lunedì 19 dicembre 2022

#Natale: Ancora

Tornano i nostri racconti di Natale, sperando riusciate a trovare qualche attimo di pausa in questi giorni frenetici per poterli leggere con calma.
Se siete tra quelli che il Natale mette malinconia, provate a vedere tutto ciò che vi circonda con gli occhi di un bambino, da un altro punto di vista potreste anche cambiare idea.

Non conto più gli anni che sono passati, sarebbe controproducente e non riesco a trovarne il senso, eppure tra tutto quello che ho vissuto, tra ogni istante e per ogni stagione passata, questo periodo dell’anno rimane ancora il mio preferito.
Ho avuto la fortuna di vivere su ogni continente, di mettere radici in molteplici città e paesi di tutto il mondo; ho vissuto Natali su una spiaggia in costume da bagno, e Natali dove ero impossibilitato a muovermi da casa vista la neve alta. Ho vissuto questi giorni di dicembre persino dove il Natale è solo l’ennesima festa consumista dell’uomo bianco, o dove è una festa così lontana dalla propria cultura da risultare stucchevole. Eppure, indipendentemente da dove sono stato, questo periodo dell’anno non smette di essere magico.

Provo ad alzare la sciarpa rossa fino al naso, che non posso vedere ma ci scommetto la pellaccia che è dello stesso colore della lana che mi pizzica le narici. Rido sia perché non riesco nell’intento, le dita sono avvolte dai guanti blu leggermente bagnati dal nevischio che cade lento e silenzioso, sia perché “ci scommetto la pellaccia” è un’espressione tipica di mio fratello, quando imita l’accento dei vecchi film solo per farmi ridere.
Mi guardo attorno sgranando gli occhi per la sorpresa di ogni metro. Le mamme tengono tra le mani i loro bambin che non esitano a indicare le vetrine dei negozi illuminati di giallo e rosso. Gli stessi colori si riflettono nei miei occhi azzurri e penso che forse se continuo a fissarli, forse una luce verde/violacea potrebbe comparire da un momento all’altro.
Cerco di rimanere in attesa, ma presto vengo catturato dai pochi vecchietti che accelerano il passo per tornarsene al caldo della loro casa, ma che non esitano a fermarsi in un negozio se notano qualcosa che potrebbe piacere a un loro figlio, nipote, o per i più fortunati, al proprio coniuge. Un po’ mi rattristo, io non sono stato così fortunato.
Non riesco a trattenere la risata, però, alla vista dei cagnolini imbacuccati proprio come gli esseri umani, non ho mai capito davvero se il loro pelo da solo non basta, o se è una voglia di umanizzare il proprio animale.

Questo periodo dell’anno, dicevo, ha qualcosa di magico, soprattutto qui in Europa, che è di gran lunga il continente che preferisco. Senza nessuna offesa, ma qui c’è tutto: storia, arte, cultura, cibo, le stagioni miti. Amo terribilmente le stagioni, così come amo gli avvenimenti storici. È da sballo pensare di esserci stati, in un qualche modo.
Come al solito mi perdo nei miei pensieri. Dicevo: in questo periodo il tempo sembra fermarsi, con giornate infinite anche se fuori fa buio presto. C’è chi si comporta come sempre, è ovvio, ma nella mia famiglia ho imparato presto a vivere seguendo il ritmo del sole, così dicembre vuol dire tornare a casa per le quattro e mezza del pomeriggio, cenare un’ora dopo e mettersi a leggere finché il sonno non ci prende.
Siamo molto più rilassati quando è dicembre e poi i pigiami diventano ogni anno sempre più caldi e buffi. Inizialmente non facevo neanche caso a come andavo a dormire la notte, ma adesso prediligo quelli con i disegni che hanno un senso: renne, Babbo Natale, agrifogli, bastoncini di zucchero…

Sì, il Natale è davvero magico! Devo rallentare il flusso dei miei pensieri, perché mi sto già stancando. L’ambiente che mi circonda diventa sempre più sfocato, i suoni si allontanano, ma io riesco comunque a distinguerli. Quando passo davanti ai venditori di dolci, l’odore dei candidi mi fa sorridere, ho l’acquolina in bocca anche se non posso ancora assaggiarli; eppure li ricordo come se fosse ieri, nel corso dei secoli certe cose non cambiano.
Ora sento più caldo, probabilmente una delle mie due mamme mi ha alzato la coperta di lana che stava cadendo. Ricky, è il soprannome di mio fratello, è stranamente silenzioso, dobbiamo esserci fermati a un qualche chiosco, perché mamma Anna gli sta chiedendo se è buono quello che sta mangiando. Ma quando ci siamo fermati? Non me ne sono accorto.
Vorrei resistere al sonno, perché poi non dormo la notte e anche se rimango tranquillo, so che mamma Anna o mamma Elena si preoccuperanno per me e mi controlleranno, ritardando così il loro riposo. Però non riesco, le luci della città mi hanno eccitato troppo e sono stanchissimo.

Riesco ancora a vedere i miei amici dall’altra parte, mi prendono bonariamente in giro. Dicono che sono come quelle persone che non vogliono mai andare in pensione e allora lavorano fino a settant’anni, e anche quando smettono tornano in ufficio per ogni scusa: un saluto, un “passavo di qui”... o si mettono a fare lavori di volontariato. Forse hanno ragione, è che qui sulla Terra mi piace troppo.
So che ci sono molti altri mondi, infinite realtà ed esperienze mai provate prima che mi attendono, è che per il Natale vale la pena attendere ancora qualche secolo in più.


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