martedì 13 dicembre 2022

#Mitologia: Rinascita

Negli articoli dedicati alla morte, al dolore e al vuoto abbiamo imparato bene quanto sia fondamentale il momento presente. È adesso che si decide quale seme piantare, è nell’adesso che possiamo intraprendere le nostre azioni che porteranno a un risultato nel futuro.
Osservando attentamente ciò che ci circonda, controllando il nostro respiro e tenendo a bada i pensieri, ci accorgiamo che tutto ciò che davvero possediamo è il presente, e che qualsiasi evento, positivo o negativo, vissuto ha una sua fine.
È proprio così che nella nostra anima si apre la luce della speranza: siamo ben consapevoli che la morte non è la fine di tutto, che nonostante il lutto, le separazioni o un periodo della nostra vita giunto al capolinea, continuiamo ad andare avanti, riprendiamo il nostro ruolo in questa esistenza.
Ecco che il dolore lascia il posto a una maggiore consapevolezza, che la morte diventa la nostra consigliera, colei che ci ricorda che il tempo su questo pianeta non è eterno e che quindi non possiamo rimandare al domani, perché il domani potrebbe non esistere.
La speranza alimenta l’entusiasmo ed è proprio grazie a questo sentimento che possiamo fare grandi cose.

Speranza

In ogni filosofia e leggenda, un periodo nero viene sempre seguito da uno pieno di luce. Nella religione cristiana, è dopo l’umiliazione fisica ed emotiva di Gesù nella sua Via Crucis, dopo l’essere crocifisso e trattato come il peggior essere umano, che Lui risorge dando prova di aver sconfitto la morte.
Anche nella mitologia norrena dopo la lotta finale tra dèi e forze del caos, il mondo prenderà nuova vita proprio dalle ceneri del Ragnarök, la grande battaglia. Odino, Thor, Týr, Heimdalir, Loki… moriranno ma i loro figli editeranno tutti i loro poteri. Il dio della speranza Balder e suo fratello Hödr riusciranno a tornare dal regno di Hel e troveranno nel Nuovo Mondo nuovi prati, e una nuova stirpe umana rigenerata dagli umani scampati alla guerra: Líf e Lífþrasil.
I discendenti degli dèi e degli umani torneranno così a vivere insieme in pace e armonia.
Tutto ciò è forse una speranza che pulsa dentro le nostre anime da millenni: l’essere umano, da sempre minacciato da nemici, dipendente dalla sete di potere, spera in cuor suo di vivere in un mondo dove regna la pace, dove non esistono motivi per temere il prossimo, perché la luce ha per sempre oscurato ogni nostra ombra.

Dharma

Abbiamo già parlato abbondantemente di Karma che possiamo riassumere il tutto in poche righe: secondo la filosofia orientale ogni azione del presente determina il nostro futuro. Vale per questa vita, così come vale per le vite passate. Sotto questo punto di vista, sfruttare al meglio i talenti che abbiamo ricevuto in dono, determinerà che tipo di persona saremo quando torneremo alla vita.     
Ecco che diventa fondamentale non prendersela con nessuno per le sfortune che ci succedono, perché le abbiamo determinate noi, sia con un’azione di pochi mesi fa, che di centinaia d’anni.
Questo può far paura, ma fortunatamente anche dall’oriente la filosofia ha il suo messaggio di speranza: dato che conta solo il presente, non importa se duecento anni fa siamo stati assassini, ladri o farabutti: possiamo sempre redimerci, affidandoci al Dharma.
La parola Dharma deriva dalla radice indoeuropea dhr che significa: “dovere”, “legge”, “come le cose dovrebbero essere”. Nel suo senso il Dharma è vivere rispettando delle regole, per poter andare così incontro alla nostra vera natura.
Affidarsi alla legge del Dharma non è così tanto differente dal seguire i Dieci Comandamenti e in effetti i suoi cinque punti fondamentali li ricordano parecchio:

- Ahimsa: non violenza, né fisica, verbale e mentale;

- Satya: massima coerenza tra le parole, i pensieri e l’azione;

- Asteya: non rubare, né bramare qualcosa che non ci appartiene;

- Brahmacarya: mettere a bada i nostri istinti e impulsività;

- Aparigraha: non avidità, astenersi da qualsiasi forma di possesso.

Solamente chi vuole vivere nell’Avidya – nell’ignoranza – può permettersi di non seguire queste semplici regole.

I quattro Yuga

Proprio perché siamo tutti legati agli altri, e ogni nostra azione ha una conseguenza nell’umanità, seguire o meno il Dharma porta, secondo la filosofia indiana, a quattro diverse fasi per ogni ciclo dell’evoluzione umana che si susseguono nella nota “ciclicità del tempo”:


- Satya Yuga: età dell’oro, dove l’umanità vive in armonia con il divino;

- Tetra Yuga: età dell’argento, dove comincia lentamente il declino: nei miti occidentali, è la generazione d’umani che prende vita dopo Pandora riversò i mali sul mondo;

- Dvapara Yuga: età del bronzo, dove cominciano a formarsi le pulsioni umane che si tengono a bada con norme, dottrine e dogmi.

- Kali Yuga: età del ferro, dove regna sovrano il caos e gli umani tendono a seguire più la violenza e la corruzione.

È facile comprendere come ci troviamo nell’ultima fase, e come questo non dovrebbe spaventarci, perché vuol dire che siamo più vicini a una nuova età dell’oro.

“Animali d’Inghilterra
d’ogni clima e d’ogni terra,
ascoltate il lieto coro:
tornerà l’età dell’oro!”

-George Orwell, “La fattoria degli animali” (1945)

Uroboros

È uno dei simboli più antichi, presenti in diverse culture. È un drago o un serpente che si morde la coda e forma così un cerchio che non ha un inizio, né una fine. L’immagine sembra essere ferma, ma in realtà è un eterno movimento, un chiaro simbolo dell’infinito.
Il drago, si sa, è presente quasi in ogni favola, leggenda, opera di fantasia. Deriva dalla parola greca drako: “colui che ha la vista acuta”. Anche se l’inglese ha preso questa etimologia, nel suo “dragon”, il termine nordico originale è wyrm, dal quale l’inglese ha preso “worm”, verme.

Noi occidentali abbiamo paura dei draghi, basta pensare anche alla storia di San Giorgio, li vediamo come simbolo dell’Ego, qualcosa da uccidere e sconfiggere. In realtà abbiamo solo paura dello scorrere del tempo, perché la nostra presunzione non ammette la più totale impotenza su di esso.
In oriente, infatti, il drago è più simbolo di saggezza, ed è proprio questo animale fantastico a tenere il mondo sulla sua zampa.
Oriente e occidente si differenziano, e non crediamo sia un caso, anche conoscendo la loro storia; noi siamo più concentrati sull’ottenere potere, e tendiamo a distruggere qualsiasi cosa sfugga alla nostra smania di controllo. Dovremmo semplicemente imparare che possiamo controllare solo ed esclusivamente noi stessi e che è proprio dalle nostre risposte agli eventi che possiamo cambiare ciò che ci circonda.

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