giovedì 30 giugno 2022

#Cinema&SerieTv: Maid

Con la pandemia e due anni di chiusura forzata tra le mura di casa, sono aumentati in maniera esponenziale i casi di violenza domestica: mariti, mogli, compagni/e che hanno abusato psicologicamente e/o fisicamente della controparte. Sulla violenza e la voglia di reagire, Netflix ha trasmesso sulla sua piattaforma “Maid” (colf), una mini-serie di dieci puntate andate in onda nell’ottobre del 2021. La storia che vedremo a breve è tratta dal memoir (che diversamente dall’autobiografia non racconta in maniera oggettiva i fatti ma si focalizza sull’emotività percepita) di Stephanie LandDomestica: Lavoro duro, paga bassa, e la voglia di sopravvivere di una Madre”. Ma di cosa parla Maid? Per raccontarvelo, verranno fatti degli spoiler.

È la storia di Alexandra Russell (Margaret Qualley) che, dopo un episodio di violenza domestica, carica sua figlia sulla propria auto nel pieno della notte e fugge dal compagno, Sean Boyd (Nick Robinson), trovando rifugio in una sistemazione d’emergenza. Non avendo soldi per sfamare la piccola Maddy di appena due anni, la protagonista comincia a lavorare per la “Value Maids”, facendo pulizie nelle abitazioni. Si ritroverà a dormire nella stazione dei traghetti, nelle strutture per donne abusate e altre varie abitazioni provvisorie e lottare per dare un futuro degno a Maddy, affrontando perfino una battaglia legale contro Sean per l’affidamento della piccola.

In dieci puntate ci viene mostrata l’evoluzione del personaggio di Alex, i suoi alti e bassi, cambi di rotta e le ferite emotive, il tutto in funzione della figlia di neanche tre anni. La situazione che la stessa ha alle spalle è disastrosa: il padre (interpretato da Billy Burke) violento e alcolizzato l’ha abbandonata all’età di sei anni per creare una nuova famiglia con la compagna successiva, diventando un cristiano devoto. Sua madre ha un disturbo della personalità che la rende a tratti isterica e a tratti borderline, mentre passa da una relazione sentimentale abusiva a un’altra. Si dedica all’arte, apparendo a tratti molto infantile, ma ci rendiamo conto che è il suo unico modo per evadere dalla realtà. È Alex a doversi improvvisare anche madre della sua stessa madre, badando a lei e cercando di aiutarla in tutti i modi possibili. È costretta a convivere con i suoi cambi di umore, con le sue frecciate velenose e con tutta la violenza che la donna le riversa addosso. Il tutto mentre si trova costantemente con nessun dollaro in tasca, sbattuta da una parte all’altra di Portland per fare le pulizie da persone più o meno abbienti. E sarà proprio in uno dei suoi lavori che farà la conoscenza di Regina che, da spocchiosa riccona, si dimostrerà per Alex una vera e propria amica, tanto che il suo aiuto sarà fondamentale per la battaglia legale contro Sean.

Per tutte e dieci le puntate empatizziamo completamente con Alex, con i suoi dubbi, dove sarà lei stessa a doversi mettere in gioco per rendersi conto degli abusi subiti. In un momento di debolezza, si ritroverà anche a tornare sui propri passi, finendo in un tunnel di disperazione dove si spegne completamente. Diventa apatica, completamente assoggettata dal compagno violento, che solo quando viene sbattuta contro il muro ha una scossa e scappa nuovamente. Perché questa sorta di vena masochista? Perché con il tempo spesso le vittime di violenza domestica fanno ritorno a casa, credendo nel cambiamento – momentaneo – della controparte. Nella serie viene proprio detto che, nelle case di rifugio per donne abusate, molte hanno fatto ritorno anche sette volte prima di recidere del tutto il legame con la relazione violenta.

Attraverso una storia fatta di abusi, violenze e turbolenze giudiziarie, la protagonista, però, non perde mai la caparbietà. Sarebbe facilissimo per lei abbandonarsi alla disperazione, piangersi addosso, mentre si ritrova umilmente a chiedere un sussidio finanziario dopo l’altro, un alloggio dopo l’altro, un lavoro come colf dopo un altro. Non si vergogna del proprio lavoro, sebbene venga trattata come lo scarto della società da chi la guarda dall’alto verso il basso. E questa storia abbatte l’equazione del “duro lavoro = tanti soldi”, perché Alex si spezza la schiena, ma avendo costantemente un conto rasente allo zero. I soldi che lei guadagna e le spese che deve affrontare vengono visualizzate alla destra dello schermo, per mostrare quanto sia destabilizzante questa situazione.

In un sistema del genere, verrebbe naturale da pensare che i ricchi siano i più felici, ma Alex ha la possibilità di scostare il velo, di togliere la polvere sotto il tappeto per vedere che effettivamente i ricchi non se la passano molto meglio dei poveri. Le sue riflessioni saranno tutte appuntante su di un quaderno. Sarà proprio la scrittura la sua ancora di salvezza, la sua speranza e la sua bolla, perché mettendo nero su bianco certi pensieri, certe considerazioni, si renderà conto che, anche senza un soldo, la sua è una vita.

Inoltre lo Stato le mette spesso i bastoni tra le ruote e la burocrazia complica le cose, per non parlare del sistema giudiziario americano, in cui la violenza psicologica è molto meno grave rispetto alla violenza fisica. La protagonista non ha lividi sul corpo, quindi come può provare gli abusi di Sean? Nel momento in cui chiede aiuto a suo padre, questo le viene negato. Per fortuna non è sola.

Grazie alla sua forza d’animo, riesce a segnarsi al College e a portare sua figlia lontano da quel mondo fatto di abusi e indigenza, perché la scrittura l’ha salvata. La storia di Alex è a lieto fine, perché la sua voce non è rimasta inascoltata, ma quante volte capita lo stesso nella società odierna? Quante donne e uomini rimangono in silenzio perché chi hanno intorno minimizza le violenze? Ne abbiamo parlato in diversi articoli su questo blog: “Novembre”, “A ruoli invertiti non fa ridere”, “Misandria e Nazi-femminismo” per citarne alcuni. Quante volte gli abusi si trasformano in una mattanza indiscriminata? “Maid” è una serie tv potente che non potete perdere e ve ne consigliamo davvero la visione.

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