mercoledì 28 dicembre 2022

#TheBeatles: All you need is love

Ammettiamolo: “All you need is love” (1967) è la canzone dei Beatles che più si conosce, anche tra i non fan. Le parole sono facili da ricordare, è orecchiabile e il ritornello è così ricco di speranza, gioia e amore che può essere a tutti gli effetti un inno di pace.
Bene, siamo sicuri che abbiamo colto sul serio il significato della canzone?
Noi ci siamo resi conto che l’avevamo compreso davvero poco, fino all’estate scorsa, quando durante una passeggiata ci è suonata alle orecchie e improvvisamente è come se la nostra mente avesse illuminato per la prima volta il senso del brano.

Piccola premessa: prima di leggere questo articolo vi consigliamo di recuperare “The Word”. Nel brano del 1965 i Beatles dicono che la Parola è l’unica arma pronta a salvarci e che per loro – ma anche per noi – questa parola è l’Amore.

Love love love.
(Amore, amore amore.)

There’s nothing you can do that can’t be done
(Non c’è niente che tu puoi fare che non si possa fare)
nothing you can sing that can’t be sung
(niente che tu puoi cantare che non si possa cantare)
nothing you can say but you can learn how to play the game
(niente che puoi dire ma puoi imparare come stare al gioco)
it's easy.
(è facile.)

There’s nothing you can make that can’t be made
(Non c’è niente che puoi creare che non si possa creare)
no one you can save that can’t be saved
(nessuno che puoi salvare che si possa salvare)
nothing you can do but you can learn how to be you in time
(niente che puoi fare ma puoi imparare in tempo a essere te stesso)
it's easy.
(è facile.)

All you need is love
(Tutto ciò che ti serve è l’amore)
all you need is love
(tutto ciò che ti serve è l’amore)
all you need is love, love
(tutto ciò che ti serve è l’amore, l’amore)
love is all you need.
(l’amore è tutto ciò che ti serve.)

Al solito gli accrediti sono Lennon/McCartney, ma notando la finta semplicità di un testo in realtà complesso, capiamo subito che lo scrittore principale è proprio John. Il brano viene presentato il 25 giugno 1967 in occasione di Our World: la prima trasmissione in diretta e in mondovisione. I Beatles avevano per l’occasione il momento culminante, quindi a maggior ragione il loro brano, atteso da tutti i trentuno Stati partecipanti, sarebbe dovuto essere semplice da capire anche per il pubblico non anglofono. Come al solito, però, quando qualcosa è troppo semplice, il suo significato più intenso non viene subito recepito.

Nascondi qualcosa sotto la luce del sole e nessuno la noterà.

Il brano parte da subito con l’inno francese – pare che John e Paul l’abbiano composta durante una delle loro fughe a Parigi – e la parola “love” (“amore”) ripetuta più e più volte. Non fanno mistero di ciò che parleranno, insomma.
Nella prima e nella seconda strofa John è come un life coach pronto a sostenerci. Ci dice, riassumendo il tutto in un’unica frase, che qualsiasi cosa vogliamo fare, si può fare.
Ma attenzione, ci dice anche due frasi importanti: la prima è che dobbiamo “imparare a stare al gioco”, la seconda che “dobbiamo imparare in tempo a essere noi stessi”. Ma che vogliono dire?

Lo abbiamo detto e ridetto tante volte: il viaggio in India, l’avvicinamento alla cultura e alla filosofia orientale e l’utilizzo di certe sostanze, di certo li hanno resi molto vicini al concetto delle diverse realtà e che la vita sia come una giostra (per approfondire potete leggere sia “Watching the wheels” che “I’m only sleeping”).

Il senso che abbiamo percepito da John – da amanti anche noi di certe filosofie – è che puoi fare tutto, basta che tu sappia che è un gioco, con le sue regole. Si può realizzare qualunque sogno, ma ciò non vuol dire che non ci saranno giorni bui dove tutto crollerà.
Anche nella cultura orientale c’è il senso di costruire la propria casa nella roccia, invece che nella sabbia e lo ritroviamo proprio in “All you need is love”, perché per quante tempeste arriveranno, noi dobbiamo essere solidi in noi stessi e per poterlo fare dobbiamo imparare a capire chi siamo davvero e quel “in tempo”, a nostro avviso, è proprio un monito a ricordarci: imparalo prima della tempesta più violenta.
La cultura europea ci ha insegnato questo con I tre Porcellini: bisogna costruire il nostro interno di mattoni affinché l’Ego e l’esterno non ci buttino giù.

Quasi citando “The Word”, John ci ricorda che possiamo farlo grazie all’Amore. Non quello geloso o possessivo, neanche quello che crea legami. L’Amore che deriva dalla Parola, l’Amore che possiamo definire divino, tanto per utilizzare un termine occidentale.
Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è metterci in contatto con il nostro Amore che vibra e ci illumina da dentro, proprio come nel film della DisneySoul: non importa quello che si fa nella vita, purché si segua la propria scintilla.

There’s nothing you can know that isn’t known
(Non c’è niente che puoi conoscere che non sia conosciuto)
nothing you can see that isn’t shown
(niente che puoi vedere che non sia mostrato)
nowhere you can be that isn’t where you’re meant to be
(nessun posto dove puoi stare che non sia quello dove sei destinato)
it's easy.
(è facile.)

Questa crediamo che sia la strofa più bella: John ci prende per mano e ci mostra che qualsiasi cosa conosciamo, vediamo e facciamo era destinata per noi. Qualsiasi cosa accada, qualsiasi luogo vediamo o viviamo è perché era indirizzato a noi.
Quante volte abbiamo detto: “Non è giusto che sia successo proprio a me”? Vi assicuriamo che da vittimisti nel passato lo abbiamo pensato spesso, e che a volte, ancora adesso, è difficile non cadere nella trappola della “vita ingrata”. Nonostante questo, però, abbiamo capito che tutto accade perché noi lo abbiamo voluto, perché ci serve per evolverci, per crescere, per andare oltre certi nostri costrutti mentali.
Chi ha deciso che qualcosa è impossibile? Che ci debba essere un’età entro la quale fare qualcosa e che poi tutto passa? Quando abbiamo deciso di credere ai limiti, agli impedimenti, solo per assicurarci una vita stagnante?

In mondovisione i Beatles ci dicono che è facile, ma lo è davvero? Ovviamente no, andare oltre certe proprie convinzioni è lancinante, passare il dolore per rinascere a nuova vita è atroce, ma effettivamente si vive più facilmente rispetto a chi si è arreso. E non parliamo di ricchezza materiale o di status sociale, parliamo proprio della “pesantezza” del proprio animo.     
Non negatelo: quanti di voi sono i classici frustrati del web? (Lo siamo stati anche noi, quindi non stiamo qui per giudicare) Quanti di voi “rosicano” pesantemente e lo dimostrano con commenti di odio mascherati da ironia? Allora deponiamo ogni giudizio, cominciamo a guardarci dentro, osserviamo chi siamo, e perché siamo qui. È facile.

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