mercoledì 22 giugno 2022

#Disney: Lightyear - La vera storia di Buzz

Era il 1995 quando Andy di Toy Story ricevette come regalo di compleanno il pupazzo di Buzz Lightyear, action figure ispirato al suo cartone animato preferito e il film d’animazione della Disney è basato proprio su quella narrazione, sullo Space Ranger più famoso del franchise. A una settimana esatta dall’uscita del film nelle sale, vogliamo parlare degli argomenti che vengono trattati all’interno della pellicola. Cercheremo di non fare troppi spoiler, seppur con la consapevolezza che per parlare delle tematiche trattate in “Lightyear – La vera storia di Buzz” qualche parolina di troppo ci sarà. Non ce ne vogliate, ma l’argomento è troppo importante per non discuterne insieme.
Intanto iniziamo con la trama: veniamo catapultati nel 3901, dove dei ranger spaziali atterrano su un pianeta per poter controllare se è possibile la vita. I primi a scendere a terra sono Buzz Lightyear (Alberto Malanchino), Alisha Hawthorne (Esther Elisha)  e Featheringhamstan. Mentre il primo si comporta come il maschio Alpha che non ha bisogno di niente e di nessuno, il trio muove i primi passi, ma ben presto si rendono conto che si tratta di un mondo ostile. Fanno ritorno alla nave nel tentativo di scappare, malgrado le creature del pianeta cerchino di attaccare la “Rapa” (la navicella da cui erano precedentemente scesi). Buzz si mette ai comandi, ma una manovra errata distrugge il cristallo che permette di viaggiare alla ipervelocità, condannando tutti a restare su quel pianeta. Sentendosi in colpa e desideroso di riportare tutti a casa, il ranger spaziale comincia a creare il “carburante” con i materiali presenti sul pianeta e dopo qualche anno, Buzz è pronto a tentare un viaggio con l’ipervelocità. Il primo test è un fallimento, ma quando ritorna sul pianeta, qualcosa è cambiato: mentre per lui sono passati solo quattro minuti, per gli abitanti sono passati quattro anni. Non si arrende e, test dopo test, per Buzz l’orologio biologico dei suoi amici scorre troppo in fretta, tanto che Alisha gli regala Sox (Ludovico Tersigni), un gatto robot che gli farà da amico. 

Dopo l’ennesima missione, lo space ranger si rende conto che la vita della sua amica è andata avanti: si è sposata con una donna che in altre circostanze non avrebbe mai conosciuto, hanno un figlio, una nipote e alla fine la sua luce si è spenta. Alisha è morta e il posto di comandate è andato a un uomo del tutto contrario all’abbandono di quel pianeta, quindi fa interrompere tutti i test. Sox, intanto, è riuscito a trovare la giusta combinazione di materiali per raggiunge l’ipervelocità, così i due rubano una navicella e scappano. Il test funziona, quindi il protagonista è pronto a riportare tutti a casa, fino a che la sua navicella non viene sequestrata da degli strani robot alle direttive di Zurg. A salvarlo è Izzy, la nipote di Hawthorne, insieme a un duo di strampalati personaggi: Darby Steel, una vecchietta in libertà vigilata e un ragazzo combina guai, Mo Morrison. Perché l’imperatore Zurg lo vuole a tutti i costi? Riuscirà Buzz nella sua missione?

Trattandosi di un film d’animazione Disney, molti messaggi vengono inseriti senza troppe forzature. Un elemento fondamentale della narrazione è il concetto stesso di tempo, che Buzz non riesce a concepire: la vita di Alisha è andata avanti, non tutto il male viene per nuocere e anche quella che inizialmente si era dimostrata una situazione ostile, si è rivelata come la migliore che le potesse capitare. La sua migliore amica ha una famiglia, è innamorata e malgrado Buzz voglia tornare indietro a un tempo che ormai non esiste più, la vita di tutti è andata avanti. Perché desiderare che tutto torni come se non ci fosse mai stato lo sbarco su un pianeta ostile? Tutti hanno avuto una vita piena, tranne effettivamente l’unico che viveva per la missione: Lightyear. È giusto tornare indietro nel tempo per un capriccio? Solo perché lui non si è goduto la vita, questo non vuol dire che non possa farlo da ora.

Un altro elemento di spicco nella narrazione è nella normalizzazione delle famiglie composte da due mamme. È importante portare certe immagini sul grande schermo, perché per i bambini non c’è alcuna differenza con le altre famiglie. La loro visione del mondo deve rimanere aperta, perché una determinata realtà non farà che rendere le famiglie arcobaleno un qualcosa di diverso dalle altre. Nel film viene esposta questa tematica di una normale sessualità ed è il primo cartone della Disney che l'affronta con semplicità, anche se dei timidi tentativi già c’erano stati. I dipendenti Disney hanno dovuto portare avanti una battaglia perché la scena del bacio tra Alisha e la sua compagna, un bacio davvero molto casto, era stato tagliato. Fortunatamente, la loro voce si è fatta sentire ed è stata inserita nuovamente nella narrazione.

Durante il film, ci rendiamo conto che il vero nemico di Buzz è se stesso. La chiave della libertà è il perdonarsi e andare oltre, per non rimanere bloccati come il cattivo del film. Questo è un racconto sulla fallibilità dell’essere umano. La retorica del “Gary Stu” (del personaggio fortissimo e potente che può fare tutto) viene lasciata indietro a favore di un discorso di cooperazione. L’aiuto non sai mai da chi arriva, anche una penna può rivelarsi essenziale.

Ultimo, ma non per importanza, la Disney nel film ha inserito una fantascienza in un panorama storico – 1994 – che non ci sarebbe mai potuta essere, come ad esempio: la Hawthorne nel ruolo di comandante e la relazione che la stessa ha. Questo ha un che si sorprendente.

Che dire, vogliamo concludere questo articolo invitandovi a tornare in sala per fare un tuffo negli anni di Toy Story, ricordandovi una cosa: verso l’infinito e oltre!

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