittoria dei quattro paesi, nell’Eurovision del 1970 il paese ospitante fu scelto a sorteggio, e la scelta ricadde sui Paesi Bassi, e in particolare su Amsterdam. In seguito al ritiro di Svezia, Finlandia e Norvegia, il Portogallo decise di ritirarsi all’ultimo senza spiegazioni, facendo rimanere in gara dodici paesi: Italia, Svizzera, Belgio, Jugoslavia, Francia, Lussemburgo, Germania, Monaco, Paesi Bassi, Spagna, Regno Unito e Irlanda. A vincere fu proprio questo paese, con “All Kinds of Everything” cantata da Dana, che diverrà anche – dal 1999 al 2004 – membro del Parlamento Europeo.
In questa quindicesima edizione vengono introdotte per la prima volta le postcards (cartoline) che appaiono prima delle esibizioni.
Cartolina della Finlandia, ESC 1970

 Nel 1971 rientrarono in gara il Portogallo, la Svezia, l’Austria, la Finlandia e la Norvegia ed esordì Malta; a vincere sarà Monaco con “Un banc, un arbre, une rue” di Séverine.
In questa edizione venne introdotta la regola che limitava il numero di interpreti sulla scena a sei, gruppi inclusi.
Nell’edizione del 1974 svoltasi a Brighton si vede il ritiro della Francia a causa della morte dell’allora Presidente della Repubblica Georges Pompidou e l’esordio della Grecia. In questa edizione vinse per la prima volta la Svezia con “Waterloo” degli
ABBA, gruppo – a oggi diventato quasi leggendario – che proprio grazie all’Eurovision ebbe la possibilità di farsi conoscere su scala internazionale.
Nel 1975 con l’esordio in gara della Turchia si vide anche il ritiro della Grecia; il motivo di questo improvviso ritiro fu il conflitto tra i due paesi, scoppiato dopo l’invasione di Cipro.
Quest’anno entrò in vigore il sistema di votazione utilizzato ancora oggi: quello in cui ogni Paese partecipante assegna punti alle dieci canzoni preferite.
In seguito alla vittoria del 1978 dell’Israele (con “A-Ba-Ni-Bi” di Izhar Cohen e Alphabeta), nel 1979 l’Eurovision fu ospitato per la prima volta in un paese non europeo. In questa edizione – svoltasi a Gerusalemme – vinse il paese ospitante con “Hallelujah” di Gali Atari e Milk&Honey. La Turchia si rifiutò di partecipare ad una edizione svolta in un paese come l’Israele.

Facendo un salto di dieci anni, nel 1989, con la vittoria della Jugoslavia con “Rock Me” di Riva viene introdotta dall’Unione Europea di Radiodiffusione una delle regole più importanti: per partecipare alla gara tutti i concorrenti devono avere un minimo di sedici anni di età, mentre nel 1990 fu negata a Malta (ritiratasi nel 1973) la possibilità di tornare nei paesi in gara: era stata infatti istituita una regola che limitava il numero di paesi partecipanti a ventidue ma comunque, anche se sul momento a Malta fu negata la possibilità di gareggiare, la regola fu eliminata poco dopo.
Questa edizione vede la seconda vittoria dell’Italia con “Insieme: 1992” di Toto Cutugno.
A proposito dell’Italia, questa si ritirò nel 1997 a causa di un’accusa di sabotaggio che vide la Rai sotto ai riflettori; a vincere fu infatti il Regno Unito con “Love Shine a Light” dei Katrina and the Waves, ma in realtà i favoriti furono fino all’ultimo i Jalisse con “Fiumi di Parole”.
Comunque, l’Italia tornerà in gara solo quattordici anni dopo, nel 2011.
In questa edizione fu assegnato per la prima volta il Barbara Dex Award per il peggior vestito: la prima vincitrice fu la cantante maltese Debbie Scerri.
Particolarmente significativa fu la vittoria dell’Israele del 1998, che con la vittoria di Dana International e la sua canzone “Diva” segnò un punto importantissimo per la storia dell’ESC: per la prima e ultima volta infatti a vincere fu una donna transessuale.

Per la comunità LGBTQ+ è importante ricordare anche la presenza della drag queen ucraina Vjerka Serdjučka, che nel 2007 debuttò con “Dancing Lasha Tumbai”.

E a oggi, tra il 2020 che ha visto la cancellazione del festival per la prima volta in oltre sessant’anni e la terza vittoria dell’Italia avvenuta nel 2021 – dopo trentun anni – con “Zitti e buoni” dei Måneskin (vittoria che, ammettiamolo: a distanza di un anno ci riempie ancora di orgoglio), siamo arrivate alla fine dell’articolo, che non ha in alcun modo la pretesa di parlare di tutte le edizioni nel particolare (anche perché sarebbe impossibile), ma ha piuttosto quella di rafforzare un concetto tanto semplice e banale quanto dimenticato: nonostante le barriere sociali e culturali e nonostante le diversità, la musica crea unità, molto più di qualsiasi altra forma d’arte.
Scontato? , forse, ma non importa, perché sono sempre le cose più scontate quelle più facili da dimenticare.

Il motto di questo Eurovision 2022 che si svolgerà a Torino tra il 10 e il 14 Maggio? “The sound of beauty”, il suono della bellezza.
Che ci porti un po’ di fortuna.

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