giovedì 15 dicembre 2022

#Racconti: Sentieri

Perché in Racconti? Perché la nostra vita è un racconto.

Vaneggiare. Per molti può essere un difetto, per i tre, invece, è un metodo infallibile per entrare nella più intima profondità del tutto. Nel momento in cui si pronunciano quelle frasi apparentemente sconclusionate, chi è ben attento e vigile sa che stanno compiendo piccoli passi verso l’oltre.     
La fiamma traballa e l’aria si riempie di invisibile fumo color dell’oro. In stati di normalità gli occhi non riescono a percepire i collegamenti che ci uniscono come tessere di un puzzle.
Dopo il caffè di Lucagian,tutto è possibile e la distanza percepita è solo una misera illusione.     
La mano scrolla l’ultima conversazione su whatsapp, o forse sta accarezzando i capelli castano-biondi di un ragazzo che dorme a Tokyo.

Intransigente. Impariamo questo termine fin dall’infanzia, quando un no rimane un no, o quando gli insegnanti non vogliono cedere di un millimetro dalle loro regole: non si parla, non ci si alza, si fanno tutti i compiti… Col passare del tempo ci illudiamo che più rimaniamo fermi nelle nostre opinioni, più tutto andrà bene. Perché scambiamo il rispetto con il timore? E perché ci sentiamo sicuri solo quando non permettiamo agli altri di farci andare fuori dai binari?
Che bello è quando si cammina e il buon vicinato ti ferma solo per una chiacchiera, perché dai il buonumore. Anche quello è rispetto e nasce da un sorriso.

Violenza. La utilizziamo sempre: nelle parole, nelle opere e nei pensieri. Ci offendiamo, insultiamo l’Atac che pensa di risolvere il tutto mettendo le navette a San Paolo. Eppure non ci accorgiamo che siamo come sacre montagne: in attesa. Da noi scorre il ruscello fresco e rigoglioso; in noi uccelli cantano festosi, le api ronzano operose e liete di impollinare, inebriando i nostri occhi di campi fioriti, il nostro gusto di frutta fresca e miele dal sapore antico.
Se solo chiudessimo gli occhi, facendo respiri profondi finché non viene in noi la consapevolezza che siamo il tempio sacro, capiremmo che non ha senso inveire contro il prossimo, perché siamo anche quel prossimo. E pazienza se abbiamo avuto un guasto e dobbiamo chiudere la nostra linea da San Paolo a Castro Pretorio, in entrambe le direzioni. C’è la navetta. Certo, averlo saputo ad Agricoltura avrebbe cambiato un po’ le cose. Ma tant’è, il fiume scorre lo stesso.

Orgoglio
. Quante sciocchezze facciamo in nome dell’orgoglio? Chiudiamo relazioni per paura di aprirci all’altro, pretendiamo un lei a cui nessuno crede più.     
Il cuore è verde, una foresta rigogliosa che sprigiona amore, il nostro ossigeno divino. Eppure, quando utilizziamo l’orgoglio come arma del principio lo secchiamo, diventa arido, un deserto che non ha neanche più il sole, dove ogni emozione è morente.     
Zombie da storie Instagram senza tag.

Gelosia. Una spina che scava a fondo e fa rodere intestini. La pelle ingrigisce, i capelli si increspano, la mente parte alla ricerca dei mille e uno modi per coltivare zizzania, con ricette pronte di vendette, cattiverie e sotterfugi. Quanta inutile infantilità. Quanto dolore in quegli occhi che non piangono più.
Amare il bambino che siamo stati, anche se ha ricevuto dal mondo la più dura delle atrocità.
Bisogna liberare il fanciullo che siamo stati, renderlo padrone di esprimersi come avrebbe voluto. Senza più la mano sulla bocca, la ferita sanguinante del silenzio.

Lutto. Lasciare andare. No, non voglio. Ma non te ne accorgi? Sei così attaccato a tutto quanto che non stai più vivendo. Non ignorarmi, liberami. Lascia che possa esprimermi, lascia che possa andare ovunque, urlare quello che non si vede. Urla. Urla più forte. Piangi lacrime roventi che bruciano il volto, se necessario. Fai uscire tutto quello che ti ha deluso. Impreca. Dammi una possibilità. Amati come ti amo io.

Innocenza. Eccoti. Sei con me. Ti cullo tra le mie braccia, non piangi più ma ancora tremi. Pelle nuda che ha freddo. Ti scaldo in un bacio d’alito. Non puoi ascoltare il mio canto, ma puoi avvertire il mio amore. Tutto quello che c’era prima è andato, è perdonato. Un nuovo sole è sorto, pronto per illuminare i tuoi nuovi campi. Sta a te scegliere cosa piantare, quali nuove parole pronunciare… No, non ricominciare a piangere. Hai tutto il tempo. Ci sono io con te, ti amo.

Obbedienza
. A nessuno se non alla fiamma che hai ignorato per troppo tempo. Ti fa paura, vero? Non sei uno schiavo e io non sono il tuo padrone. Il linguaggio si è evoluto, gli esempi ora sono altri.     
La paura va bene, aumenta la logica, ti aiuta a ponderare i prossimi passi. Ma non c’è bisogno di averne con me, io sarò sempre qui. Voltati, guardami, non ti farò del male. Ti sorrido sempre, e sempre ti abbraccio.
Non te ne accorgi? Non colpisci me con le bestemmie, l’arroganza e la cattiveria. Ti stai bastonando da solo, ma io sono qui: a curare tutte le ferite che ti infliggi.

Benedizione. I boccioli così fragili. Il primo vagito di un neonato. I girasoli che aspettano il sole a est. L’ultimo barattolo di Nutella al supermercato. Un sorriso a chi sta piangendo. Il teatro. Una partita di calcio improvvisata al parco. L’ultima campanella dell’ultimo giorno di scuola. L’odore delle castagne. I numeri doppi. L’accordo iniziale della tua canzone preferita.

Empatia. Se osservi, sai.     
Provaci, non costa nulla. Siediti sul prato, o su una panchina. Fissa la formica che trasporta il suo peso con estrema leggerezza. Ascolta il frusciare delle foglie. Tutto ti sta parlando, non è vero? Non deve essere facile neanche per quell’animaletto tutto solo e spaesato trovare ciò che più desidera. Eppure procede. Fiducioso.

Novità. Cerca sempre il nuovo. Fai qualcosa solo perché non l’hai mai fatto, magari ti piacerà. Hai mai giocato a scacchi? O al solitario in modalità esperto? Se vuoi vincere, spesso, devi uscire dai tuoi schemi. Iscriviti a un corso di ballo, fai la prima mossa, vai in qualsiasi luogo al mondo, anche se nessuno vuole acocmpagnarti, anche se stai da solo e ciò ti terrorizza. Vivi per te.     

Entusiasmo. En-tu-sià-smo. Etimologia dal greco: en dentro théos dio. Il dio dentro.


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