lunedì 6 giugno 2022

#Pensieri: A te la mia fedeltà

“Certo che per una partita di calcio, scendono in piazza migliaia di persone, per i problemi del nostro paese, no.”

25 maggio 2022, a Roma il clima è più che teso, l’aria è calda ma non è il caldo a opprimere un’intera città. Il silenzio è quasi surreale, non c’è chi urla per le macchine parcheggiate in seconda fila, nessuno che cerca un pretesto per litigare. Ogni romano tiene per sé le sue lotte interiori, forse assopite sotto il pensiero costante della finale a Tirana.
C’è chi stempra l’ansia con l’ironia, chi proprio non vuole parlare, chi si mettere a correre per scaricare l’adrenalina, chi è impegnato nei propri rituali scaramantici.     
C’è anche chi si chiede se sia effettivamente giusto dare tutta questa importanza al calcio, soprattutto dopo gli ultimi due anni, dove ogni nostra certezza ha abbandonato le più radicate convinzioni.

“Perché non siamo un popolo che ha una passione politica, per il calcio, invece, la passione c’è.”

Questa è stata la mia risposta e mi è sembrata così ovvia da chiedermi se fosse giusto vedere il gioco del calcio in questo modo. La domanda mi è frullata in testa per pochi secondi, finché non mi sono risposta: “Ahò, ma sai che c’è? Ma anche ‘sti ca**i!”

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“Cosa sei per me?
Spiegarlo non è facile.
Una parola sola:
tu sei la Roma.”

Sono cresciuta a pane e Roma. Alle elementari ero l’unica bambina a conoscere le regole del calcio, spiegavo il fuorigioco alle mie amiche disinteressate e amavo giocare insieme ai maschi durante la ricreazione. Consideriamo anche che avevo più o meno otto anni quando ho scoperto che no, in realtà “Lazio” non è una parolaccia; non è un sinonimo di diarrea, per dirla molto finemente.
Alle medie non mi limitavo a riconoscere i calciatori dal numero di maglia, li distinguevo semplicemente dagli occhi. I miei compagni prendevano le figurine, coprivano il volto del giocatore e io sapevo indicare chi fosse, che numero avesse e la data di nascita (avevo appena scoperto l’astrologia, capitemi).
Al liceo, poi, saltavo la scuola per andarmene a Trigoria e ammetto di essere andata di nascosto allo stadio per le partite più importanti e di conseguenza più pericolose.
Uno dei miei tatuaggi, di inizi anni Duemila, è dedicato proprio alla Roma, ed è la scritta: “Ovunque tu sarai mai sola mai”, dell’ormai celebre canzone “Mai sola mai” di Marco Conidi.
Questi pochissimi esempi possono bastare a far intuire quanto la Roma sia per me importante, tanto da essere l’unica identificazione che proprio non voglio lasciare andare. Attenzione: non è che non riesco, proprio non voglio.

E sia chiaro: questo è uno degli articoli più difficile che io abbia mai scritto perché non so proprio dove andare a parare. Ho provato a scrivere il perché io ami così tanto Roma, ma non riesco, non sono mai riuscita a descriverlo a qualcuno. Ho sempre risposto che o si nasce in un determinato ambiente, o non si capirà mai, almeno fino al 26 maggio 2022.

La Roma ha vinto veramente poco nei miei trentatré anni di vita, ma non così poco da non ricordarmi i festeggiamenti. C’ero allo scudetto, ci sono stata persino per le Coppe Italia.
Così a ‘sta botta, come si dice qui, per l’occasione ho invitato anche due delle muse: Manu e Aida (un minuto di silenzio per Silvia che era presente con lo spirito); la prima simpatizzante, la seconda totalmente estranea dal capire cosa significhi la Roma a Roma.
Ebbene, a fine festeggiamenti, mentre stavamo tornando a piedi da Circo Massimo a Garbatella, camminando sulla Cristoforo Colombo bloccata dai pullman, le macchine e migliaia di tifosi, mi sono sentita dire da loro due: “Il prossimo anno andiamo allo stadio e appena possibile pure a Trigoria!
Sapete, vivere a Roma ha un lato negativo: non hai l’emozione della prima volta. Non ricordo cosa ho provato la prima volta che ho visto il Colosseo o qualsiasi altro luogo, così come non ricordo la prima volta allo stadio, o la prima volta che mi sono ritrovata nel mezzo del tifo giallorosso. Per me è stato tutto innato, ma mi sono rinnamorata guardando il tutto attraverso i loro occhi.

“Guarda questa gente che ti segue e s’innamora
devi esserne orgogliosa: tu sei la Roma.
Sei tu che dai speranza a una città
che dai orgoglio e dignità
e che ridai qualche rivincita.
Sarai tu quell’amico in più
quante volte in un tuo abbraccio
troverò coraggio!”

C’erano loro due testimoni, quando una signora inglese mi ha chiesto stupita cosa stesse succedendo. Le ho spiegato che erano i festeggiamenti per la vittoria di una coppa europea, che non vincevamo da anni e che probabilmente i festeggiamenti sarebbero durati a lungo, bloccando l’intero centro. Lei era estasiata, stupita. Avete presente gli inglesi freddi? Ecco, dimenticatevene: era completamente innamorata. Mi ha risposto che si sentiva fortunata a essere rimasta bloccata lì in mezzo, e se poteva rimanere. Le ho risposto ovviamente di sì, sorridendole, e anche lì ho pensato (sì, penso molto): “Ma quanto è facile innamorarsi di Roma?
Ho sempre saputo che Roma non è per tutti, ma è anche vero che quando conquista, conquista. Non ti lascia scampo. Ricordo nei miei anni tra stadio e Trigoria quanti tifosi romanisti stranieri ho conosciuto: inglesi, australiani, cinesi, giapponesi, americani… raga, nun scherzo! Una volta ho conosciuto pure un gruppetto di francesi, e mi sono sembrati addirittura simpatici! Persino Tirana ha tifato Roma! Tutti raccontano la stessa storia: si sono innamorati della Roma dalla prima volta che l’hanno vista in tv o allo stadio, per il suo tifo. O forse per reminiscenze inconsce dell’Impero, ma questa è un’altra storia. 

“A te a te che sei la mia Roma
a te che non sarai mai sola
perché non hai lasciato mai me.
A te a te la mia fedeltà
il mio coraggio, la lealtà
la mia voce nella gola.
A te che sei la mia Roma
ovunque tu sarai mai sola mai!”

Ci si innamora della Roma grazie ai tifosi della Roma, la si segue per il resto della vita con una fedeltà unica, che va ben oltre i legami fisici e materiali. Per questo è come se mi sentissi in dovere di rimanere eternamente fedele a Roma. È come se grazie al mio amore nei suoi confronti, io dessi l’opportunità alle generazioni future, a qualsiasi turista che camminerà per le sue strade, o la incontrerà virtualmente in uno zapping o scrolling pigro, di conoscerla e innamorarsene.
Sono fedele per amore e dovere, ed è una sensazione che solo Roma può suscitare.

P.s. se a fine de questo articolo Zaniolo vole regalamme la sua maglia co’ dedica, io so più che felice.

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